Asma non controllato: lebrikizumab riduce le esacerbazioni


Il trattamento con lebrikizumab è stato in grado di ridurre in modo significativo le esacerbazioni asmatiche in una sottopopolazione di pazienti

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Il trattamento con lebrikizumab (inibitore di IL-13 già impiegato nella dermatite atopica) è stato in grado di ridurre in modo significativo le esacerbazioni asmatiche in una sottopopolazione di pazienti con livelli elevati di eosinofili nel sangue, valori elevati di FeNO e storia pregressa di esacerbazioni asmatiche. Queste le conclusioni di una rianalisi dei trial clinici randomizzati LAVOLTA I e 2 e ACOUSTICS, sull’impiego di questo inibitore di IL-13 nel trattamento dell’asma non controllato in una sottopopolazione di pazienti adulti e adolescenti, rispettivamente, che presentava le caratteristiche sopra descritte. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Journal of Allergy and Clinical Immunology: in Practice e depone a favore di un’attenta profilazione iniziale dei pazienti da candidare al trattamento con lebrikizumab nell’asma non controllato.

Razionale e disegno dello studio
Lebrikizumab è un nuovo anticorpo monoclonale umanizzato che blocca in maniera mirata l’azione dell’interleukina-13 (IL-13), una citochina che svolge un’azione chiave nei processi infiammatori delle vie aeree e nella fisiopatologia dell’asma in alcuni soggetti.

L’interleuchina 13 (IL-13), che rappresenta il target di questo anticorpo monoclonale, è una citochina coinvolta nella fisiopatologia dell’asma di tipo 2 (in cui le cellule T CD4 positive producono citochine IL -4, -5, -6, -9 e -13 che mediano le reazioni allergiche). La citochina in questione riduce l’iperreattività, la produzione di muco e il rimodellamento.

Gli studi clinici su lebrikizumab non hanno dimostrato una riduzione consistente delle esacerbazioni asmatiche, forse a causa di una selezione non ottimale dei pazienti. Per stabilire se l’inibizione specifica dell’IL-13 sia efficace nell’asma sono necessarie adeguate sottoanalisi in pazienti con fenotipo di tipo 2 elevato.

Di qui la nuova analisi post-hoc degli studi clinici di fase 3 LAVOLTA I e II e ACOUSTICS per verificare l’efficacia di lebrikizumab  in una sottopopolazione di pazienti provenienti dagli studi di Fase 3 sull’asma sopra indicati che avevano una storia recente (ultimo anno) documentata di esacerbazioni asmatiche gravi e un fenotipo T2 ben definito basato sull’innalzamento della conta degli eosinofili nel sangue e dei livelli di FeNO.

Risultati principali
Dati di efficacia da rianalisi studi LAVOLTA
Nello studio LAVOLTA I erano presenti 976 adulti, mentre nello studio LAVOLTA II vi erano 957 adulti con asma non controllato che avevano completato 52 settimane di trattamento con lebrikizumab a dosaggi differenti o con placebo.
Presi i dati nel complesso, si sono avute 495 esacerbazioni nei gruppi placebo, 365 tra i pazienti trattati con 125 mg di lebrikizumab e 334 tra quelli trattati al dosaggio di 37,5 mg.

Rispetto al placebo, i gruppi trattati con lebrikizumab 125 mg negli studi LAVOLTA avevano registrato una riduzione del 29% dei tassi di esacerbazione aggiustati (AER) (RR aggiustato = 0,71; IC95% : 0,62-0,81), mentre nel gruppo trattato con lebrikizumab 37,5 mg la riduzione di AER è stata del 35% (aRR = 0,65; IC95: 0,57-0,75).

Anche il FEV1 è migliorato con lebrikizumab, con un incremento di 0,09 L (IC95%: 0,05-0,13) tra i pazienti trattati al dosaggio di 125 mg e di 0,07 L (IC95%: 0,03-0,11) tra quelli trattati con un dosaggio di 37,5 mg dal basale alla settimana 52, rispetto al placebo

Dall’analisi post-hoc nella sottopopolazione di pazienti con le caratteristiche sopra indicate è emerso che:
– tra i pazienti con conta di eosinofili nel sangue periferico al basale di 300 cellule/µL o superiore e una o più esacerbazioni registrate nel corso dell’anno precedente, le riduzioni di AER sono migliorate, passando al 38% per il gruppo da 125 mg (aRR = 0,62; IC95%: 0,5-0,76) e al 41% per il gruppo da 37,5 mg (aRR = 0,59; IC95%: 0,48-0,73)

– i pazienti con conta degli eosinofili nel sangue periferico pari o superiore a 300 cellule/µL e due o più esacerbazioni registrate nel corso dell’anno precedente hanno sperimentato riduzioni ancora maggiori, del 44% per quelli che assumevano 125 mg e del 48% per quelli che assumevano 37,5 mg di lebrikizumab

– i pazienti con una conta di eosinofili nel sangue periferico pari o superiore a 300 cellule/µL e con una o più esacerbazioni nell’anno precedente hanno registrato miglioramenti di 0,15 L (IC95%: 0,07-0,24) tra quelli che assumevano lebrikizumab 125 mg e di 0,13 L (IC95% : 0,04-0,21) tra quelli che assumevano 37,5 mg, rispetto al placebo. Tuttavia, i ricercatori hanno affermato che non vi erano differenze significative di FEV1 tra i gruppi di trattamento e il placebo nei pazienti con conta degli eosinofili nel sangue periferico al basale inferiore a 150 cellule/µL o compresa tra 150 cellule/µL e 300 cellule/µL e una o più esacerbazioni nell’anno precedente

– anche i pazienti con valori medi totali di FeNO pari o inferiori a 50 ppb e almeno una riacutizzazione registrata nel corso dell’anno precedente hanno sperimentato miglioramenti significativi di FEV1

Dati di efficacia da rianalisi studio ACOUSTICS
Nello studio ACOUSTICS, 24 adolescenti in trattamento con placebo e 133 in trattamento con lebrikizumab hanno completato 52 settimane di trattamento previste dal protocollo.

