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La ricostruzione della tragedia del Natisone: così è diventato una trappola mortale

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Tragedia del Natisone, la ricostruzione della mezz’ora in cui il fiume è diventato una trappola mortale. Ancora ricerche per Cristian, l’ultimo disperso

Continuano almeno fino a domenica le ricerche di Cristian Molnar, il 25enne romeno disperso il 31 maggio dopo essere stato inghiottito dalle acque del fiume Natisone, in provincia di Udine. Mentre i corpi delle due ragazze che erano con lui, Patrizia Cormos e la sua fidanzata Bianca Doros, sono stati stati trovati domenica, due giorni dopo la tragedia, il suo ancora non è stato individuato. E la famiglia, nella disperazione, si chiede se possa essere ancora vivo. Il sindaco di Premariacco, Michele De Sabata, ha raccontato che il fratello di Cristian continua a percorrere in su e in già l’argine del fiume, convinto di poterlo ritrovare. Le ricerche proseguiranno almeno fino a domenica: i Vigili del fuoco e i volontari della Protezione civile stanno scandagliando il fiume e gli argini. La situazione è resa complicata dal fatto che nel Natisone ci sono diverse anse e forre, dove un corpo potrebbe finire sotto dei massi e rimanere incastrato anche per molto tempo. Così successe, ad esempio, a un sub morto nel fiume qualche anno fa. Il corpo fu recuperato solo due anni più tardi.

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IL VIDEO ‘DOCUMENTO’ DELL’ARRIVO AL FIUME

In un video pubblicato su Tik Tok e realizzato da un utente registrato come @chxccosutwitch, si vede esattamente la strada che i ragazzi hanno percorso per raggiungere il fiume. Il casale che si incontra a un certo punto, il cartello con il divieto di balneazione. E poi l’arrivo alla spiaggetta di ghiaia. Il video documenta il fiume Natisone per come si è presentato a gli occhi dei tre amici prima che, nel giro di mezz’ora, la situazione cambiasse radicalmente. Il ragazzo è convinto di aver individuato il punto preciso in cui i ragazzi si trovavano. Nel video si vedono anche il nastro rosso e bianco messo dalle forze dell’ordine per recintare l’area, in cui evidentemente vietato l’accesso. Ecco cosa scrive il ragazzo: “Quando sono andato sul luogo dell’incidente non credevo fosse quella la zona a causa del basso livello dell’acqua del fiume. Nei video che troverete riguardo l’incidente non noterete nemmeno la cascata artificiale in quanto tutta la vallata dove io stesso stavo camminando era sommersa di acqua. Ho scoperto poi che l’auto dei 3 ragazzi che hanno ritrovato era parcheggiata esattamente dove io ho parcheggiato la mia. Il video è demonetizzato, come tutti sul mio profilo, e vuole mostrare il Natisone nella sua forma ‘normale’ per come i ragazzi l’hanno visto prima del tragico incidente. Piccolo commento fuori tema: il video ha raggiunto anche testate giornalistiche quali “Il Messaggero”. Sono contento che il mio contenuto abbia aiutato a divulgare informazione”.

LE INDAGINI SUI SOCCORSI

Intanto, la Procura di Udine ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e vuole capire se ci siano stati errori o ritardi in particolare nella ‘macchina dei soccorsi’. Sono al vaglio, in particolare, le telefonate di allerta arrivate ai pompieri. Dal solo cellulare di Patrizia ne sono partite ben quattro. A quanto ricostruito, i tre ragazzi sono arrivati al Natisone pochi minuti dopo le 13. Hanno raggiunto la riva del fiume e camminato sulla spiaggetta di ghiaia arrivando verso il centro del fiume, su quello che di lì a poco si trasformerà in un isolotto e si rivelerà una trappola. È lo stesso posto in cui si sono tenuti abbracciati stretti (e lì sono stati fotografati da alcuni passanti da ponte romano), prima di finire nell’acqua, trascinati via dalla violentissima corrente del fiume. Come mai la spiaggia di ghiaia si è trasformato in un isolotto?Cosa è successo in quella mezz’ora? Perchè alla fine è successo tutto in mezz’ora.

COME IL FIUME È DIVENTATO UNA TRAPPOLA

Mezz’ora prima i tre ragazzi erano felici e tranquilli a fare un giro e qualche foto lungo il fiume, mezz’ora dopo hanno chiamato i soccorsi perchè già non sapevano come uscire dal fiume. La prima volta alle 13.29, l’ultima alle 13.47. Alle 13.35 chiama anche l’autista di uno scuolabus, che passando dal ponte li ha visti in difficoltà. Ma i Vigili del fuoco a quel punto erano già allertati. L’abbraccio disperato dei tre ragazzi si è sciolto pochi minuti dopo le 14. A quel punto, i tre sono stati trascinati via e in pochi istanti non si sono più visti. È accaduto sotto gli occhi dei soccorritori, che tra le 14 e le 14.02 avevano tentato di lanciare una corta ai ragazzi, due volte, ma loro non sono riusciti a prenderla. Hanno tentato anche di avvicinarsi anche con una scala dall’alto, ma anche questo tentativo non ha funzionato.

LA SPIAGGETTA CHE SI È COPERTA

Quello che è successo è che mentre loro si trovavano sulla spiaggia di ghiaia, l’acqua del fiume ha coperto la zona di ghiaia più vicina all’argine, quella su cui avevano camminato per raggiungere il centro del fiume. E loro si sono trovati chiusa la via d’uscita. E non hanno saputo cosa fare. La prima telefonata di Patrizia è delle 13.29. C’è una foto, scattata sempre dai passanti che si trovavano sul ponte, che mostra esattamente questo momento. Nella foto, i ragazzi stanno parlando con due operai che si trovano nella vegetazione lungo l’argine. I soccorsi non ci sono ancora. Questi sono i minuti fondamentali in cui i ragazzi, se avessero scelto di attraversare quel pezzo guadando il fiume, si sarebbero forse salvati. La corrente però era forte e il vero dramma era che Bianca non sapeva nuotare.

LA SCELTA SBAGLIATA

Probabilmente non si sono fidati a tentare. I testimoni hanno raccontato che Cristian, dopo aver parlato con i due operai, avrebbe anche fatto un tentativo di camminare nell’acqua in quel tratto, acqua che gli arrivava circa alla vita. Ma la corrente era molto forte e ha desistito. La strada della salvezza, però, era proprio quella. Non quella di rimanere immobili al centro dell’isolotto, che si rivelerà mortale. Il sindaco di Premiaracco ha detto al Messaggero che le persone del posto conoscono bene il fiume avrebbero fatto la scelta giusta, senza alcun dubbio. Buttarsi in quella fascia di acqua (ancora ristretta) e cercare, camminando o nuotando, di raggiungere l’argine da cui erano venuti. Loro non lo hanno fatto. Probabilmente per Bianca, forse perchè paralizzati dalla paura. A un certo punto, quando l’acqua intorno a loro è diventata troppo alta, solo un salvataggio dall’alto avrebbe potuto ripescarli. Ma non c’è stato il tempo. I tre pochi minuti dopo le 14 sono stati portati via dal fiume: il loro abbraccio si è sciolto, forse uno dei tre ha perso l’equilibrio, forse qualcosa li ha colpiti (un tronco?). Fine.

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