Strage discoteca di Corinaldo: parenti delle vittime infuriati per le assoluzioni


Strage alla discoteca di Corinaldo, tutti assolti per i reati più gravi. I parenti delle vittime: “I nostri figli uccisi un’altra volta”

Codacons interviene dopo la strage alla discoteca La Lanterna Azzurra di Corinaldo, in provincia di Ancona: nel mirino dell'associazione gestori del locale, autorità ed enti locali

La sera fra il 7 e l’8 dicembre del 2018 sei persone morirono durante un’esibizione di Sfera Ebbasta nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, in provincia di Ancona: alcuni ragazzi spruzzarono spray al peperoncino nel locale e cinque adolescenti insieme a una mamma persero la vita nella calca provocata dal fuggi fuggi, anche a causa del cedimento di un parapetto. Oggi è arrivata la sentenza di primo grado del processo sulle condizioni di sicurezza della discoteca, che vedeva imputati i componenti della Commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, alcuni tecnici e uno dei gestori: tutti sono stati assolti dalle accuse più gravi, cioè omicidio colposo plurimo. Le vittime furono: Benedetta Vitali e Mattia Orlandi di 15 anni, le 14enni Asia Nasoni ed Emma Fabini, Daniele Pongetti di 16 anni e la giovane mamma Eleonora Girolomini di 39 anni.

Il padre di una delle vittime, la 14enne Emma Fabini, ha deciso di scrivere una lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La sentenza emessa poche ore fa mi è sembrata l’ennesima ingiustizia subita da mia figlia. La necessità di fare un minimo di giustizia mi ha spinto a scrivere una lettera aperta al presidente”, spiega Fazio Fabini. “Qualcuno dirà: giustizia è fatta. No, io la giustizia- è l’incipit della lettera- la intendo in modo diverso. Quasi sei anni per avere una risposta dallo Stato sono troppi. Al di là del giudizio sulla sentenza. È complicato condurre un processo come quello appena concluso, ma si dovrebbe sentire l’obbligo di fare meglio”. Scrive più avanti Fabini: “Mia figlia Emma è morta. Aveva solo 14 anni. Oltre la vita le è stato tolto anche il diritto di replica. Se avesse potuto avere voce”, in Tribunale avrebbe detto questo: ‘Sto ballando per la prima volta con le mie amiche. Urlo nelle loro orecchie, il volume della musica è altissimo, che questo è il momento più bello della mia vita. Poi questo odore urticante e aspro nell’aria che mi impedisce di respirare’. Prosegue Fabini, immaginando le parole della figlia: ‘Fuggo verso l’esterno, verso l’uscita di sicurezza. Ma qui, è tanto buio. La gente urla e tanti sono caduti su questi scalini irregolari. Mi appoggio alla ringhiera che, improvvisamente, cede alle mie spalle. E cado con tanti corpi sopra me. Ridatemi l’aria. Fatemi respirare’. Scrive quindi il padre di Emma: “Non riesco a pensare ai suoi ultimi cinque minuti di vita. Tanto occorre per morire soffocati. Quando ho questi pensieri, mi rimane difficile accettare le lungaggini processuali”. Altrettanto difficile, prosegue la lettera, è “assistere ai voli pindarici di eccellenti professionisti che si sono attardati nella estenuate ricerca di cavilli, nell’interesse degli imputati. Siamo sicuri che nella ‘giusta’ ricerca dell’equilibrio processuale non ci siamo dimenticati delle vittime? Perché è questo quello che io ho percepito. I nostri figli sono morti e noi siamo stati condannati ad una vita di sofferenza. Meritiamo rispetto. Non esistono solo gli imputati”. Questo precisando che “non sono giustizialista e forcaiolo” e, sottolinea Fabini, “ritengo la difesa un diritto imprescindibile dell’imputato. Anzi, se gli imputati avessero dimostrato un minimo di pentimento avrei versato lacrime con loro per quello che è successo. Perché tutti possiamo compiere degli errori. Invece nessuno di loro ha pronunciato parole di cordoglio o partecipazione“. Ma, scrive Fabini, “non odio queste persone. Non le odio perché farebbe più male ad Emma e a me che a loro. Il mio perdono però non lo avranno mai perché, anche se per lo Stato la loro colpa è lieve, sono i responsabili morali della tragedia”.
Nella lettera, Fabini aggiunge che “non voglio giudicare nessuno, ma vorrei che venisse aperto un dibattito serio e sereno. Ribadisco questa domanda: siamo certi che la giusta tutela degli imputati non leda troppo pesantemente il diritto alla giustizia delle vittime? Quale è la giusta pena per questo reato? Signor presidente, non è mio compito dare queste risposte. Personalmente penso che l’unica giusta e vera condanna sia il rimorso. La convivenza con la propria coscienza è più dura di qualsiasi carcere”. La legge, il giudice e la società dovrebbero “mettere il condannato con le spalle al muro. La mia impressione è che questo non accada”, afferma Fabini: “Nel nostro Paese ci sono sempre meno persone che si sentono colpevoli, anche dopo la condanna. Nessuno si assume le proprie responsabilità. Tutti si dichiarano ingiustamente condannati. E noi glielo lasciamo pensare”.

Infine, Fabini rivolge “un pensiero ad Emma che a 11 anni si definiva ‘timida, euforica e colorata, ma la cosa più importante è essere circondata da tanti amici che ti vogliono bene‘. A lei che amava scrivere racconti e pagine di diario- ricorda il papà- che abbiamo raccolto nel volume ‘I ricordi non salvano le lacrime’. Abbiamo promosso un premio letterario a suo nome dal titolo ‘Emma, il ricordo salvato’. Dedicato ai suoi coetanei sul tema del ricordo. Non dimenticheremo mai Emma e non vogliamo che venga dimenticata da quella stessa società che le ha tolto il futuro“. Fabini, infine, spiega di essersi voluto rivolgere a Mattarella nella speranza che “diventi portavoce della sofferenza delle vittime della tragedia della Lanterna Azzurra di Corinaldo e di tutte le altre stragi compiute nel nome del menefreghismo, della superficialità, dell’avidità. In ricordo di Emma, Asia, Benedetta, Mattia, Daniele ed Eleonora”.

LA RABBIA DEI PARENTI DELLE VITTIME: ” I NOSTRI FIGLI UCCISI UN’ALTRA VOLTA”

La rabbia dei parenti delle vittime nelle pagine di Repubblica: “E’ stata un’ulteriore uccisione dei nostri figli, lo Stato si deve vergognare“, afferma Fazio Fabini, papà di Emma, ai cronisti. “Tirare fuori le parole oggi è più difficile rispetto a quando se ne è andata mia sorella perché l’hanno uccisa un’altra volta, speravo che tutto quello che ho sentito durante le udienze fosse terminato invece oggi è stata la ciliegina sulla torta”, sottolinea Francesco Vitali, fratello di Benedetta. “Oggi dopo quasi sei anni il risultato è che gli imputati sono stati ritenuti non colpevoli per la maggior parte dei reati più complessi. Tutto ciò che è successo è solo per una piccola inesattezza perché, per il resto, ognuno ha compiuto il proprio dovere: allora io vi dico che non voglio più sentire un politico, un rappresentante dello Stato a cui io appartengo, che abbia il coraggio di dire che questa sarà l’ultima volta”, ha continuato il papà di Emma. “Nessun altro funzionario dello Stato e amministratore nel futuro farà il dovere che dovrebbe fare una persona a cui affidiamo la vita dei nostri figli“.