Leucemia mieloide acuta: venetoclax con ipometilante efficace e sicuro


In pazienti anziani con leucemia mieloide acuta, il trattamento con la combinazione dell’inibitore di Bcl-2 venetoclax e un agente ipometilante è sicuro ed efficace

Leucemia mieloide acuta

In pazienti decisamente anzianidi età pari o superiore a 80 anni, affetti da leucemia mieloide acuta, il trattamento con la combinazione dell’inibitore di Bcl-2 venetoclax e un agente ipometilante (HMA) è sicuro ed efficace tanto quanto lo è nei pazienti più giovani.

Lo rivela un’analisi condotta in un contesto di real life, in quattro centri statunitensi e due centri italiani (l’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” di Meldola e l’Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli” di Bologna), i cui risultati sono stati pubblicati di recente sulla rivista Blood Neoplasia.

Questa analisi retrospettiva mostra, infatti, che in pazienti ottuagenari e nonagenari affetti da leucemia mieloide acuta trattati con venetoclax e un HMA, combinazione che rappresenta lo standard of care per i pazienti anziani con leucemia mieloide acuta, la sopravvivenza è paragonabile a quella osservata nei pazienti più giovani trattati con la combinazione nello studio VIALE-A.

La sopravvivenza globale (OS) mediana è risultata di 8,1 mesi su un totale di 154 pazienti con età mediana di 82 anni (range: 80-92) e di 13,2 mesi tra gli 87 pazienti che avevano risposto alla terapia di combinazione, scrivono Justin Watts, del Sylvester Comprehensive Cancer Center dell’Università di Miami, e i colleghi. Inoltre, dopo un follow-up mediano di 7,7 mesi, il 23% dei pazienti era ancora in remissione e il 20% in trattamento.

«Esiste certamente un sottogruppo di questi pazienti che può essere trattato», ha dichiarato Watts in un’intervista. «I tassi di risposta, anche in una popolazione ad alto rischio e soprattutto nei pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi o in quelli con leucemia mieloide acuta de novo, sono stati altrettanto buoni quanto quelli ottenuti nei pazienti più giovani dello studio VIALE-A.

La questione è quanto a lungo manterranno la risposta al trattamento e quale sarà la loro sopravvivenza. Inoltre, circa un quarto di quei pazienti ha mostrato una sopravvivenza prolungata, e quelli in cui si è ottenuta una risposta potrebbero avere una sopravvivenza piuttosto lunga».

Combinazione approvata grazie ai risultati dello studio VIALE-E
Grazie ai risultati positivi dello studio VIALE-A la combinazione di venetoclax con azacitidina, decitabina o citarabina a basso dosaggio è stata approvata dalla Food and drug administration (Fda) nel 2020 per il trattamento della leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi negli adulti di età pari o superiore a 75 anni o in quelli non idonei al trattamento con una chemioterapia intensiva.

Nel giugno 2021 venetoclax ha ricevuto anche l’approvazione europea, in combinazione con azacitidina, per il trattamento di pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi non idonei per la chemioterapia intensiva.

Nello studio VIALE-A, l’OS mediana è risultata di 14,7 mesi nel braccio trattato con azacidina e venetoclax rispetto a 9,6 mesi nel braccio di controllo, trattato con azacidina più un placebo. L’età mediana dei partecipanti al trial era di 76 anni e il 60% circa dei pazienti aveva 75 anni o più.

Primo studio a valutare la combinazione in pazienti ultraottuagenari
Spiegando il razionale dello studio pubblicato su Blood Neoplasia, gli autori osservano che, sebbene l’uso degli HMA abbia portato a un miglioramento degli outcome, la loro combinazione con venetoclax offre ai pazienti più anziani un’opportunità di aumentare ulteriormente la sopravvivenza, se tollerano il trattamento.

Infatti, sebbene sia meglio tollerata rispetto alla chemioterapia intensiva, la combinazione di venetoclax con un HMA può provocare una mielosoppressione significativa, oltre a complicanze infettive e non infettive. «La misura in cui questo può limitare il suo impiego in una popolazione di età estremamente avanzata (>80 anni) non è nota», scrivono gli autori, aggiungendo che il loro studio è il primo a valutare la tollerabilità e l’efficacia della combinazione in una popolazione esclusivamente di ottuagenari e nonagenari.

L’analisi nella real life
Gli autori hanno analizzato i dati delle cartelle cliniche elettroniche di 154 pazienti con leucemia mieloide acuta trattati per la prima volta con venetoclax più un HMA tra marzo 2015 e aprile 2022. Oltre i tre quarti dei pazienti inclusi nell’analisi (il 77%) presentavano una leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi, il 10% una malattia recidivata o refrattaria e nella restante parte lo stato della malattia non era noto.

