Il premierato supera lo scoglio del Senato: ora il Ddl passa alla Camera


Approvato il Ddl sul premierato in prima lettura al Senato con 109 a favore, 77 contrari e un astenuto. Ora il provvedimento è atteso alla Camera

meloni matteotti

Il ddl Premierato passa al Senato in prima lettura con 109 voti a favore, 77 contrari e un astenuto. Il provvedimento è atteso ora dall’iter della Camera. Una volta concluso, stando agli annunci della maggioranza, verrà messa a punto la legge elettorale che darà una cornice al disegno di legge. A quel punto, trattandosi di una modifica costituzionale, il ddl tornerà ai due rami del Parlamento per l’approvazione finale. L’ultima parola, tuttavia, spetterà al probabile referendum confermativo.

COSA PREVEDE LA “MADRE DI TUTTE LE RIFORME”

La riforma è composta da 8 articoli, il più importante dei quali – il quinto – prevede l’elezione diretta del Presidente del Consiglio per un mandato di 5 anni. Il premier, che non riceverebbe più l’incarico dal Capo dello Stato, avrebbe il limite di due mandati. Altro nodo cruciale della riforma è il potere di scioglimento delle Camere da parte del presidente del Consiglio. In caso di dimissioni infatti, quest’ultimo “può chiedere entro 7 giorni lo scioglimento delle Camere al capo dello Stato che lo dispone”. Il capo dell’esecutivo inoltre, potrà essere sostituito una sola volta nel corso della legislatura, qualora dovesse egli stesso deciderlo, da un altro parlamentare della coalizione uscita vincente alle elezioni. Da segnalare anche l’abolizione dei senatori a vita e del semestre bianco: Il presidente della Repubblica potrà sciogliere le Camere anche durante gli ultimi sei mesi del suo mandato.

IL RACCONTO DELL’ITER FINO ALL’OK DEL SENATO

L’iter che ha portato alla prima approvazione della cosiddetta ‘madre di tutte le riforme’ del Governo Meloni, non è stata esente da tensioni. L’opposizione ha dato battaglia per tutti i sei mesi del percorso legislativo. Con circa 3mila emendamenti presentati, lunghi interventi sia in commissione Affari costituzionali che in Aula. Quindi flashmob e proteste sia in Aula che fuori. Da ricordare, lo sventolio nell’emiciclo della Costituzione e del tricolore, l‘occupazione degli scranni del governo da parte delle senatrici dell’opposizione (tranne quelle di Iv), l‘abbandono dell’Aula durante le votazioni degli emendamenti, la ‘protesta delle giacche‘ e altro ancora. La maggioranza per aggirare tale ostruzionismo ha contingentato le ore di dibattito portandole a 30 totali e ha più volte fatto ricorso al metodo del ‘canguro’, ossia l’accorpamento in un’unica votazione di più emendamenti. Ora la palla passa a Montecitorio e il clima si fa sempre più incandescente.