Mieloma multiplo: da FDA sì a malattia minima residua come endpoint


Negli studi clinici sul mieloma multiplo la malattia minima residua (MRD) potrebbe valere come endpoint per portare all’approvazione accelerata di nuovi farmaci

Mieloma multiplo: arrivano risposte promettenti e durature con il bispecifico elranatamab nei pazienti triplo- o penta-refrattari

Con un secco 12-0, il comitato consultivo sui farmaci oncologici (ODAC) della Food and drug administration (Fda) ha decretato all’unanimità che negli studi clinici sul mieloma multiplo la malattia minima residua (MRD) potrebbe valere come endpoint per portare all’approvazione accelerata di nuovi farmaci. Una notizia che sarà accolta certamente con grande soddisfazione dagli addetti ai lavori

«Penso che ciò costituisca una priorità per far avanzare effettivamente il campo, non solo affinché i pazienti ricevano il farmaco prima, ma possiamo interrompere la terapia sulla base del risultato della MRD? Se con trattamenti migliori la durata dell’MRD-negatività è più lunga, si apre la strada anche a un modo completamente diverso di trattare i pazienti in cui non è necessario un trattamento continuativo, dove si possono colmare lacune terapeutiche come nel caso dei tumori solidi», ha affermato Ranjana H. Advani, membro dell’ODAC e docente presso la Divisione di Oncologia della Stanford University, in California.

L’MRD come endpoint negli studi sul mieloma multiplo 
«L’approvazione (di una nuova terapia, ndr) si basa sulla dimostrazione di un beneficio clinico o di un effetto su un surrogato convalidato. L’approvazione accelerata è destinata a prodotti che trattano malattie gravi o potenzialmente letali, tenendo conto della condizione e della disponibilità di opzioni terapeutiche alternative. Dovrebbe fornire un beneficio significativo», ha affermato Nicole Gormley, direttrice associata dello sviluppo degli endpoint oncologici per il Centro di eccellenza oncologico dell’Fda e direttrice della Divisione di neoplasie ematologiche dell’agenzia, spiegando come si stabilisce che un dato endpoint è valido ai fini delle decisioni regolatorie.

«Affinché un biomarcatore possa essere un vero surrogato di un risultato a lungo termine di interesse, dovrebbe trovarsi nel percorso causale tra il trattamento della malattia e il vero endpoint clinico di interesse».

L’esperta ha osservato che la maggior parte delle approvazioni accelerate in ambito oncologico si basano su endpoint clinici intermedi, tra cui il tasso di risposta globale (ORR), la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza libera da eventi (EFS). Tuttavia, ha aggiunto, è «raro che esistano veri surrogati in oncologia».

Secondo Gormley, è importante considerare come sviluppare nuovi endpoint in oncologia, ha aggiunto, il che può includere basarsi sui dati di metanalisi, compresi i dati a livello di paziente provenienti da più studi clinici per valutare se possono rappresentare endpoint surrogati a livello individuale e di studio.

Tuttavia, ha osservato l’esperta, «vi sono caveat da tenere in conto riguardo all’impiego di un endpoint surrogato, anche di quelli pienamente validati clinicamente». Fra questi, vi è il fatto che il surrogato potrebbe non essere appropriato per sottopopolazioni o per popolazioni di studi futuri, se ci sono differenze significative tra le popolazioni dei nuovi studi e quelle della metanalisi. Inoltre, le modalità terapeutiche potrebbero avere un meccanismo d’azione sostanzialmente diverso da quello delle sostanze terapeutiche incluse nella metanalisi.

Bindu Kanapuru, direttore associato della revisione terapeutica nella Divisione di neoplasie ematologiche II, ha parlato di ulteriori considerazioni normative, tra cui considerazioni sui test, come garantire che i test utilizzati abbiano una performance adeguata, che siano adeguatamente convalidati per il contesto di utilizzo e che utilizzino procedure standardizzate di raccolta ed elaborazione dei campioni. L’esperta ha inoltre sottolineato l’importanza degli studi di conferma per verificare il beneficio clinico e ritirare rapidamente i farmaci per i quali, una volta sul mercato, il beneficio clinico non viene confermato.

