La realtà virtuale potrebbe aiutare ad alleviare il dolore dei pazienti oncologici


La nuova tecnologia della realtà virtuale potrebbe aiutare ad alleviare il dolore nelle persone con un cancro ricoverate in ospedale

La nutrizione del malato oncologico: solo il 36% dei pazienti è seguito regolarmente da un nutrizionista o da un dietologo

I risultati di uno studio, pubblicati di recente sulla rivista Cancer, hanno dimostrato che una breve immersione in un ambiente di realtà virtuale potrebbe ridurre significativamente il dolore in pazienti oncologici ricoverati. Durante l’esperimento, una sessione di soli 10 minuti è stata sufficiente a ottenere l’effetto ed è stata “ben tollerata dai partecipanti, molti dei quali hanno espresso il desiderio di ripetere l’esperienza”.

Tradizionalmente, il trattamento del dolore in ambito oncologico si focalizza sull’uso di farmaci analgesici, inclusi gli oppioidi. Tuttavia, le linee guida di numerose società scientifiche raccomandano anche approcci non farmacologici. Gli autori dell’articolo hanno spiegato così il senso e gli obiettivi della loro ricerca: “La realtà virtuale è una tecnologia in rapido sviluppo che immerge temporaneamente i soggetti in un ambiente calmo e piacevole, fornendo distrazione dal dolore e diminuendo la sensazione di dolore”. Questa tecnologia sembra influenzare la sensazione di dolore “riducendo il livello di attenzione agli stimoli dolorosi e sopprimendo così la trasmissione delle sensazioni dolorose alla corteccia cerebrale”.

L’esperimento

Lo studio ha coinvolto 128 pazienti di età compresa tra i 25 e gli 86 anni, tutti ricoverati in un ospedale di Washington, negli Stati Uniti. Questi pazienti soffrivano di dolori di intensità da moderata a grave, collegati alla loro malattia o alle terapie in corso. La maggior parte di loro era già in trattamento con farmaci oppioidi. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: un gruppo ha sperimentato una sessione di realtà virtuale con scenari di boschi o spiagge arricchiti dai suoni della natura, come il cinguettio degli uccelli e il fruscio delle onde; l’altro gruppo ha ricevuto una terapia di distrazione che prevedeva di guardare immagini della natura su un tablet, accompagnate da musica di sottofondo.

risultati sono stati superiori alle attese: al termine dell’esperienza tutti i pazienti hanno riportato una diminuzione del dolore, che è però risultata molto maggiore nei partecipanti che hanno utilizzato la realtà virtuale, un effetto che si è mantenuto anche dopo 24 ore.

Questi risultati, pur promettenti, hanno qualche limite. Il campione di pazienti è molto piccolo e i risultati sono basati sulle dichiarazioni soggettive dei pazienti e non sulla misurazione di parametri oggettivi, uguali per tutti. Inoltre tutti i pazienti stavano già ricevendo analgesici oppiacei. Sono perciò necessarie ulteriori indagini sull’efficacia di queste tecniche in campioni più grandi di pazienti, anche di altri centri e tra malati non ospedalizzati. Occorre infatti validare i dati ottenuti e determinare il “dosaggio” ottimale, ossia quanti minuti occorre trascorrere nell’ambiente virtuale. Inoltre, si dovrà stabilire l’efficacia dell’uso ripetuto nel tempo e il possibile impatto sulla gestione farmacologica del dolore.

Un mondo, tante realtà

Se si analizza la distribuzione geografica dei casi e dei decessi per cancro si può osservare che l’Africa e l’Asia sono le regioni dove si muore di più, in misura sproporzionata rispetto al numero di nuovi casi. Ciò dipende in parte dai tipi di tumore più frequenti in questi continenti; per esempio, il tumore più diffuso in molti Paesi, soprattutto dell’Asia, è quello del polmone, che ha un tasso di mortalità maggiore rispetto, per esempio, al tumore della prostata, il più comune nella popolazione maschile italiana. Altri aspetti da considerare sono che la malattia viene spesso scoperta quando è già in uno stadio avanzato e che le cure disponibili variano da Paese a Paese.

