Adenocarcinoma gastrico: grandi benefici con zolbetuximab in prima linea


Adenocarcinoma gastrico avanzato CLDN18.2+/HER2-: con aggiunta di zolbetuximab in prima linea rischio di progressione o morte ridotto del 35%

tumore dello stomaco adenocarcinoma

In pazienti con adenocarcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea localmente avanzato, non resecabile, o metastatico, positivo per la proteina claudina 18.2 (CLDN18.2+) ed HER2-negativo (HER2-), l’aggiunta di zolbetuximab, un anticorpo monoclonale sperimentale first-in-class diretto contro CLDN18.2, alla chemioterapia di prima linea con il regime mFOLFOX6 continua a dimostrare un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza, sia quella globale (OS) sia quella libera da progressione (PFS), rispetto al solo regime mFOLFOX6, più un placebo.

Lo confermano i nuovi risultati dello studio di fase 3 SPOTLIGHT, presentati di recente al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago.

Infatti, nella popolazione trattata secondo quanto previsto dal protocollo, il trattamento con zolbetuximab combinato con la chemioterapia ha mostrato di ridurre del 35% il rischio di progressione della malattia o decesso e del 31% il rischio di decesso rispetto alla sola chemioterapia.

Con zolbetuximab, «abbiamo a disposizione un nuovo farmaco mirato che, associato alla chemioterapia, incrementa la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale (in questi pazienti, ndr)», ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar Sara Lonardi, Padova.

«Pertanto, quando sarà prescrivibile, sarà necessario essere attrezzati per testare i pazienti per la claudina 18.2 e verificare se hanno un tumore che presenta un’iperespressione di questa proteina. In questo caso, il trattamento con zolbetuximab più mFOLFOX6 è certamente la scelta più adeguata per dare la massima possibilità di controllo della malattia e di sopravvivenza nel tempo».

Zolbetuximab e il suo bersaglio claudina
Il trattamento standard di prima linea per i pazienti con adenocarcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea metastatico, HER2-negativo, è tipicamente rappresentato dalla chemioterapia con mFOLFOX6 e dall’immunoterapia, ma esiste ancora un bisogno insoddisfatto per questa popolazione di pazienti, soprattutto in termini di terapie mirate contro bersagli specifici. E attualmente l’OS mediana di questi pazienti è di circa un anno.

CLDN18.2 è una proteina delle giunzioni serrate espressa nelle cellule della mucosa gastrica normale e mantenuta anche nelle cellule del tumore gastrico o della giunzione gastroesofagea in stadio avanzato. Dato che può essere esposta sulla superficie di queste cellule, rappresenta un bersaglio promettente per il trattamento di questa neoplasia.

Zolbetuximab è un anticorpo monoclonale IgG1 chimerico diretto contro CLDN18.2, il primo del genere, e ha un doppio meccanismo d’azione. Infatti, è in grado di indurre sia citotossicità cellulare anticorpo-dipendente sia citotossicità dipendente dal complemento.

La molecola ha già dato risultati promettenti, in combinazione con il regime chemioterapico EOX (epirubicina, oxaliplatino e capecitabina), nello studio FAST, un trial di fase 2b in cui questo trattamento ha dimostrato di prolungare la sopravvivenza nei pazienti con tumore gastrico o della giunzione gastroesofagea localmente avanzato o metastatico CLDN18.2-positivo. In questo trial, la PFS mediana è risultata di 9 mesi con zolbetuximab più EOX contro 5,7 mesi con il solo EOX, mentre l’OS mediana è risultata rispettivamente di 16,5 mesi e 8,9 mesi. Da qui le basi per passare alla sperimentazione di fase 3 nello studio SPOTLIGHT.

Lo studio SPOTLIGHT
SPOTLIGHT (NCT03504397) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha coinvolto 565 pazienti arruolati in 220 centri di Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Europa, Sudamerica e Asia, affetti da adenocarcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea localmente avanzato, non resecabile, o metastatico, CLDN18.2+ ed HER2-, non trattati in precedenza. Per poter essere arruolati, i partecipanti dovevano presentare una colorazione da moderata a forte di CLDN18.2 all’immunoistochimica in almeno il 75% delle cellule tumorali e avere un performance status (PS) ECOG pari a 0 o 1.

I pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con zolbetuximab ev alla dose di 800 mg/m2 il giorno 1 del ciclo 1, e poi alla dose di 600 mg/m2 il giorno 22 del ciclo 1 e i giorni 1 e 22 dei cicli successivi, ogni 3 settimane, più il regime mFOLFOX6 ev ogni 2 settimane per quattro cicli di 42 giorni ciascuno oppure un placebo più il regime mFOLFOX6 secondo la stessa schedula; i pazienti che non andavano in progressione continuavano il trattamento con zolbetuximab o il placebo più acido folinico e 5-fluoriuracile a discrezione dello sperimentatore, fino al raggiungimento della progressione o dei criteri di interruzione.

