Le cheratiti periferiche sono più rare rispetto ad altre forme di cheratiti e soprattutto sono causate da condizioni più difficili da valutare e da riconoscere
“Quest’anno il corso AIMO all’interno del congresso SISO vuole occuparsi di condizioni che interessano la salute della nostra cornea. Si parlerà di cheratiti marginali, patologie spesso ostiche e difficili da inquadrare e trattare anche per gli oculisti esperti di patologia e chirurgia corneale”. Così la dottoressa Romina Fasciani, dirigente medico presso la UOC del Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli di Roma e tesoriere dell’Associazione Italiana Medici Oculisti, intervenendo al simposio dal titolo ‘Management delle cheratiti ulcerative periferiche’ organizzato da AIMO in occasione del terzo Congresso nazionale SISO – Società Italiana di Scienze Oftalmologiche, che si è tenuto a Roma presso il Centro Congressi dell’Ergife Palace.
“Il tema delle cheratiti periferiche è particolare- ha proseguito Fasciani- già quando si parla di cheratiti, l’oculista non esperto di patologie corneali ha difficoltà nell’inquadramento e nel trattamento, ma quando si parla di cheratiti periferiche anche l’oculista esperto di patologie e di chirurgia oculare spesso si trova ad affrontare delle sfide importanti”.
Le cheratiti periferiche, infatti, sono intanto più rare rispetto ad altre forme di cheratiti e soprattutto sono causate da condizioni più difficili da valutare e da riconoscere . “Per cheratite marginale si intende un processo infiammatorio o infiammatorio- infettivo localizzato al margine della cornea, la regione più vicina alla congiuntiva e ai vasi. Frequentemente queste condizioni hanno delle importanti caratteristiche infiammatorie. La periferia della cornea, infatti, essendo più a contatto con la congiuntiva, con la sclera e con la vascolarizzazione sistemica è più esposta ad una risposta immunitaria e infiammatoria più violenta”. Le cause più importanti di cheratiti marginali sono, per esempio, le patologie immunologiche, soprattutto autoimmuni, per cui “il nostro sistema immunitario reagisce contro la cornea e le sue strutture con reazioni infiammatorie spesso molto severe – ha spiegato Fasciani- che possono danneggiare seriamente la cornea”.
Per questo le patologie a carattere immunologico o ancora di più autoimmuni “devono essere affrontate dall’oculista anche insieme ad altri specialisti, come il reumatologo o l’immunologo. È spesso necessario associare un inquadramento ed una terapia sistemica- ha sottolineato la tesoriera di AIMO- non sempre affrontata efficacemente dall’oculista da solo e la necessitá di un consulto con altri specialisti è essenziale”. Un’altra causa delle cheratiti periferiche sono le infezioni, tra cui in particolare l’herpes, che “sappiamo bene quanto sia una condizione silente ma ubiquitaria che si manifesta proprio nei momenti di debolezza del nostro corpo, soprattutto per stress psicologici ed emotivi, in concomitanza di cambiamenti climatici o quando il nostro organismo è impegnato in altre battaglie, come tumori, infezioni, interventi chirurgici, il virus ne approfitta riattivandosi. In questi casi è più difficile, ma importante, pensare ad una manifestazione erpetica oculare quando ci troviamo di fronte ad una forma di cheratite periferica”. Orientarsi tra una forma e l’altra di questa patologia, talvolta molto aggressiva, non è semplice.
“Altre forme sono quelle infettive legate per esempio alla presenza di blefariti o a patologie cutanee ha aggiunto ancora l’esperta- in cui dei batteri approfittano di un ambiente alterato per creare danni sulla cornea, in particolare nella regione periferica dove esiste il contatto con il margine palpebrale oppure infiammazioni cutanee che si estendono alla superficie oculare ed alla cornea. Secondo la dottoressa Fasciani, in conclusione, il grande problema resta l’inquadramento diagnostico “ma anche gli esiti stessi, perché spesso, se necessitano di un intervento, sono difficili da affrontare anche dal punto di vista chirurgico. Quando per esempio dobbiamo fare un trapianto, centriamo il trapianto stesso sul centro della cornea e la periferia della cornea ci serve da aggancio del nuovo tessuto ospite. Quando è interessato il margine corneale viene meno la possibilità di ricreare un profilo corneale regolare e per cui è più difficile anche l’approccio terapeutico-chirurgico”. Insomma, è necessaria una grande preparazione da parte degli oculisti ed è importante avere esperti che vedano quante “più cheratiti periferiche possibili”, ha concluso Fasciani.