Urgente bisogno di un endpoint precoce misurato in modo affidabile
Al meeting dell’ODAC erano presenti vari autori di due metanalisi nelle quali si è valutata l’MRD come surrogato della PFS e della sopravvivenza globale (OS): Carl Ola Landgren, professore di medicina e direttore della Divisione Mieloma e del Sylvester Myeloma Institute presso il Sylvester Comprehensive Cancer Center dell’Università di Miami, e Sean Devlin, professore associato di biostatistica e biostatistico associato presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, per la metanalisi EVIDENCE, e Brian G. M. Durie, del Cedars-Sinai Comprehensive Cancer Center di Los Angeles, Bruno Paiva, direttore del laboratorio di citometria a flusso presso il Dipartimento di Ematologia e Immunologia dell’Università di Navarra, in Spagna, e Qian Shi, professore di biostatistica e oncologia presso la Mayo Clinic di Rochester, per la metanalisi realizzata dal consorzio I2TEAMM (International Independent Team for Endpoint Approval of Myeloma Minimal Residual Disease).

Landgren ha spiegato che basandosi sui risultati di PFS degli studi clinici, con una media di 2 anni per un adeguato reclutamento dei pazienti, gli studi comparativi potrebbero ora richiedere oltre 8 anni per mostrare un effetto statisticamente significativo di una nuova terapia. Il professore ha inoltre aggiunto che a ogni linea di terapia dopo la prima si perde dal 15% al 35% dei pazienti, per cui identificare terapie di prima linea efficaci è un obiettivo primario del trattamento del mieloma multiplo.

Anche se negli studi sul mieloma è stato utilizzato come endpoint intermedio l’ORR, l’esperto ha osservato che non è un buon endpoint intermedio per la popolazione di nuova diagnosi, poiché la valutazione dell’ORR richiede solo una riduzione del 50% della malattia.

«Per accelerare la disponibilità di trattamenti nuovi ed efficaci per i pazienti affetti da mieloma multiplo, c’è urgente necessità di un endpoint precoce misurabile in modo affidabile e oggettivo che possa ragionevolmente prevedere risultati a lungo termine e benefici clinici», ha affermato Landgren.

Il direttore ha proseguito il suo intervento ricordando che nel gennaio 2020 l’Fda ha pubblicato un documento di indirizzo su due potenziali impieghi della MRD nello sviluppo di farmaci: come endpoint surrogato convalidato per l’approvazione tradizionale o come endpoint surrogato con una ragionevole probabilità di prevedere il beneficio clinico per l’approvazione accelerata. La forza dell’evidenza richiesta per un endpoint surrogato era basata sulla plausibilità biologica della relazione, sulla dimostrazione del valore prognostico dell’endpoint surrogato per l’esito clinico e sull’evidenza derivante da studi clinici che gli effetti del trattamento sull’endpoint surrogato corrispondono agli effetti sull’esito clinico a lungo termine. «L’MRD soddisfa tutti questi criteri nel mieloma multiplo», ha affermato Landgren.

Forte associazione tra MRD e PFS, ed MRD e OS
Devlin ha presentato dati, metodologia e risultati della metanalisi EVIDENCE. L’analisi ha incluso dati provenienti da 16 studi clinici randomizzati di fase 2 o 3 condotti su pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi candidabili o meno al trapianto di cellule staminali. Gli autori hanno stabilito un valore di 10-5 o superiore come cut-off per la sensibilità dei test per la misurazione della MRD.

A livello individuale, lo statistico ha detto che è emersa una forte associazione tra MRD e PFS, ed MRD e OS. Devlin e Landgren hanno poi sintetizzato dicendo che i risultati supportano la decisione di considerare l’MRD come un endpoint clinico misurabile precocemente che può ragionevolmente predire un beneficio clinico nel mieloma multiplo ed essere, quindi, utilizzato per supportare un’approvazione accelerata.

