Asma grave: identificati biomarcatori predittivi dell’efficacia di omalizumab


Asma grave: identificati alcuni composti organici volatili e alcuni lipidi plasmatici che potrebbero fungere da biomarcatori predittivi di efficacia di omalizumab

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I risultati dello studio SoMOSA (Study of Mechanisms of action of Omalizumab in Severe Asthma), recentemente pubblicati sulla rivista American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine hanno identificato alcuni composti organici volatili e alcuni lipidi plasmatici che potrebbero fungere da biomarcatori fortemente predittivi di efficacia di omalizumab (in termini di riduzione del numero di esacerbazioni) e in grado di discriminare l’asma grave da quello lieve. SoMOSA è il primo studio ad aver scoperto alcuni biomarcatori grazie alla breathomica e alla lipidomica (due scienze -omiche che si occupano, rispettivamente, dell’analisi dei pattern di composti organici volatili presenti nell’espirato e dei pattern di composizione dei lipidi plasmatici).

Razionale e obiettivo dello studio
I meccanismi d’azione del farmaco biologico omalizumab, un anticorpo monoclonale anti-IgE, sono ancora poco conosciuti, scrivono i ricercatori nell’introduzione allo studio, e i biomarcatori comunemente misurati (ossido nitrico esalato, IgE sieriche, eosinofili) non sono in grado di prevedere in modo affidabile la risposta clinica al trattamento.

Al fine di migliorare la comprensione del meccanismo d’azione di omalizumab e di identificare alcuni biomarcatori predittivi utili per la pratica clinica, è stato implementato SoMOSA, uno studio real world che si è proposto di identificare i biomarcatori in grado di predire quali pazienti migliorano con il trattamento in questione.

L’ipotesi di partenza alla base dello studio era che i biomarcatori -omici (es: quelli identificati mediante studi di breathomica e di lipidomica, nonchè gli eicosanoidi presenti nelle urine in campione facilmente ottenibili (respiro, sangue, espettorato, urine) potessero essere in grado di predire sia le risposte precoci al trattamento (utilizzando, a 16 settimane, l’approccio GETE – the Global Evaluation of Treatment Effectiveness – uno strumento clinico basato esclusivamente sulla valutazione dello stato di salute fatta da un medico), sia le risposte tardive (riduzione pari o superiore al 50% del numero di esacerbazioni acute o dell’impiego di steroidi orali (OCS) durante il primo anno di trattamento, outcome che rappresentano il razionale per la prescrizione di farmaci biologici.

Disegno dello studio e risultati principali
Entrando nei dettagli del disegno dello studio SoMOSA, i ricercatori hanno valutato 191 pazienti con asma atopico grave non controllato, in trattamento con corticosteroidi per via inalatoria (ICS) a dosaggio elevato e beta-agonisti a lunga durata d’azione (LABA) per verificare l’esistenza di biomarcatori in grado di predire il miglioramento durante la somministrazione di omalizumab fino a 16 settimane e da 16 a 52 settimane.

I ricercatori hanno utilizzato la valutazione globale dell’efficacia terapeutica (GETE) per identificare il miglioramento clinico precoce tra coloro che erano stati trattati con omalizumab per 16 settimane e hanno riscontrato questo risultato in 121 (63%) pazienti.

Sul totale dei pazienti della coorte, 173 pazienti hanno continuato il trattamento con omalizumab per 52 settimane.
Tra le 16 settimane e le 52 settimane, i ricercatori hanno riscontrato che più del 50% dei pazienti aveva sperimentato una riduzione di almeno il 50% delle esacerbazioni (n = 120; 71%) e della dose di corticosteroidi orali di mantenimento se in trattamento (37 su 65 pazienti; 57%).

Durante la ricerca di biomarcatori in grado di predire la GETE (risposta precoce) e/o la riduzione delle esacerbazioni (risposta tardiva) durante la somministrazione di omalizumab, diversi biomarcatori non sono riusciti a dimostrarsi tali: tra questi si segnalano la 2,3-dinor-11-beta-prostaglandina F2 alfa, la GETE, gli eosinofili nel sangue e nell’espettorato, l’ossido nitrico esalato e le IgE sieriche.

Tuttavia, sulla base dell’area caratteristica di ricezione sotto la curva (AUC), i ricercatori hanno dimostrato l’esistenza di una forte predittività di un numero ridotto di esacerbazioni con cinque lipidi plasmatici (AUC: 0,922) e cinque composti organici volatili (AUC: 0,78).

Gli stessi tipi di biomarcatori sono stati in grado anche di “predire fortemente” le risposte precoci, con un’AUC di 0,949 con l’uso di cinque lipidi plasmatici e un’AUC di 0,835 con l’uso dei composti organici volatili benzotiazolo, acetofenone, 2-pentil-furano, cloruro di metilene e 2-metil-butano.

Non solo: i ricercatori sono riusciti anche a distinguere l’asma grave dall’asma lieve in un’altra coorte di pazienti utilizzando alcuni dei biomarcatori predittivi sopra indicati.

Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come lo studio appena pubblicato sia il primo studio in assoluto ad aver fornito un razionale d’impiego dei metodi omici per l’identificazione in modo prospettico di alcuni biomarcatori fortemente predittivi della risposta dei pazienti  trattati con omalizumab, valutata in base ad una riduzione di almeno il 50% delle esacerbazioni acute di malattia.

Ciò premesso, lo studio individua in alcuni composti organici volatili (VOC) i biomarcatori più promettenti per la previsione della risposta clinica e una serie di biomarcatori plasmatici per i quali sarebbero necessari metodi di laboratorio per misurare i singoli composti.

A questo punto, concludono i ricercatori, sono necessari studi prospettici  che confrontino le risposte cliniche dei pazienti selezionati in base a questi biomarcatori con quelli selezionati in base ai criteri usati nella pratica corrente, al fine di convalidare l’impiego futuro di questi biomarcatori candidati identificati nella pratica clinica.

Bibliografia
Djukanović R, et al. Biomarker Predictors of Clinical Efficacy of the Anti-IgE Biologic, Omalizumab, in Severe Asthma in Adults: Results of the SoMOSA Study. Am J Respir Crit Care Med. 2024;doi:10.1164/rccm.202310-1730OC.
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