Presi i dati nel complesso, dopo 52 settimane dall’inizio del trattamento assegnato dalla randomizzazione, 51 pazienti del gruppo placebo, 31 pazienti sottoposti a trattamento con lebrikizumab 125 mg e 31 pazienti sottoposti a trattamento con l’inibitore di IL-13 al dosaggio di 37,5 mg hanno riportato esacerbazioni.

La riduzione degli AER è stata del 51% per i pazienti (n = 116) trattati con lebrikizumab 125 mg (aRR = 0,49; IC95%: 0,28-0,83) e del 40% (aRR = 0,6; IC95%: 0,35-1,03) per quello (n = 113) trattati con il farmaco al dosaggio di 37,5 mg.

I pazienti hanno anche registrato miglioramenti dei valori di FEV1 prebroncodilatazione, con variazioni medie corrette per il placebo pari a 0,2 L (IC95%: 0,05-0,34) per il gruppo di pazienti trattati con lebrikizumab 37,5 mg e a 0,05 L (IC95%: da -0,09 a 0,2) per il gruppo di pazienti trattati con lebrikizumab 125 mg, dal basale alla settimana 52.

Dall’analisi post-hoc nella sottopopolazione di pazienti con le caratteristiche sopra indicate è emerso che:
– le riduzioni di AER sono aumentate, arrivando al 59% (aRR = 0,41; IC95%: 0,19-0,88) nel gruppo di pazienti trattati con lebrikizumab  125 mg e al 64% (aRR = 0,36; IC95%: 0,15-0,87) nel gruppo di pazienti trattati con lebrikizumab 37,5 mg tra i pazienti con conta degli eosinofili nel sangue periferico al basale pari o superiore a 300 cellule/µL e con una o più esacerbazioni registrate nel corso dell’anno precedente

– Il miglioramento dei valori di FEV1 prebroncodilatazione è cresciuto ulteriormente, attestandosi a 0,25 L (IC95%: -0,01-0,51) per i pazienti che assumevano lebrikizumab 125 mg e a 0,33 L (IC95%: 0,06-0,6) per quelli che assumevano lebrikizumab 37,5 mg tra i pazienti con conta degli eosinofili nel sangue periferico al basale pari o superiore a 300 cellule/µL e con una o più esacerbazioni registrate nel corso dell’anno precedente

Dati di safety in pool degli studi LAVOLTA e ACOUSTICS
Da un’analisi in pool di tutti e tre gli studi, è emerso che il 77% dei pazienti in terapia con lebrikizumab e il 78% di quelli in terapia con placebo hanno manifestato eventi avversi emergenti a seguito del trattamento (TEAE); di questi, il 20,5% dei pazienti dei gruppi di trattamento attivo e il 18,8% di quelli dei gruppo placebo hanno riportato eventi avversi non gravi e lievi, mentre il 48,8% dei pazienti in trattamento con lebrikizumab  e il 50,4% di quelli del gruppo placebo hanno riportato eventi di entità moderata.

I TEAE più frequentemente riportati sono stati l’asma (30,6% con lebrikizumab, 37,6% con placebo), la nasofaringite (13,2% con lebrikizumab, 14,2% con placebo) e le infezioni del tratto respiratorio superiore (11,5% con lebrikizumab, 9,1% con placebo).

Inoltre, il 3,4% dei pazienti trattati con lebrikizumab (n = 56) e il 3,6% di quelli trattati con placebo (n = 30) ha abbandonato il trial a causa di eventi avversi, che i ricercatori hanno definito risultare sovrapponibili tra i gruppi in studio.

Anche i tassi di eventi avversi gravi, tra cui il 7,6% per il gruppo di trattamento e l’8,5% per il gruppo placebo, sono risultati ancora una volta simili tra i gruppi considerati.

Riassumendo
In conclusione, questa analisi post-hoc condotta in un sottogruppo di pazienti asmatici con eosinofili ematici al basale pari o superiori a 300 cellule/μL e una storia di esacerbazioni ha dimostrato la capacità di lebrikizumab di ridurre in modo significativo le esacerbazioni asmatiche, indicando che l’inibizione dell’IL-13 è efficace nei pazienti asmatici con un fenotipo di tipo 2 “high”.

Questi risultati indicano che lebrikizumab può essere efficace nell’asma quando è utilizzato sulla popolazione appropriata di pazienti con precedenti esacerbazioni e infiammazione T2. Ciò, pertanto, sottolinea l’importanza dell’utilizzo di biomarcatori predittivi appropriati e della scelta della popolazione di studio appropriata quando si seleziona un farmaco biologico specifico per l’asma.

Lebrikizumab, come è noto, è attualmente al vaglio della Food and Drug Administration statunitense per l’approvazione nella dermatite atopica ed è stato approvato nell’Unione Europea per il trattamento della dermatite atopica da moderata a grave in adulti e adolescenti (di età compresa tra 12 e meno di 18 anni, peso corporeo di almeno 40 kg) candidati alla terapia sistemica.

Bibliografia
Corren J, et al. Lebrikizumab in Uncontrolled Asthma: Reanalysis in a Well-Defined Type 2 Population. J Allergy Clin Immunol Pract. 2024;doi:10.1016/j.jaip.2024.02.007.
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