Infarto miocardico acuto: i risultati dello studio EYESHOT-2


Presentati i risultati dello studio EYESHOT-2, un registro nazionale multicentrico prospettico che ha arruolato più di 2800 pazienti con infarto miocardico acuto

Beta-bloccanti a lungo termine post-infarto miocardico: questa pratica prescrittiva consolidata è ora messa in discussione

Nel corso del 55° Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO, il più importante evento di Cardiologia in Italia sono stati presentati gli attesissimi risultati dello studio EYESHOT-2, un registro nazionale multicentrico prospettico che ha arruolato in 4 settimane, nel mese di febbraio 2024, più di 2800 pazienti consecutivi con diagnosi di infarto miocardico acuto ricoverati in 183 terapie intensive cardiologiche italiane.

Il prof. Leonardo De Luca – Vice Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia – ha spiegato: “Lo studio è una fotografia sulla gestione intraospedaliera dei pazienti ricoverati per infarto del miocardio nel nostro Paese. L’età media della popolazione di pazienti con infarto arruolati nello studio è pari a 69 anni, il 37% con più di 75 anni ed il 27% di sesso femminile. Il 7.2% dei pazienti aveva meno di 50 anni (8.9% con STEMI e 5.6% con NSTEMI). Tra i pz con età inferiore a 50 anni, la maggioranza aveva una coronaropatia con interessamento di un solo vaso (53.2%) ed il 9.5% presentava coronarie esenti da lesioni significative, nonostante la diagnosi finale di infarto. Per quanto riguarda le forme di infarto che non richiedono una riapertura immediata della coronaria responsabile dell’infarto (NSTEMI), il ricorso precoce (entro 24 ore) all’esame coronografico è risultato più frequente nella popolazione di pazienti più giovani (età <55 anni) e nei centri con a disposizione una sala di emodinamica in situ, mentre è risultato indipendente dal rischio stimato di eventi avversi, che invece dovrebbe essere il primo motivo per scegliere una strategia precoce. Abbiamo registrato un aumento significativo del ricorso alla rivascolarizzazione percutanea (PCI) ed una riduzione dei tempi dall’ingresso in ospedale alla PCI (soprattutto nei centri dotati di laboratorio di emodinamica che sono circa la metà delle cardiologie italiane); in generale, il 90% dei pazienti con infarto è stato sottoposto ad angioplastica con un tasso di casi trattati in maniera “conservativa” che è inferiore rispetto a quello registrato nella precedente edizione dello studio che risale al 2015. Confrontando la mortalità intraospedaliera con lo studio condotto nel 2015 si è osservata una riduzione dal 2.3% all’1.8% nel NSTEMI e dal 3.9 al 2.8 nello STEMI (i tassi di mortalità intraospedaliera più bassi dei registri ANMCO condotti negli ultimi 25 anni). Infine, è importante sottolineare che lo studio EYESHOT ha mostrato come, in generale, tutti i trattamenti raccomandati sono altamente prescritti. Scendendo nel dettaglio della terapia per la riduzione del colesterolo, rispetto allo studio condotto 9 anni fà, vi è un maggiore impiego della terapia di combinazione (statina+ ezetimibe utilizzata in più del 60% dei pazienti dimessi), mentre nuovi farmaci per l’ipercolesterolemia come gli inibitori di PCSK9 sono prescritti alla dimissione solo nel 5% dei casi.”