Inoltre, più della metà dei pazienti (53%) aveva una malattia a rischio elevato, il 33% a rischio intermedio e l’8% a basso rischio (il 6% un rischio sconosciuto), secondo la classificazione del rischio dello European LeukemiaNet del 2017.

Tra i pazienti con malattia di nuova diagnosi, il 56% non aveva una storia di sindrome mielodisplastica o altra neoplasia mieloide pregressa, mentre il restante 44% sì.

Per quanto riguarda la dose di venetoclax da somministrare a questi pazienti «sembra che una dose inferiore sia adeguata, anche se assumono meno farmaco», ha detto l’autore. «Si può somministrare loro meno terapia, perché è molto efficace, anche se la somministriamo per periodi più brevi».

Il 67% dei pazienti ha iniziato il trattamento con la dose e lo schema di trattamento standard (venetoclax 400 mg per 28 giorni e azacitidina 75 mg/m2 per 7 giorni o decitabina 20 mg/m2 per 5 giorni) per il primo ciclo. Nel 72% dei pazienti successivamente sono state effettuate una riduzione del dosaggio di venetoclax, della durata del trattamento e/o un’estensione del ciclo.

In tutta la coorte, la dose mediana finale di venetoclax è stata di 400 mg per 21 giorni, ripetuta ogni 35 giorni. Inoltre, i pazienti che hanno mostrato una risposta sono stati trattati con una dose mediana finale di venetoclax di 200 mg per 21 giorni, in cicli di 35 giorni. Una durata complessiva di venetoclax di 14 giorni o più breve, riferiscono gli autori, è risultata associata a un’OS migliore rispetto a un trattamento di oltre 14 giorni.

Durata della risposta buona in un sottogruppo di pazienti
Il follow-up mediano di 7,7 mesi, piuttosto breve, è un limite dello studio riconosciuto dagli autori. Tuttavia, gli autori stessi sottolineano che per i pazienti ancora vivi al momento del cut-off dei dati il follow-up mediano è stato di 18,6 mesi «il che sottolinea la notevole durata della risposta in un sottogruppo di pazienti».

Nella popolazione complessiva, il tasso di remissione completa con recupero ematologico incompleto (CRc) è risultato del 57% e il tasso di risposta completa (CR) del 41%, mentre nei pazienti in cui si è valutata la risposta al trattamento, i tassi sono risultati rispettivamente del 63% e 46%. Dei pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi senza una precedente sindrome mielodisplastica, il 73% dei pazienti ha raggiunto una CR o una CRc.

Una malattia a rischio basso e la presenza di mutazioni di NPM1 e di FLT3 sono risultate associate a tassi di risposta migliori. Invece, i pazienti con leucemia mieloide acuta recidivata/refrattaria, con una storia pregressa di sindrome mielodisplastica, che avevano effettuato una precedente terapia a base di HMA, portatori di mutazioni di TP53 e con un cariotipo complesso hanno mostrato tassi di risposta inferiori.

Profilo di sicurezza simile allo studio registrativo
«Il profilo di sicurezza (della combinazione con venetoclax, ndr), persino in questo gruppo di pazienti più anziani, che sono più fragili e con più comorbidità, è risultato abbastanza simile a quello dello studio VIALE-A in termini di tassi di mortalità a 30 e 60 giorni (8,5% e 17%, rispettivamente)», ha sottolineato Watts. «Quindi, la combinazione si è dimostrata tollerabile nella maggior parte di questi pazienti».

Durante il trattamento il 50% dei pazienti ha sviluppato anemia di grado 3/4, il 48% trombocitopenia, il 53% neutropenia e il 46% neutropenia febbrile. La mortalità è stata attribuita alla progressione/ricaduta di malattia nel 60% dei casi.

Gli autori hanno concluso affermando che sono necessarie ulteriori indagini per definire i sottoinsiemi di pazienti con maggiori probabilità di risposta duratura (come quelli con mutazioni di NPM1, IDH1/2 e RUNX1) rispetto a coloro che potrebbero trarre beneficio da una minore esposizione a venetoclax (con mutazioni di TP53 e sindrome mielodisplastica precedente), al fine di definire meglio come trattare in modo intensivo gli ottuagenari e i nonagenari con venetoclax e HMA.

Bibliografia
E. Madarang, et al. Venetoclax and hypomethylating agents in octo- and nonagenarians with acute myeloid leukemia. Blood Neoplasia 2024. leggi