“Facundo (o del provvisorio)” è il nuovo romanzo introspettivo dal sapore filosofico e surreale di Gianfranco Brevetto
Facundo è un filologo. Un filologo di se stesso. Oramai in là con gli anni, passa le notti insonni a redigere un breve saggio sul provvisorio, affidandosi esclusivamente a un dizionario elementare di etimologia. Le sue giornate, apparentemente monotone e fatte di poche cose essenziali, si riempiono, improvvisamente, della presenza di due donne. Maria, conosciuta tanti anni addietro e V., donna misteriosa che abita nell’appartamento sovrastante. Sullo sfondo di un intrigo dal sapore filosofico, e al termine di alcune vicissitudini di stampo surreale, Facundo decide di ribellarsi violentemente alle norme di un condominio che è divenuto a lui sempre più ostile.
Facundo è il nome lasciatomi in eredità da un mio avo che avrebbe voluto emigrare in Argentina. Era uno a cui piaceva guardare lontano e, per evitare ai posteri possibili problemi di integrazione, lasciò scritto, nel suo testamento, d’imporre questo nome a un nipote. Credo che il mio avo sapesse già, in cuor suo, che in Argentina non ci sarebbe mai arrivato. Decise comunque di lasciare, il nome in questione, come buon auspicio ai figli e ai nipoti. Chi si trovò in mano il lascito oneroso ha ben creduto di adeguarsi solo in parte, preferendo concedere, agli altri che sono seguiti in queste poche generazioni che mi distanziano da lui, l’onore. Mio padre volle, però, essere fedele al comune antenato: all’anagrafe mi registrò come Facundo. Ho scoperto, con gli anni, che Facundo significa colui che parla bene. E, per poter ricambiare la cortesia a chi mi ha preceduto, optai da subito per un piccolo irrispettoso tradimento: invece di misurarmi nel parlato, scrivo. Lo faccio da sempre.
Facundo – il protagonista del racconto – è una persona che scrive sinceramente. L’oggetto della sua scrittura sono le parole stesse che servono a elaborare la scrittura delle sue storie. Il punto è che Facundo va alla ricerca del significato delle parole, prima che queste possano essere interpretate da qualcuno: coloro che le ascoltano, le decodificano e le attribuiscono un senso. Impresa assurda, appunto, ai limiti del verosimile. Ciò non sembra tuttavia impedirgli di provarci, di confrontarsi con il vuoto che avvolge l’assenza di contenuto, un niente sempre in agguato prima e dopo la comparsa dell’Altro. Dalla postfazione di Gianfranco Pecchinenda
Gianfranco Brevetto, laureato in sociologia e giornalista, ha ricoperto incarichi per attività didattiche presso le università di Napoli e Pisa. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni. È stato ideatore e curatore dei volumi Albert Camus. Mediterraneo e conoscenza (2003) e Georges Brassens. Una cattiva reputazione (2007). Ha tradotto dal francese: Maurice Halbwachs, I quadri sociali della memoria (1997), Pascal Bruckner, La tentazione dell’innocenza (2001), Emmanuel Bove, La Coalizione (2011) ed Emmanuel Bove, Il Presentimento (2012). Ha curato la prefazione del volume di P. Fisogni, Into the Void. The experience of emptiness between the Real and the Digital (2020). Dirige, dal 2016, la rivista “Exagere” (www.exagere.it).