Riduzione dei livelli di cellule T e infiammazione peggiorano l’artrite reumatoide


In pazienti affetti da artrite reumatoide, la riduzione dei livelli di cellule T e l’aumento dei livelli di biomarcatori infiammatori sono predittivi di riacutizzazioni di malattia

artrite reumatoide stile di vita

In pazienti affetti da artrite reumatoide (AR), la riduzione dei livelli di cellule T (Tregs) e l’aumento dei livelli di biomarcatori infiammatori sono predittivi di riacutizzazioni di malattia durante la sospensione della terapia con farmaci biologici. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato su ACR Open Rheumatology che ha anche dimostrato come il trattamento stabile con DMARDb si associ ad indicatori di dolore più elevati e ad un’infiammazione rilevata ecograficamente, suggerendo spunti per una riduzione della posologia di questi farmaci più mirata e ad un’ottimizzazione del monitoraggio.

Razionale e disegno dello studio
Il raggiungimento della remissione clinica nell’AR rappresenta un obiettivo fondamentale della terapia – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio – ma la sospensione del trattamento con DMARDb dopo il raggiungimento della remissione stabile solleva preoccupazioni per la ricomparsa e la riacutizzazione della malattia.

Per quanto esistano biomarcatori potenzialmente interessanti per la predizione del successo della riduzione della posologia di somministrazione di questi farmaci, ancora oggi non vi sono certezze in questo campo. Di qui il nuovo studio, avente un disegno prospettico di coorte e condotto in pazienti con AR reclutati dalla clinica una volta raggiunta la remissione di malattia, che si è proposto di valutare la fattibilità della riduzione posologica (tapering) dei DMARDb nei pazienti che hanno raggiunto lo stato di remissione clinica sostenuta, identificando i possibili fattori predittivi di recidiva.

I pazienti inclusi sono stati sottoposti a un protocollo di tapering strutturato, con la valutazione di vari parametri clinici, di imaging e immunologici. Al basale sono state effettuate delle ecografie e sono state raccolte le misure di outcome riferite dai pazienti (PRO). I pazienti sono stati valutati almeno ogni 3 mesi per un tempo massimo di 1 anno. La remissione sostenuta era definita dal raggiungimento di valori del punteggio DAS28-CRP inferiori a 2,6 per almeno 6 mesi.

L’endpoint primario dello studio era rappresentato dall’insorgenza di recidive, caratterizzato dalla perdita della remissione (DAS28-CRP ≥2,6) durante un periodo di 12 mesi.

L’analisi ha incluso un totale di 123 pazienti, il 92% dei quali era stato sottoposto a trattamento con farmaci anti-TNF (etanercept, adalimumab, infliximab, golimumab e certolizumab-pegol), l’1,6% a trattamento con abatacept e il 6,5% a trattamento con tocilizumab. Sul totale dei pazienti, 63 avevano optato per il tapering, mentre 60 avevano scelto di mantenere la terapia in corso, costituendo così il gruppo di controllo.

Tra i pazienti che avevano optato per il tapering, il 37% ha sviluppato un’infiammazione, superando il tasso di infiammazione del 20% del gruppo di trattamento stabile (P =0,043).

Risultati principali
Nel gruppo di pazienti sottoposto a riduzione della posologia dei DMARDb, l’insorgenza di recidive è risultata associata a livelli ridotti di cellule T regolatorie (P <0,0001), a livelli più elevati di CRP (P <0,0001), a livelli più elevati di VES (P <0,035) e a presenza di cellule correlate all’infiammazione (IRC; P =0,054).

Analisi ottenute applicando modelli ad hoc hanno documentato l’identificazione delle cellule T regolatorie (odds ratio [OR]: 0,350; P: 0,004), delle IRC (OR: 1,871; P =0,007) e dei livelli di CRP (OR: 1,577; P =0,004) con una precisione dell’81,7%.

Al momento della rivalutazione, 3 mesi dopo, tutti i pazienti del gruppo sottoposto a tapering hanno riottenuto la remissione quando il trattamento è stato ripristinato dopo la recidiva; l’82% ha raggiunto nuovamente la remissione alla visita successiva.

Al follow-up di 12 mesi, il 4,8% dei pazienti ha raggiunto la remissione senza farmaci, mentre il 5,7% ha scelto di interrompere il protocollo di tapering, nonostante fosse in remissione.
Nel gruppo che non è stato sottoposto a tapering, il 58% dei soggetti che hanno avuto una riacutizzazione ha raggiunto nuovamente la remissione con la terapia corticosteroidea.

Il modello predittivo per i pazienti sottoposti a terapia continua ha dimostrato un tasso di accuratezza dell’82,1% e un’area sotto la curva ROC pari a 0,899. In particolare, tra i partecipanti considerati a basso rischio di riacutizzazione (65%), solo il 13,5% ha effettivamente sperimentato una riacutizzazione di malattia, con una differenza significativa rispetto al 20% di riacutizzazioni nel gruppo che ha continuato la terapia.

Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici del lavoro quali la ridotta numerosità del campione di pazienti, l’esistenza di dati mancanti, la presenza di bias derivanti dal periodo di esecuzione dello studio (durante la pandemia di Covid-19) e l’impossibilità di mettere a confronto le diverse opzioni di trattamento con farmaci biologici.

Ciò detto, nel complesso “…lo studio ha identificato alcuni biomarcatori oggettivi in grado di predire gli outcome legati al tapering dei DMARDb nella real life – scrivono i ricercatori nelle conclusioni dello studio”.
“Quanto osservato – aggiungono – potrebbe ottimizzare le decisioni cliniche future relative al tapering dei DMARDb, suggerendo agli individui ad alto rischio di non effettuare il tapering e, al contrario, a quelli a basso rischio di ricorrere alla riduzione della posologia d’impiego di questi farmaci, con la rassicurazione di sperimentare alti tassi di recupero della remissione per coloro che sperimentano una riacutizzazione di malattia”.

Bibliografia
Gul H, et al. Predicting flare in patients with rheumatoid arthritis in biologic induced remission, on tapering, and on stable therapy. ACR Open Rheumatol. Published online February 27, 2024. doi:10.1002/acr2.11656
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