Asma eosinofilico: il trattamento con l’anticorpo monoclonale mepolizumab ripristina il bilanciamento fisiologico fra i sottofenotipi di eosinofili
Un nuovo studio condotto da un team multidisciplinare composto da immunologi e otorini dell’Ospedale Careggi di Firenze ha investigato il ruolo degli eosinofili infiammatori nella severità clinica dell’asma grave eosinofilico, rilevando che il trattamento con l’anticorpo monoclonale mepolizumab ripristina il bilanciamento fisiologico fra i sottofenotipi di eosinofili, riportando i livelli di eosinofili “buoni” e “cattivi” a quelli osservati nei soggetti sani e spiegando così come il farmaco possa consentire di controllare una patologia così severa ed impattante.
Lo studio pubblicato nella prestigiosa rivista Allergy del dicembre scorso, fornisce nuove evidenze circa un ambito di ricerca che aveva permesso già nel 2022 di pubblicare un articolo estremamente innovativo. Era stata infatti dimostrata la presenza di due tipologie di eosinofili con funzioni differenti, ossia omeostatica o infiammatoria.
Nel recente articolo su Allergy, gli autori hanno confermato e approfondito questi risultati in una popolazione asmatica totale di 74 pazienti di cui circa l’85% presentava anche rinosinusite cronica con poliposi nasale, dimostrando che la quantità di eosinofili infiammatori è collegata con la gravità della malattia e suggerendone un ruolo causale nelle patologie eosinofilo mediate.
Infine, lo studio dimostra come mepolizumab sia in grado non solo di contrastare questi eosinofili infiammatori, ma possa anche ristabilire un equilibrio con gli eosinofili non infiammatori in modo simile a quello di persone sane.
“Lo studio – dice la Prof.ssa Alessandra Vultaggio (Professore associato di allergologia e immunologia clinica AOU Careggi, Firenze e primo autore dello studio) – evidenzia quindi come la presenza di eosinofili infiammatori, in patologie marcatamente eosinofilo mediate, potrebbero rappresentare il biomarker di severità della malattia e di risposta clinica al trattamento con mepolizumab”.
Lo studio sottolinea anche un aspetto importante dell’asma grave, cioè di essere nella maggioranza dei casi accompagnata da altre patologie eosinofile importanti come la rinosinusite cronica con poliposi nasale e sapere questo può consentire una diagnosi più precoce della malattia, seguita da un trattamento più mirato. Sono diversi infatti i pazienti con una scarsa qualità di vita, impossibilitati a lavorare e a condurre una vita normale a causa di riacutizzazioni, sintomi o trattamenti con alti dosaggi di corticosteroidi con relativi effetti collaterali.
Spiega il dott. Andrea Matucci (Dirigente I° Livello SOD Immunoallergologia Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze e coatore dello studio): Siamo di fronte ad una patologia invalidante spesso aggravata da altre comorbidità come la rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP); binomio questo che ancora oggi vede, purtroppo, l’uso frequente dei corticosteroidi orali, anche a elevati dosaggi, che non consentono di raggiungere un controllo adeguato a lungo termine dei sintomi invalidanti a differenza di quanto dimostrato con la terapia biologica come mepolizumab ad esempio”.
Entrambi gli esperti concordano quindi, come emerso dallo studio, che mepolizumab, bloccando la funzione dell’IL5, è in grado non soltanto di migliorare gli outcome clinici, ma anche di riequilibrare il rapporto tra eosinofili infiammatori e residenti riportandolo alla condizione osservata su soggetti sani.
Lo studio italiano in dettaglio
Esistono diverse sottopopolazioni di eosinofili il cui fenotipo viene distinto in base all’espressione del marker cellulare di superficie. Al momento, non sono disponibili dati riguardanti la correlazione tra i sottofenotipi degli eosinofili e la gravità clinica dell’asma, nonché l’effetto della terapia anti-IL-5 su queste cellule.
Lo studio ha esaminato la correlazione tra la conta ematica degli eosinofili infiammatori (iEos) CD62Llow e la severità clinica dell’asma eosinofilico severo (SEA), valutando l’impatto di mepolizumab sugli iEos.
Metodi
Studio non interventistico, monocentrico, in una coorte di pazienti affetti da SEA, seguiti da gennaio 2021 a novembre 2022. 1 Tutti i pazienti avevano una conta ematica >150 eosinofili/μL e un valore storico di almeno 300 eosinofili/μL nei 12 mesi precedenti.
Sono stati analizzati 112 pazienti e divisi in gruppi. La popolazione asmatica totale era composta da 74 pazienti di cui l’85,1% aveva anche comorbidità di CRSwNP.
Risultati
E’ stata osservata una correlazione positiva tra iEos e i parametri clinici al basale dei pazienti con SEA e comorbidità di CRSwNP1 La percentuale di iEos ematici correla con ACT, ACQ-5 e numero di riacutizzazioni asmatiche nell’ultimo anno nei pazienti con SEA non esposti a terapia biologica (n=51) e correla anche con il punteggio SNOT-22 nei pazienti con SEA e comorbidità di CRSwNP.
Mepolizumab ripristina il corretto bilanciamento tra i sottofenotipi di eosinofili nei pazienti con asma eosinofilico severo
Dopo il trattamento con mepolizumab, è stata osservata una riduzione marcata delle cellule CD62Llow (iEos) (p < 0,0005) e un aumento nella proporzione di cellule CD62Lbright (rEos). La percentuale di cellule CD62Llow (iEos) nei pazienti trattati con mepolizumab era simile a quella osservata nei soggetti sani.
Il commento allo studio
I dati dimostrano che gli iEos correlano con la severità clinica dell’asma eosinofilico severo con CRSwNP, suggerendo il loro ruolo patogenetico in queste patologie eosinofilo-mediate di tipo 2. L’esposizione degli eosinofili alle citochine di tipo 2 aumenta la percentuale di iEos in vitro.
Bloccando la funzione dell’IL-5, mepolizumab è in grado non solo di migliorare gli outcome clinici, ma anche di riequilibrare il rapporto tra iEos/rEos, riportandolo alla condizione di steady-state osservata in salute (in soggetti sani).