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Epilessia: studio MNESYS scopre nuovo gene collegato

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Epilessia: studio MNESYS scopre un nuovo gene collegato. Anche il microbiota intestinale coinvolto nel processo

Una tempesta elettrica nel cervello che attraversa i circuiti neurali facendo attivare migliaia di cellule contemporaneamente, ecco cosa accade durante una crisi epilettica. Quando tutto ciò è accompagnato da convulsioni si parla di epilessia. Una malattia neurologica che nei Paesi industrializzati interessa mediamente 1 persona su 100, ma che colpisce prevalentemente i bambini: nel 60% dei casi la malattia insorge, infatti, prima della pubertà, entro i 13-14 anni, con possibili conseguenze negative sullo sviluppo psicomotorio e ricadute sul piano sociale. Nonostante ciò, il trattamento delle epilessie in età pediatrica è ostacolato dalla bassa specificità delle terapie disponibili. Sebbene gran parte delle epilessie non presentino né una specifica causa né una chiara trasmissione ereditaria, in circa il 40% dei casi è possibile identificare una chiara origine genetica, ovvero la presenza di varianti in geni direttamente correlati alla funzione cerebrale. “Storicamente, gli studi di efficacia dei farmaci contro le convulsioni sono stati condotti sugli adulti e, solo in un secondo momento e non in modo sistematico, su soggetti in età pediatrica. Il giudizio di efficacia nel bambino è quindi prodotto, in modo assai indiretto, tramite un processo deduttivo derivante da studi sugli adulti, inevitabilmente condotti su popolazioni con forme di epilessia scarsamente paragonabili a quelle tipiche dell’età infantile– sottolinea Maurizio Taglialatela, ordinario di Farmacologia dell’Università “Federico II” di Napoli e coordinatore dello Spoke 3 -. Uno degli obiettivi che si pone lo Spoke 3 di MNESYS dedicato a “Omeostasi neuronale e interazione cervello-ambiente” è quindi proprio quello di andare a studiare i meccanismi responsabili dell’epilessia e di comprendere come questi possano offrire nuove opportunità di trattamento per l’epilessia pediatrica”.

A tal proposito, il lavoro De novo variants in KCNA3 cause developmental and epileptic encephalopathy, pubblicato su Annals of Neurology a novembre 2023, frutto di una collaborazione multidisciplinare tra ricercatori italiani, tedeschi, olandesi, inglesi, statunitensi e australiani e coordinato dai gruppi di Maurizio Taglialatela e di Johannes Lemke dell’Università di Lipsia, si è concentrato sulla genetica delle encefalopatie epilettiche e dello sviluppo in età pediatrica e ha individuato come variazioni nel gene dei canali del potassio KCNA3, proteine della membrana cellulare, possano causare queste patologie. “Per fare ciò sono stati selezionati individui portatori di una variante del KCNA3 e l’86% dei quali ha manifestato encefalopatie epilettiche e dello sviluppo con marcato ritardo del linguaggio con o senza ritardo motorio, disabilità intellettiva, epilessia e disturbo dello spettro autistico. Lo studio ha inoltre mostrato che il farmaco antidepressivo fluoxetina potrebbe rappresentare un potenziale trattamento mirato per gli individui portatori di alcune varianti di KCNA3”, spiega Taglialatela.

Anche la ricerca Identification of an epilepsy-linked gut microbiota signature in a pediatric rat model of acquired epilepsy pubblicata su Neurobiology of Disease a marzo 2024, condotta in collaborazione tra i gruppi coordinati da Pasquale Striano dell’Università di Genova e dell’IRCCS Gaslini di Genova e di Teresa Ravizza dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, ha studiato la connessione tra microbiota intestinale e cervello come potenziale meccanismo causale nell’epilessia acquisita. “È stato indotto uno stato epilettico in modelli animali ed è stata monitorata la presenza di crisi spontanee 5 mesi dopo l’episodio iniziale. Il 56% ha sviluppato epilessia e, a un confronto con le cavie che non hanno mostrato crisi e con quelli del gruppo di controllo, sono state riscontrate alterazioni strutturali, cellulari e molecolari che riflettono un intestino disfunzionale, specificamente associato all’epilessia – riferisce Ravizza dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, tra gli autori dello studio -. Lo studio fornisce, quindi, nuove prove di alterazioni intestinali a lungo termine, insieme a cambiamenti metabolici legati al microbiota, che si verificano specificamente nei ratti che sviluppano epilessia dopo una lesione cerebrale all’inizio della propria vita”.

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