Diabete di tipo 2 e malattia renale cronica: semaglutide ha ridotto significativamente il rischio di eventi maggiori di malattia renale, esiti cardiovascolari e mortalità
Nei pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica il trattamento con semaglutide ha ridotto significativamente il rischio di eventi maggiori di malattia renale, esiti cardiovascolari e mortalità per tutte le cause. I risultati dello studio FLOW sono stati presentati al congresso 2024 della European Renal Association (ERA) e appena pubblicati sul New England Journal of Medicine (NEJM).
La malattia renale cronica (CKD) è una complicanza comune del diabete di tipo 2 che colpisce circa il 40% dei diabetici, oltre 800 milioni di persone in tutto il mondo, con un rischio che aumenta con la durata della malattia metabolica. È associata ad un aumento della morbilità e della mortalità, compreso un aumento del rischio sia di insufficienza renale che di eventi cardiovascolari, evidenziando la necessità fondamentale di condurre ricerche sulla sua prevenzione e sul trattamento. La presenza di insufficienza renale cronica inoltre comporta un aumento dei costi sanitari medi di quasi il 50% rispetto alla sola gestione del diabete.
Anche se le terapie attuali hanno dimostrato di conferire protezione renale e di ridurre i rischi cardiovascolari, molte persone continuano ad avere un declino della funzionalità renale e esiti avversi, da qui un interesse crescente nella valutazione di nuovi trattamenti, inclusi gli agonisti del recettore GLP-1.
Semaglutide in pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica
FLOW (Evaluate Renal Function with Semaglutide Once Weekly) è uno studio internazionale di fase IIIb in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo che ha coinvolto 3.533 pazienti, con un periodo di follow-up mediano di 3,4 anni.
È stato progettato per valutare l’efficacia e la sicurezza di semaglutide per via sottocutanea una volta alla settimana alla dose di 1,0 mg in confronto al placebo, in aggiunta alla dose massima indicata o tollerata di un bloccante del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), nel prevenire gli esiti renali gravi, in particolare l’insufficienza renale, la perdita sostanziale della funzionalità renale e il decesso per cause renali o cardiovascolari in soggetti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica.
Al basale i partecipanti avevano in media un’età di 66,6 anni, emoglobina glicata (HbA1c) del 7,8%, durata del diabete di 17,4 anni, velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) di 47,0 ml/min/1,73 m2 e rapporto mediano di albumina/creatinina nelle urine (UACR) di 568 mg/g. Secondo la classificazione delle linee guida Kidney Disease: Improving Global Outcomes, il 68,2% dei soggetti era a rischio molto elevato di progressione della malattia renale cronica.
L’obiettivo chiave dello studio era dimostrare il ritardo nella progressione della malattia renale cronica e ridurre il rischio di mortalità renale e cardiovascolare attraverso l’endpoint primario composito costituito da cinque componenti: insorgenza di una riduzione persistente di almeno il 50% dell’eGFR rispetto al basale, insorgenza di eGFR persistente inferiore a 15 ml/min/1,73 m2, inizio della terapia sostitutiva renale cronica, inclusa dialisi o trapianto di rene, decesso per malattia renale o decesso per malattia cardiovascolare.
Gli endpoint secondari includevano il tasso annuale di variazione dell’eGFR, gli eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, decesso per cause cardiovascolari) e decesso per tutte le cause.
Benefici su esiti renali, cardiovascolari e mortalità
I pazienti che hanno ricevuto semaglutide hanno ottenuto una riduzione del rischio del 24% relativo all’esito primario composito, inclusi esiti renali e decesso per cause cardiovascolari e renali, rispetto a quelli trattati con placebo (331 vs. 410 primi eventi, rapporto di rischio 0,76, P=0,0003). Questa riduzione del rischio era coerente sia per gli esiti di decesso specifici per il rene (primario (rapporto di rischio 0,79) che per quelli per causa cardiovascolare (morte per cause cardiovascolari (rapporto di rischio 0,71).
I risultati relativi a tutti gli esiti secondari di conferma erano a favore di semaglutide: la pendenza media annuale dell’eGFR era meno ripida (a indicare una diminuzione più lenta) di 1,16 ml/min/1,73 m2 nel gruppo semaglutide (P<0,001), il rischio di eventi cardiovascolari maggiori era del 18% inferiore (rapporto di rischio 0,82, P=0,029) e il rischio di decesso per qualsiasi causa più basso del 20% (rapporto di rischio 0,80, P=0,01).
Eventi avversi gravi sono stati segnalati in una percentuale inferiore di partecipanti nel gruppo semaglutide rispetto al gruppo placebo (49,6% contro 53,8%).
«L’uso di semaglutide nelle persone con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica può ridurre il rischio di esiti renali clinicamente importanti e di eventi cardiovascolari, così come il decesso per cause cardiovascolare e per tutte le cause» ha sottolineato il primo autore dello studio Vlado Perkovic, della University of New South Wales, Sydney, Australia. «Questi benefici si traducono in un impatto clinico profondo, dal momento che salvano reni, cuori e vite dei pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica. Inoltre i risultati rassicuranti sulla sicurezza supportano ulteriormente il forte valore potenziale di semaglutide in questa popolazione».
«Questi risultati offrono una grande promessa nel rimodellare le strategie di trattamento per i soggetti ad alto rischio di complicanze legate al diabete, offrendo una nuova strada per la protezione renale e cardiovascolare» ha aggiunto.
Referenze
Perkovic V et al. Effects of Semaglutide on Chronic Kidney Disease in Patients with Type 2 Diabetes.