Ozono e farmaci: binomio vincente per curare oltre 100 malattie


Infezioni, disturbi muscolo-scheletrici, malattie infiammatorie e vascolari: sono oltre 100 le patologie per le quali è stata dimostrata l’efficacia dell’ossigeno ozono terapia

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Infezioni, disturbi muscolo-scheletrici, malattie infiammatorie e vascolari: sono oltre 100 le patologie per le quali è stata dimostrata l’efficacia dell’ossigeno ozono terapia, da sola o in combinazione con le terapie farmacologiche per potenziarne i benefici.

L’applicazione si basa sua una miscela di ossigeno e ozono, somministrata secondo specifici protocolli stilati dalla Società Scientifica Internazionale di Ossigeno Ozono Terapia (SIOOT) e validati dal Ministero della Salute, che agisce stimolando il sistema immunitario e aumentando le capacità antiossidanti delle strutture cellulari, proteggendo così l’organismo da fenomeni infiammatori e degenerativi.

Utilizzata con successo per il trattamento dell’infezione da Sars-Cov-2, l’ozono terapia è oggi applicata anche nella terapia del long-Covid ed è protagonista di importanti studi scientifici per il contrasto dell’antibiotico-resistenza e in ambito oncologico.

Le applicazioni mediche dell’ozono risalgono alla metà dell’800, e oggi trovano evidenza in oltre 50 lavori scientifici pubblicati dalla SIOOT, cui si aggiungono 18 protocolli validati per il trattamento di patologie veterinarie. Senza dimenticare l’impiego dell’ozono in agricoltura, negli allevamenti e nell’industria alimentare, e per la sanificazione di acque e ambienti, non ultimo durante la recente pandemia.

“L’ozono è un gas naturalmente presente nel nostro organismo per difenderci dall’attacco di virus e batteri. La sua capacità di dissolversi in breve tempo in ambiente acquoso, come è per l’appunto il corpo umano, ha fatto sì che trovasse impiego anche a scopo terapeutico, miscelato con l’ossigeno”, spiega Marianno Franzini, presidente sezione internazionale SIOOT e presidente del Congresso.

“Evidenze supportate da un’ampia letteratura scientifica e dalla pratica clinica hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia dell’ozono terapia per trattare molteplici condizioni patologiche, in particolare per il trattamento del dolore, sia cronico, sia articolare, dal mal di schiena dovuto a ernia del disco e protrusioni, a reumatismi e artrite. L’ozonoterapia è ampiamente utilizzata anche per il trattamento di problemi circolatori, nelle ulcere cutanee e arteriopatie periferiche, così come nel recupero post infarto.

Ciò grazie all’azione benefica sul microcircolo, che conferisce una maggiore elasticità e plasticità a capillari, vene e arterie, e migliora la capacità dei globuli rossi di trasportare l’ossigeno verso i tessuti”.

Le proprietà dell’ozono di tipo antinfiammatorio, antiossidante e rivitalizzante dei tessuti, rendono l’ozono terapia indicata anche per il trattamento dell’affaticamento e della cosiddetta sindrome post-Covid che si stima interessi tra il 10% e il 30% dei pazienti che hanno contratto l’infezione da Sars-Cov-2.

“Il long-Covid si caratterizza per uno stato di infiammazione e alterazione funzionale che perdura nel tempo dopo la guarigione, spesso impedendo un pieno ritorno alla vita precedente. La sintomatologia, riscontrata anche dopo infezioni acute causate da altri patogeni – dal virus influenzale, alla SARS, al virus ebola –, è simile alla sindrome da fatica cronica e include spossatezza, nebbia alla testa, problemi di concentrazione, difficoltà nel respiro, dolori muscolari e articolari”, afferma Luigi Valdenassi, presidente SIOOT e presidente del Congresso.

“Diversamente dalle terapie che mirano al trattamento dei sintomi, l’ozono terapia agisce a livello sistemico, favorendo una maggiore ossigenazione dei tessuti e l’attivazione del metabolismo cellulare. Nei pazienti trattati con ozonoterapia è stato osservato un decorso del Covid più rapido e un recupero veloce e stabile”.

Un ambito molto promettente di applicazione dell’ossigeno ozono terapia riguarda il trattamento delle infezioni sostenute da batteri resistenti, un serio problema di salute pubblica che interessa da vicino l’Italia, dove la resistenza antimicrobica (AMR) rimane tra le più alte in Europa, con 11.000 morti l’anno.

L’ozono è il più potente antivirale, antibatterico e antimicotico esistente in natura, non introduce alcun tipo di meccanismo biologico che permette ai germi di resistere alla sua azione sinergica con il sistema immunitario, ed è privo di effetti collaterali. La SIOOT, insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, sta conducendo uno studio clinico multicentrico sulla valutazione dell’efficacia dell’ossigeno ozono terapia in combinazione con le terapie antibiotiche tradizionali nelle infezioni sostenute da germi antibiotico resistenti, che coinvolge una decina strutture ospedaliere in Italia.

“La SIOOT ha intrapreso un percorso virtuoso e molto rigoroso dal punto di vista scientifico, avviando un protocollo di sperimentazione controllata a partire da dati molto interessanti sull’utilizzo dell’ozono terapia per il trattamento delle infezioni, e in particolare quelle correlate all’antibiotico resistenza, volto ad offrire ai professionisti sanitari e ai pazienti uno spettro di tecnologie più ampio rispetto a quello attuale” aggiunge Walter Ricciardi, Professore Ordinario di Igiene e Medicina preventiva, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

“L’obiettivo è quello di poter disporre di terapie più efficaci, non invasive e prive di effetti collaterali, che garantiscano, insieme ad altri presidi terapeutici, migliori risultati assistenziali, contribuendo a contrastare una delle principali minacce per la salute globale”.

“Siamo molto entusiasti della straordinaria partecipazione dei colleghi italiani e internazionali giunti a Roma per confrontarsi sulle applicazioni dell’ossigeno ozono terapia nella pratica clinica quotidiana. L’ambizione della SIOOT è di aggregare gli ozonoterapeuti di tutto il mondo per far progredire la nostra disciplina e promuovere la più ampia diffusione possibile dei protocolli scientifici SIOOT, a garanzia dell’efficacia della cura e della sicurezza dei pazienti”, concludono Franzini e Valdenassi.