Linfoma a cellule mantellari: bene l’aggiunta dell’inibitore di BTK di seconda generazione acalabrutunib alla chemioimmunoterapia standard di prima linea
L’aggiunta dell’inibitore di BTK di seconda generazione acalabrutunib alla chemioimmunoterapia standard di prima linea con bendamustina e rituximab migliora in modo statisticamente significativo e clinicamente rilevante la sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS) rispetto alla sola chemioimmunoterapia nei pazienti con linfoma mantellare.
Lo mostrano i risultati di un’analisi ad interim dello studio di fase 3 ECHO, comunicati dall’azienda produttrice del farmaco (AstraZeneca) in una nota. I risultati dettagliati del trial saranno poi presentati in uno dei prossimi congressi mondiali del settore e inoltrati alle autorità regolatorie.
Inoltre, sebbene i dati di sopravvivenza globale (OS) non fossero ancora maturi al momento dell’analisi, la nota riporta che si è già evidenziato un trend di miglioramento di questo endpoint con l’aggiunta di acalabrutinib alla terapia standard rispetto alla sola terapia standard.
Sul fronte della sicurezza, i dati sono risultati paragonabili a quelli già noti e non sono stati identificati nuovi segnali.
«Questi risultati positivi di PFS dello studio di fase 3 ECHO potrebbero fornire un nuovo standard di cura ai pazienti affetti da linfoma mantellare», ha dichiarato in un comunicato stampa il Principal Investigator dello studio, Michael Wang, direttore del Mantle Cell Lymphoma Program of Excellence della University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston. «Incorporare acalabrutinib nel trattamento di prima linea del linfoma mantellare darebbe a molti più pazienti l’opportunità di beneficiare della robusta efficacia e del buon profilo di sicurezza che abbiamo riscontrato con questo farmaco».
Lo studio ECHO
ECHO (NCT02972840) è un trial multicentrico in doppio cieco, controllato con placebo, tuttora in corso, che sta arruolando pazienti adulti di almeno 65 anni di età con linfoma mantellare precedentemente non trattato (598 pazienti). I soggetti eleggibili devono avere un linfoma a cellule mantellari, confermato patologicamente, con traslocazione cromosomica (t) (11;14)(q13;q32) e/o sovraespressione della ciclina D1, un performance status ECOG pari o inferiore a 2. Inoltre, devono accettare di utilizzare un metodo contraccettivo efficace durante il corso dello studio, per i 6 mesi successivi all’ultima dose di bendamustina e/o per i 12 mesi successivi all’ultima dose di rituximab.
Dopo l’arruolamento, i partecipanti sono assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al trattamento con acalabrutinib orale o un placebo due volte al giorno in cicli di 28 giorni. I pazienti di entrambi i bracci sono trattati anche con bendamustina (giorni 1 e 2) e rituximab (giorno 1 di ogni ciclo). Dopo sei cicli di acalabrutinib o placebo, i pazienti sono trattati con acalabrutinib o placebo più rituximab come terapia di mantenimento per 2 anni e poi con acalabrutinib o placebo in monoterapia fino alla progressione della malattia.
L’endpoint primario dello studio è la PFS secondo la classificazione di Lugano per il linfoma non-Hodgkin, mentre gli endpoint secondari comprendono il tasso di risposta globale, l’OS, la durata della risposta e il tempo alla risposta.
Acalabrutinib ha ottenuto l’approvazione con procedura accelerata da parte della Food and drug administration (Fda) per il linfoma mantellare dopo almeno una linea di terapia precedente nell’ottobre 2017. L’Fda ha anche approvato l’uso di acalabrutinib per il trattamento della leucemia linfatica cronica o del piccolo linfoma linfocitico nel novembre 2019. Inoltre, il farmaco ha ottenuto l’approvazione per il trattamento della leucemia linfatica cronica in Europa e della leucemia linfatica cronica e del linfoma a piccoli linfociti recidivato/refrattario in Cina e Giappone.
«Questi risultati di grande impatto nel linfoma a cellule mantellari, dimostrano che l’introduzione di acalabrutinib in prima linea ritarda in modo significativo la progressione della malattia e, per la prima volta, mostrano un prolungamento potenziale della sopravvivenza» nel linfoma mantellare, ha dichiarato nella nota Susan Galbraith, vicepresidente esecutivo della R&D Oncology di AstraZeneca. «Il miglioramento della PFS insieme con il profilo di sicurezza ben definito di acalabrutinib sono entrambi importanti mentre ci sforziamo di cambiare radicalmente i risultati nelle prime fasi del trattamento della malattia».