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Emofilia B: via libera alla terapia genica sviluppata da Pfizer

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Emofilia B: la terapia genica Durveqtix (fidanacogene elaparvovec), messa a punto da Pfizer ha ricevuto il via libera condizionato del Chmp

Dopo aver ottenuto l’approvazione negli Stati Uniti, la terapia genica Durveqtix (fidanacogene elaparvovec), messa a punto da Pfizer ha ricevuto il via libera condizionato del Chmp dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). L’indicazione approvata preliminarmente si riferisce al trattamento dell’emofilia B grave e moderatamente grave negli adulti che non presentano inibitori del fattore IX o anticorpi rilevabili contro la variante del virus adeno-associato di sierotipo Rh74 (AAVRh74var). Dopo la ratifica della Commissione europea, nel giro di un mese, mese e mezzo arriverà la decisione definitiva.

Si tratta della seconda terapia genica che sarà disponibile in Europa per gli adulti affetti da emofilia B da moderata a grave, dopo l’autorizzazione del farmaco sviluppato da CSL (Hemgenix, etranacogene dezaparvovec) ricevuta nel 2023.

La nuova terapia genica per l’emofilia B ha ottenuto l’autorizzazione condizionata all’immissione in commercio sulla base del fatto che la sua disponibilità immediata soddisfa un’esigenza medica non soddisfatta e che il suo beneficio per la salute pubblica supera il rischio inerente alla necessità di ulteriori dati. Il farmaco è stato sostenuto attraverso il programma PRIME (Priority Medicines) dell’EMA.

Fidanacogene elaparvovec è una terapia genica dei fattori della coagulazione del sangue. Utilizza un sierotipo virale ricombinante adeno-associato Rh74 (AAVRh74var) per veicolare una copia funzionale del transgene della variante padovana del fattore IX umano. Il fattore IX espresso sostituisce il fattore IX della coagulazione mancante, necessario per una corretta coagulazione del sangue del paziente.

Per i pazienti idonei affetti da emofilia B, l’obiettivo di questa terapia genica è quello di consentire loro di produrre autonomamente il FIX attraverso questo trattamento una tantum, invece di dover ricevere frequenti infusioni di FIX, come è l’attuale standard di cura.
La maggior parte dei farmaci attualmente autorizzati per l’emofilia B richiede infusioni endovenose frequenti e per tutta la vita per prevenire o trattare il sanguinamento. I pazienti hanno bisogno di nuovi trattamenti che forniscano una protezione prolungata dalle emorragie, riducano la frequenza delle infusioni e migliorino la qualità della vita.

Lo studio registrativo
La raccomandazione si basa sui risultati di uno studio di fase 3, in aperto, a braccio singolo, tutt’ora in corso su 45 pazienti maschi adulti con emofilia B moderatamente grave o grave che sono risultati negativi all’anticorpo neutralizzante di AAVRh74var e hanno ricevuto una singola infusione endovenosa di fidanacogene elaparvovec. Lo studio confronta il tasso di sanguinamento annualizzato (ABR), che comprende gli eventi di sanguinamento trattati e non trattati, nei partecipanti trattati con la terapia genica rispetto al periodo in cui sono stati trattati con il regime di profilassi del fattore IX di routine, somministrato come parte della cura standard, in uno studio lead-in.

I risultati mostrano che Durveqtix riduce sostanzialmente la frequenza dei sanguinamenti rispetto alle cure standard. L’ABR è stato di 1,44 per il fidanacogene elaparvovec rispetto a 4,50 per il trattamento di profilassi. Nel corso del tempo, il 60% dei pazienti è rimasto senza eventi emorragici nel periodo di osservazione individuale (da due a quattro anni) rispetto al 29% dei pazienti che hanno ricevuto trattamenti di profilassi di routine durante il periodo di introduzione. Il consumo di fattore IX profilattico è stato ridotto del 92,4% dopo il trattamento con Durveqtix.
I pazienti trattati con Durveqtix saranno seguiti per 15 anni, di cui sei anni nello studio clinico registrativo e altri nove anni nell’ambito di uno studio separato per monitorare l’efficacia e la sicurezza a lungo termine di questa terapia genica.

L’effetto collaterale più comune è un aumento dei livelli degli enzimi epatici (transaminasi). Questa condizione può essere trattata con corticosteroidi. Altri effetti collaterali comuni sono cefalea e sintomi influenzali, aumento dei livelli di creatinina (un indicatore di compromissione della funzione renale) e lattato deidrogenasi (un indicatore di danno tissutale). I pazienti devono essere monitorati per le reazioni correlate all’infusione.

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