L’endpoint primario era la PFS valutata in modo centralizzato da un comitato di revisori indipendenti (IRC) secondo i criteri RECIST v1.1, mentre l’OS era un endpoint secondario chiave; ulteriori endpoint secondari erano il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta (DOR) e la sicurezza. Analisi ad hoc hanno valutato la PFS e la OS nella popolazione Per-Protocol (PPS; pazienti aderenti al protocollo) e il tempo alla progressione (TTP) in base alla migliore risposta complessiva (BOR).

Risultati migliorati con un follow-up più lungo
Per quanto riguarda le caratteristiche della popolazione studiata, al basale l’età mediana era di 62 anni (range: 27-83) nel braccio zolbetuximab e 60 anni (range: 20-86) nel braccio placebo, mentre in entrambi i bracci la maggioranza dei pazienti (circa il 62%) era di sesso maschile e poco meno di un terzo (circa il 31%) era asiatico.

La sede primaria della malattia era lo stomaco nella maggioranza dei casi (77,4% nel braccio zolbetuximab e 74,5% nel braccio placebo). Inoltre, la maggior parte dei pazienti presentava fino a due organi interessati da metastasi (circa il 77% in entrambi i bracci) e non era stato precedentemente sottoposto a gastrectomia (oltre il 70% in entrambi i bracci). Inoltre, secondo la classificazione di Lauren, la malattia era di tipo diffuso nel 29,1% dei pazienti del braccio zolbetuximab e nel 42,1% dei controlli, di tipo intestinale rispettivamente nel 24,8% e 23,7% dei pazienti e mista/altro rispettivamente nel 45,9% e 39,8%. Più della metà dei partecipanti aveva un PS ECOG pari a 1 (54,8% 58,6%).

Lo studio SPOTLIGHT aveva già dimostrato in analisi precedenti che zolbetuximab aggiunto alla chemioterapia di prima linea migliora in modo significativo sia la PFS sia l’OS nei pazienti con adenocarcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea localmente avanzato, non resecabile o metastatico, CLDN18.2+ ed HER2-. Ora al congresso dell’ASCO Kohei Shitara, autore principale dello studio e oncologo medico presso il National Cancer Center Hospital East di Kashiwa (Giappone), ha presentato i risultati dell’analisi finale dell’OS.

Miglioramento della sopravvivenza con zolbetuximab
Al momento del cut-off dei dati (8 settembre 2023), 283 pazienti erano stati assegnati al braccio zolbetuximab e 282 al braccio placebo e il follow-up mediano era rispettivamente di 18,04 mesi contro 17,91 mesi per la PFS e 33,28 contro 31,38 mesi per l’OS.

L’analisi presentata a Chicago ha evidenziato che le mediane di PFS e OS hanno continuato ad essere significativamente più lunghe nel braccio zolbetuximab rispetto al braccio placebo, sia nella popolazione Intention-To-Treat (ITT) sia, ancora di più, nella popolazione di pazienti trattati secondo il protocollo.

In particolare, nella popolazione ITT la PFS mediana è risultata di 11,04 mesi con zolbetuximab contro 8,94 mesi con il placebo (HR 0,734; IC al 95% 0,591-0,910; P = 0,0024), con un tasso di PFS a 36 mesi rispettivamente del 22% contro 10%, mentre l’OS mediana è risultata rispettivamente di 18,23 mesi contro 15,57 mesi (HR 0,784; IC al 95% 0,644-0,954); P = 0,0075), con un tasso di OS a 36 mesi rispettivamente del 21% contro 14%.

Da notare che la separazione delle curve di PFS e OS si è osservata prima nell’analisi della popolazione PPS (dalla quale erano esclusa la maggior parte dei pazienti ritiratisi anticipatamente dallo studio) rispetto alla popolazione ITT. Nella popolazione PPS la PFS mediana è risultata di 12,52 mesi con zolbetuximab contro 10,3 mesi con il placebo (HR 0,65; IC al 95% 0,51- 0,82; P = 0,0002), mentre l’OS mediana è risultata rispettivamente di 21,5 mesi contro 16,4 mesi (HR 0,69; IC al 95% 0,55-0.86; P = 0,0005).