La seconda presentazione è stata quella dell’I2TEAMM. Durie ha presentato i vantaggi dell’MRD come endpoint precoce, fra cui la possibilità di eseguire misurazioni anticipate di 9-12 mesi, quella di permettere approvazioni tempestive di terapie e combinazioni salvavita e importanti impatti positivi per i pazienti.

«Nel mieloma, la negatività dell’MRD rappresenta la nuova remissione completa», ha affermato Paiva.

Shi ha aggiunto che anche in questo caso, come nella metanalisi EVIDENCE, risultati hanno mostrato un’elevata correlazione a livello individuale tra MRD e PFS ed MRD e OS. Il tasso di negatività della MRD a 9 e 12 mesi, misurata con una sensibilità pari a 10-5, ha mostrato di predire con una probabilità ragionevole il beneficio clinico di PFS e OS nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi, sia idonei sia non idonei al trapianto, e anche nei pazienti con mieloma multiplo recidivante/refrattario.

Il punto di vista dell’agenzia
Rachel Ershler, revisore clinico nella Divisione di neoplasie ematologiche II, e Jing Zhang, revisore statistico della Divisione di biometria IX, hanno presentato le considerazioni dell’Fda, dicendo che l’agenzia era d’accordo con gli approcci generali e l’interpretazione dei risultati.

Zhang ha confermato che nelle analisi dell’I2TEAMM e dell’Università di Miami è emersa una forte associazione a livello individuale per la PFS e l’OS, ma le associazioni a livello di studio erano da deboli a moderate nei sottogruppi per quanto riguarda la PFS e generalmente più deboli per l’OS.

Ershler ha spiegato che una forte associazione a livello di studio potrebbe diventare un endpoint surrogato convalidato e supportare l’approvazione di una nuova terapia da parte dell’agenzia regolatoria; tuttavia, pochissimi endpoint oncologici hanno soddisfatto questo standard e la maggior parte degli endpoint che supportano l’approvazione accelerata non sono stati valutati per verificare la loro validità come surrogati a livello di studio o presentano associazioni deboli a livello di studio.

Zhang ha anche presentato i punti di forza e di debolezza delle metanalisi. Tra i punti di forza vi sono l’ampia esperienza in molteplici setting e l’inclusione di studi randomizzati, l’elevata sensibilità dei test utilizzati e i metodi di analisi rigorosi che erano stati discussi con l’Fda. Tuttavia, sono stati identificati come limitazioni l’eterogeneità nei disegni degli studi, le variazioni nelle metodiche utilizzate per MRD e l’impatto sconosciuto del setting di malattia.

La decisione dell’ODAC
La prima domanda posta durante la discussione riguardava l’adeguatezza dei dati disponibili a supportare l’uso della MRD come endpoint per supportare l’approvazione accelerata di una nuova terapia per il mieloma multiplo.

«Quando si esaminano i dati, in particolare quelli a livello di paziente, penso che sia chiaro che soddisfano i criteri per l’approvazione accelerata. Penso che questo sia uno dei test più prognostici che abbiamo visto nella malattia», ha affermato Christopher Lieu, membro dell’ODAC e professore associato di medicina presso lo University of Colorado Cancer Center di Aurora.

«In termini di significato biologico…c’è certamente una correlazione biologica sulla base della quale, se l’MRD scende al di sotto di un certo valore, probabilmente si avrà una risposta più lunga al trattamento. I responder vanno meglio», ha aggiunto Thomas Martin, membro dell’ODAC e direttore associato della Divisione di Ematologia/Oncologia presso l’Università della California di San Francisco.

Il secondo argomento di discussione riguardava se i dati disponibili supportassero l’uso della MRD come endpoint in diversi setting di malattia, mentre il terzo riguardava l’accettabilità dei time point per la valutazione dell’MRD. La domanda si cui si è votato chiedeva, appunto, se le prove supportassero l’uso dell’MRD come endpoint valido come base per l’approvazione accelerata di nuove terapie negli studi clinici sul mieloma multiplo.

Il risultato della votazione è stato schiacciante e grazie ad esso l’agenzia probabilmente inizierà a incorporare presto l’impiego di questo endpoint nelle sue valutazioni regolatorie.