Tumore del colon-retto metastatico: riutilizzo di terapia anti-EGFR efficace


Tumore del colon-retto: il riutilizzo di una terapia anti-EGFR dopo la sua perdita di efficacia può consentire di controllare la malattia

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Il riutilizzo di una terapia anti-EGFR dopo la sua perdita di efficacia può consentire di controllare la malattia e prolungare i parametri di sopravvivenza in pazienti con tumore del colon-retto metastatico senza mutazioni di RAS/BRAF (cioè wild-type). Lo concludono su JAMA Network Open Davide Ciardiello, della divisione di Oncologia Medica Gastrointestinale e Tumori Neuroendocrini dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, e colleghi, dopo avere condotto un’analisi dei dati individuali raggruppati dei pazienti inclusi in quattro trial clinici italiani.

I presupposti dell’analisi
«Il trattamento con anticorpi monoclonali anti-recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) in combinazione con la chemioterapia è il trattamento di prima linea standard per i pazienti con cancro del colon-retto metastatico RAS/BRAF wild-type», scrivono gli autori del lavoro. Tuttavia, aggiungono i ricercatori, nonostante un’attività antitumorale iniziale, con un elevato tasso di risposta obiettiva, i pazienti vanno incontro quasi inevitabilmente a una progressione della malattia a causa dell’acquisizione di resistenza da parte delle cellule tumorali.

«Dopo la progressione della malattia, durante la cosiddetta vacanza terapeutica anti-EGFR, i cloni resistenti potrebbero decadere, ripristinando così potenzialmente la sensibilità al blocco dell’EGFR. Di conseguenza, nell’ultimo decennio, diversi gruppi hanno studiato il ruolo del rechallenge con una terapia anti-EGFR nei pazienti con tumore del colon-retto metastatico refrattario, con RAS/EGFR wild-type», proseguono gli autori. «La nostra analisi ha evidenziato come, in questa tipologia di pazienti, il riutilizzo di terapie anti-EGFR abbia mostrato una promettente attività anti-tumorale, che è risultata più efficace in assenza di metastasi, specialmente a livello epatico».

Lo studio
Per la loro analisi, i  ricercatori hanno raggruppato i dati di 114 pazienti con tumore del colon-retto metastatico con RAS/BRAF wild-type sottoposti a un ritrattamento della neoplasia con anti-EGFR tra il 2015 e il 2022 e sono stati seguiti con un follow-up di durata mediana di 28 mesi (range: 25,5 -35,0).

I pazienti sono stati selezionati da quattro studi non randomizzati di fase 2, CAVE, VELO, CRICKET e CHRONOS, in base allo stato mutazionale di RAS/BRAF valutato con biopsia liquida tramite analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA).

La coorte analizzata comprendeva 48 pazienti dello studio CAVE trattati con cetuximab più avelumab, 27 pazienti dello studio CHRONOS trattati con panitumumab in monoterapia, 26 pazienti dello studio VELO trattati con trifluridina-tipiracile più panitumumab, 13 pazienti dello studio CRICKET trattati con irinotecan plus cetuximab.

Endpoint dell’analisi di Ciardiello e colleghi erano la sopravvivenza globale (OS), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), il tasso di risposta obiettiva (ORR) e il tasso di controllo della malattia (DCR). Inoltre, gli autori hanno eseguito un’analisi esplorativa di sottogruppi valutando diverse variabili cliniche ed è stata analizzata la sicurezza.

Risultati dell’analisi
Ottantatre pazienti (72,8%) avevano effettuato due precedenti linee di terapia e 31 (27,2%) tre o più trattamenti antitumorali. Il tipo di precedente trattamento anti-EGFR era bilanciato nella popolazione in studio: 57 pazienti (50%) erano stati trattati con cetuximab, 56 pazienti (49%) con panitumumab e uno (0,9%) con entrambi i farmaci.

L’ORR è risultato del 17,5% (20 pazienti), mentre il DCR del 72,3% (82 pazienti).

La PFS mediana è risultata di 4 mesi (IC al 95% 3,2 – 4,7 mesi) e l’OS mediana di 13,1 mesi (IC al 95% 9,5-16,7 mesi). Un paziente ha ottenuto una risposta completa, 19 pazienti una risposta parziale e 65 pazienti una stabilizzazione della malattia.

Gli eventi avversi più comuni di grado 3/4 correlati al trattamento anti-EGFR sono risultati il rash cutaneo (21%) e la diarrea (8%). La neutropenia di grado 3-4 è risultata frequente solo in coloro che erano stati sottoposti anche alla chemioterapia come backbone (17%).

Risultati migliori in assenza di metastasi epatiche
Per quanto riguarda le variabili cliniche, 36 pazienti (31,6%) avevano tre o più siti metastatici diversi. Il fegato è risultato il sito metastatico più frequente (63,2%), seguito dal polmone (55,3%), dai linfonodi (41,2%) e dal peritoneo (22,8%).

La variabile più rilevante in termini di outcome è risultata la metastatizzazione a livello epatico. Il sottogruppo di pazienti senza coinvolgimento epatico, infatti, ha avuto risultati clinici migliori.

La PFS mediana è risultata di 5,7 mesi (IC al 95%: 4,8-6,7 mesi) nei pazienti senza metastasi epatiche contro 3,6 mesi (IC al 95%: 3,3-3,9 mesi) nei pazienti con metastasi epatiche (HR 0,56; IC al 95% 0,37-0,83; P = 0,004), mentre l’OS mediana è risultata rispettivamente di 17,7 mesi (IC al 95% 13-22,4 mesi) contro 11,5 mesi (IC al 95% 9,3-13,9 mesi) nei pazienti con metastasi epatiche (HR 0,63; IC al 95% 0,41-0,97; P = 0,04).

Bibliografia
D. Ciardiello, et al. Anti-EGFR rechallenge in patients with refractory ctDNA RAS/BRAF wt metastatic colorectal cancer: A nonrandomized controlled trial. JAMA Netw Open. Published online April 9, 2024; doi:10.1001/jamanetworkopen.2024.5635 leggi