Importante somministrare zolbetuximab in maniera corretta
«Nell’analisi della sopravvivenza globale nella popolazione PPS il beneficio è amplificato, con un vantaggio di 5 mesi a favore di zolbetuximab e una riduzione del rischio di morte del 31%, e un vantaggio che si mantiene anche nei lungosopraviventi», ha sottolineato Lonardi.

«Questi dati ci lanciano un forte messaggio per la pratica clinica: ora abbiamo un farmaco come zolbetuximab con un’attività mirata e specifica contro le cellule con iperespressione di claudina 18.2, ma la sua efficacia, per esplicarsi al meglio, è legata alla sua somministrazione in maniera corretta e per un tempo sufficiente».

L’aggiunta di zolbetuximab alla chemioterapia ha dimostrato di migliorare la PFS e l’OS anche nella maggior parte dei sottogruppi analizzati, indipendentemente da età, sesso, regione geografica di provenienza, numero di sedi metastatiche. Tuttavia, il farmaco si è dimostrato decisamente più efficace nei pazienti con tumore gastrico rispetto a quelli con tumore della giunzione gastroesofagea.

Nella popolazione ITT e nei pazienti con lesioni misurabili, l’ORR è risultato simile nei due bracci di trattamento (rispettivamente, 48,1% contro 47,5% e 61,1% contro 62,4%), così come la mediana della DOR (rispettivamente, 9 mesi contro 8,1 mesi e 8,9 mesi contro 8,1 mesi). Nonostante ciò, secondo quanto riportato dagli autori, nei pazienti che hanno ottenuto come migliore risposta una risposta completa o parziale, il TTP è risultato numericamente più lungo nel braccio trattato con zolbetuximab rispetto a al braccio placebo.

Profilo di sicurezza confermato
Il profilo di sicurezza e tollerabilità di zolbetuximab è risultato in linea con quanto emerso nelle analisi precedenti, riferiscono Shitara e i colleghi.

L’incidenza degli effetti avversi emergenti dal trattamento è risultata comparabile nei due bracci sia per quanto riguarda gli effetti di qualsiasi grado (99,6% in entrambi i bracci), sia per quelli di grado 3 o superiore (87,5% contro 78,8%) sia per quelli seri (47,7% contro 46,4%).

Gli effetti avversi emergenti dal trattamento più comuni sono stati nausea (82,4% con zolbetuximab contro 61,5% con il placebo), vomito (67,4% contro 36,3%) e riduzione dell’appetito (48,7% contro 34,9%).«Il grosso della tossicità della combinazione della combinazione di zolbetuximab e mFOLFOX6 è legato alla chemioterapia», ha spiegato Lonardi.

«L’aggiunta di zolbetuximab ha un impatto nel determinare un aumento di nausea e vomito, ma al giorno d’oggi abbiamo molti strumenti, risultati efficaci anche nel caso di zolbetuximab, per prevenire questo effetto fin dal primo ciclo con un’adeguata premedicazione anti-emetica e per poterlo poi trattare anche durante o dopo le somministrazioni. In ogni caso, se le indicazioni vengono rispettate, il farmaco risulta assolutamente ben tollerato».

Gli effetti avversi correlati al trattamento che hanno portato all’interruzione di zolbetuximab o il placebo hanno avuto un’incidenza rispettivamente del 13,6% e 2,5%, mentre quelli fatali un’incidenza dell’1,8% in entrambi i bracci.

In conclusione
Nel loro complesso, concludono Shitara e i colleghi, i dati supportano un ruolo di zolbetuximab associato alla chemioterapia con mFOLFOX6 come nuovo standard di cura per il trattamento di prima linea dei pazienti con adenocarcinoma gastrico o della giunzione esofago-gastrica localmente avanzato, non resecabile, o metastatico CLDN18.2+ ed HER2-.

«Oggi in realtà non sappiamo come si collochi l’inibizione di claudina 18.2 rispetto a strategie di tipo chemioimmunoterapico, che sono in uso in maniera generalizzata per i pazienti, indipendentemente dall’espressione di claudina 18.2», ha concluso Lonardi. «La ricerca futura potrà darci delle risposte per capire quali pazienti sia meglio indirizzare a zolbetuximab e quali, invece, alla chemioimmunoterapia».

Bibliografia
K. Shitara, et al. Final overall survival results from phase 3 SPOTLIGHT study evaluating zolbetuximab + mFOLFOX6 as first-line (1L) treatment for patients (pts) with claudin 18 isoform 2 (CLDN18.2)+, HER2−, locally advanced (LA) unresectable or metastatic gastric or gastroesophageal junction (mG/GEJ) adenocarcinoma. J Clin Oncol 42, 2024 (suppl 16; abstr 4036); doi:10.1200/JCO.2024.42.16_suppl.4036. leggi