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Uno studio sul morso fa luce sull’evoluzione dei mammiferi carnivori

Arriva il software per vedere il mondo con gli occhi degli animali: si chiama Quantitative Color Pattern Analysis (QCPA), ecco come funziona.

An Amur or Siberian tiger (Panthera tigris altaica L.) in the "Utyos" Wild Animal Rehabilitation Centre near Khabarovsk located at the confluence of the Amur and Ussuri rivers, Khabarovsk Krai Territory, Russian Federation.

Uno studio internazionale ha fornito nuovi elementi alla comprensione della diversità morfologica dei mammiferi carnivori analizzando il morso

Uno studio internazionale ha fornito nuovi elementi alla comprensione della diversità morfologica dei mammiferi a partire dallo studio dell’evoluzione del cranio, e in particolare del rapporto tra forza e velocità del morso, due caratteristiche con un impatto significativo sul comportamento e l’ecologia dei carnivori.

La ricerca, pubblicata su Nature Communications, è stata condotta da un team internazionale composto, per l’Italia, da ricercatori dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr, dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, e dell’Università di Catania. Nello specifico, mediante tecniche all’avanguardia nell’acquisizione e analisi dei dati, sono state analizzate 132 specie di mammiferi carnivori mettendo in relazione la forma del cranio con le caratteristiche funzionali – forza e velocità – del morso, con l’obiettivo di capire quali siano le caratteristiche che abbiano favorito lo sviluppo del morso in termini di velocità e potenza. “Abbiamo scoperto che la velocità con la quale evolve la forma del cranio non è direttamente correlata allo sviluppo del morso e che il cranio dei carnivori che hanno ottimizzato un morso veloce risulta più variabile rispetto a quello degli animali che hanno sviluppato un morso potente. Questo suggerisce che non ci sia una relazione diretta tra forma e funzione: si pensi al fatto che le iene, in grado di rompere ossa con la bocca, e i panda, che mangiano bambù, possono produrre un morso di intensità simile pur avendo strutture craniche differenti”, commenta Gabriele Sansalone (Cnr-Irbim e Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia) che ha coordinato il gruppo di ricerca assieme a Carmelo Fruciano (Cnr-Irbim e Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania).

La stessa relazione tra forza e velocità è stata rilevata nei carnivori marsupiali, la cui crescita lenta (da piccoli trascorrono molto tempo attaccati ai capezzoli materni, in una tasca) non ha costituito un limite per la loro evoluzione morfologica e funzionale. “Dal punto di vista della forma del cranio ci possono essere molti modi per evolvere un morso veloce, ma decisamente meno per un morso forte. E le specie che hanno sviluppato un morso più forte sono meno di quelle che ne hanno incrementato la velocità, ma questo potrebbe dipendere dal fatto che è meno probabile evolvere la forma del cranio in relazione alla potenza del morso. Questi risultati ci danno anche una chiave di lettura più generale, che ci aiuta a comprendere perché alcuni gruppi di animali siano più variabili morfologicamente di altri”, conclude Fruciano.

Sono partner dello studio anche l’Università del New England (Australia) e il British Antarctic Survey (Inghilterra).

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