L’Europa è la regione dove ci si ammala di più e si muore di più rispetto alla popolazione: qui si concentrano, infatti, circa un quinto sia dei nuovi casi di tumore sia dei decessi, nonostante gli abitanti dell’Europa rappresentino poco meno del 10 per cento della popolazione mondiale. Tra le cause, l’esposizione a inquinanti cancerogeni in particolare nella parte orientale del continente, l’abitudine al fumo, l’invecchiamento della popolazione e la diversa capacità dei servizi sanitari di offrire programmi di screening e cure adeguate. È anche possibile che in Europa, rispetto ad altri continenti, i registri tumori, in cui sono raccolte le statistiche su casi, sopravvivenza e mortalità, siano più completi e accurati rispetto ad altre aree del mondo.

Vite in fumo

Secondo le stime della IARC, nel mondo, in un anno 2,5 milioni di persone ricevono una diagnosi di tumore del polmone e 1,8 milioni muoiono a causa di questa malattia. I tassi di incidenza e di mortalità variano localmente e riflettono l’andamento della cosiddetta “epidemia del tabacco”. In Europa e in Nord America la diffusione del fumo di tabacco tra gli uomini ha già raggiunto il picco ed è andata riducendosi, mentre tra le donne è ancora in aumento.

Nei Paesi in via di sviluppo l’epidemia è ancora in una fase precoce, per cui ci si può attendere che i tassi di incidenza e di mortalità del tumore del polmone continueranno a crescere nei prossimi decenni. Ciò è particolarmente preoccupante se si considera che alcune delle nazioni più popolose del mondo hanno, tra gli uomini, percentuali di fumatori elevatissime, come la Cina, dove fuma il 41,5 per cento circa degli abitanti, o l’Indonesia, dove i fumatori sono circa il 54,4 per cento della popolazione.

I tumori femminili

Secondo le stime di uno studio dei ricercatori della IARC, nel 2020 quasi mezzo milione di bambini è rimasto orfano di madre a causa del tumore del seno o della cervice uterina. Nella popolazione mondiale femminile, ogni quattro nuovi casi di tumore diagnosticati uno è un tumore del seno, più frequente nei Paesi con economie ben sviluppate. Il tasso di incidenza di Nord America, Nord Europa e Australia e Nuova Zelanda è infatti 4 volte più alto di quello dell’Asia Centro-meridionale e dell’Africa centrale. A fare la differenza sono prevalentemente fattori legati alla vita riproduttiva: nei Paesi ad alto reddito le donne hanno meno figli, li generano in età più avanzata e allattano poco. Altri fattori di rischio riguardano abitudini e comportamenti, come la sedentarietà e un’alimentazione poco varia ed equilibrata. Il tasso di mortalità più alto è però registrato nell’Africa Sub-Sahariana, dove i servizi sanitari sono insufficienti e le donne si presentano dal medico per cercare aiuto quando il tumore si è già diffuso nell’organismo.

A livello globale, il tumore della cervice uterina è il quarto tumore più frequente tra le donne ma il più frequente in 25 nazioni e il più letale in 37 nazioni che si trovano principalmente nell’Africa Sub-Sahariana, nel Sud-est asiatico e in America del Sud. In queste regioni molte donne presentano un’infezione cronica da papillomavirus umano (HPV), causa riconosciuta del tumore della cervice uterina. L’infezione è ormai prevenibile con la vaccinazione, che però è ancora poco diffusa e accessibile in queste aree del mondo.

È tempo di agire

“La dimensione complessiva del problema cancro e il suo diverso profilo nelle varie aree geografiche e di sviluppo economico del mondo sottolineano la necessità di una crescita globale delle misure mirate per il controllo del cancro” concludono gli esperti della IARC. “Investimenti in interventi di prevenzione, compresi quelli che affrontano i principali fattori di rischio per il cancro (tra cui fumo, sovrappeso, obesità e infezioni) possono evitare milioni di future diagnosi di cancro e salvare molte vite in tutto il mondo, apportando alle nazioni enormi benefici economici e sociali nei prossimi decenni.”

Referenze