L’impronta di carbonio associata al trattamento con inalatore a polvere secca per asma è inferiore rispetto a quella associata all’impiego di inalatori spray predosati pressurizzati
L’impronta di carbonio associata al trattamento con inalatore a polvere secca (DPI) di budesonide-formoterolo al bisogno è significativamente inferiore rispetto a quella associata all’impiego di inalatori spray predosati pressurizzati (pMDI) di salbutamolo al bisogno e dei pMDI di budesonide più salbutamolo DPI al bisogno. Questi sono alcuni dei risultati di un’analisi post-hoc dello studio NOVEL Start, condotta su pazienti adulti con asma lieve e pubblicato sull’European Respiratory Journal.
Razionale e obiettivi dello studio
L’impronta di carbonio (o carbon footprint) è la misura della quantità di emissioni di gas serra rilasciate nell’atmosfera dalle attività umane, ovvero una misura del nostro contributo al riscaldamento globale di origine antropica.
La lotta al riscaldamento globale e ai mutamenti climatici passa anche dall’uso più consapevole di presidi terapeutici come i dispositivi utilizzati per il trattamento delle malattie respiratorie croniche, quale l’asma.
Gli HFC, introdotti come gas propellente nei pMDI in alternativa ai clorofluorocarburi (CFC) banditi dal protocollo di Montreal del 1987, hanno trovato un largo impiego in ambito medico che si è tradotto in emissioni di gas serra cresciute al ritmo dell’8% per anno.
I DPI, non richiedendo un gas propellente dato che l’erogazione del farmaco in polvere è determinata dall’inalazione esercitata dal paziente attraverso il dispositivo, sono classificati come “inalatori a basso potenziale di riscaldamento globale”. L’impronta di carbonio dei DPI è 25 volte inferiore rispetto ai pMDI ed è sostanzialmente legata al ciclo produttivo e allo smaltimento.
Su questi presupposti è stato concepito questo studio, che si è proposto di verificare quale trattamento per l’asma per adulti con asma lieve si associasse ad ua minore impronta di carbonio (e quindi ad una riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente).
A tal scopo, i ricercatori hanno confrontato budesonide-formoterolo DPI al bisogno, salbutamolo pMDI al bisogno e budesonide DPI di mantenimento più salbutamolo pMDI al bisogno.
L’impronta di carbonio legata gestione dell’asma costituiva l’outcome primario dello studio.
Per l’analisi post-hoc, i ricercatori hanno utilizzato i dati dello studio Novel START, che comprendeva 668 partecipanti adulti con asma diagnosticato dal medico.
Novel START era un trial multicentrico a gruppi paralleli, in aperto, condotto in Australia, Italia, Nuova Zelanda e Regno Unito.
I partecipanti (di età compresa tra i 18 e i 75 anni; gestiti con terapia a base di soli beta2-agonisti a breve durata d’azione [SABA]) erano stat randomizzati, secondo uno schema 1:1:1 a trattamento con:
– budesonide-formoterolo DPI 200/6 mcg, 1 inalazione al bisogno;
– salbutamolo pMDI 100 mcg, 2 inalazioni al bisogno;
– budesonide DPI 200 mcg, 1 inalazione due volte al giorno, più salbutamolo pMDI 100 mcg, 2 inalazioni al bisogno
L’impronta di carbonio nel trial era espressa in chilogrammi di emissione equivalenti di biossido di carbonio (kgCO2e) per persona all’anno.
Risultati principali
Dall’analisi è emerso che la combinazione budesonide-formoterolo DPI al bisogno era associata ad un’impronta di carbonio inferiore del 95,8% rispetto al salbutamolo pMDI al bisogno (media quadratica: 1,1 vs 26,2 kgCO2e; differenza: -25; IC95%: da -29,7 a -20,4) e ad un’impronta di carbonio inferiore del 93,6% rispetto a budesonide DPI di mantenimento più salbutamolo pMDI al bisogno (media quadratica: 1,1 vs 17,3 kgCO2e; differenza: -16,2; IC95%: da -20,9 a -11,6) (P <0,001 per tutti i confronti).
Non solo: in un’analisi di sensibilità che ha utilizzato i valori dei gas serra associati alle attività legate all’ assistenza sanitaria, i risultati sono stati simili; la formulazione budesonide-formoterolo DPI al bisogno è stata associata ad un’impronta di carbonio inferiore dell’87,0% rispetto al salbutamolo pMDI al bisogno e ad un’impronta di carbonio inferiore dell’81,2% rispetto alla budesonide DPI di mantenimento più salbutamolo pMDI al bisogno.
In entrambe le analisi primarie e di sensibilità, “…l’impronta di carbonio più elevata nei 2 gruppi con salbutamolo come terapia reliever è stata in gran parte determinata dall’uso di salbutamolo pMDI”, hanno osservato i ricercatori. “Il contributo delle attività di assistenza sanitaria legate agli eventi di esacerbazione asmatica all’impronta di carbonio totale è stato modesto in tutti e 3 i gruppi di trattamento”, hanno aggiunto.
In particolare, l’effetto del controllo dei sintomi al basale sull’impronta di carbonio non è risultato statisticamente significativo.
Riassumendo
Pur con alcuni limiti metodologici intrinseci ammessi dagli stessi autori (disegno post-hoc dello studio, tassi di sovrautilizzo di SABA in Novel START di gran lunga inferiori a quelli comunemente riportati nella pratica clinica, tali da creare un pregiudizio a favore del salbutamolo al bisogno), i ricercatori hanno concluso che “… la formulazione budesonide-formoterolo DPI al bisogno è associata ad un’impronta di carbonio nettamente inferiore rispetto al salbutamolo pMDI al bisogno e alla budesonide DPI più salbutamolo pMDI di mantenimento”.
Ciò mostra come l’impiego dei pMDI sia la ragione della maggiore impronta di carbonio da loro osservata nello studio.
Bibliografia
Hatter L et al. The carbon footprint of as-needed budesonide-formoterol in mild asthma: a post hoc analysis. Eur Respir J. Published online April 12, 2024. doi:10.1183/13993003.01705-2023