Buloxibutib migliora funzione polmonare in pazienti con fibrosi


Nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica, buloxibutib di Vicore Pharma migliora la funzione polmonare in fase 2a

Fibrosi polmonare idiopatica: bexotegrast al dosaggio maggiore sperimentato (320 mg) il raggiungimento dell'endpoint primario e degli endpoint secondari

Con un comunicato stampa, Vicore Pharma, un’azienda biofarmaceutica avente la sua sede principale a Stoccolma, ha annunciato i risultati finali positivi dello studio AIR di Fase 2a, che documentano il miglioramento della funzione polmonare di buloxibutid nell’arco di 36 settimane in pazienti con fibrosi polmonare idiopatica (IPF). Lo studio è stato presentato nel corso del congresso annuale dell’American Thoracic Society, tenutosi quest’anno a S. Diego. (Usa)

Cosa è buloxibutib
Buloxibutid è un agonista del recettore di tipo 2 dell’angiotensina II.

Il sistema renina angiotensina (RAS), come è noto, è un sistema ormonale che regola diversi importanti processi fisiologici. In questo sistema, il recettore AT1 è un bersaglio farmacologico consolidato con gli ARB (bloccanti del recettore dell’angiotensina), noti per essere efficaci farmaci antipertensivi. Al contrario, il recettore AT2 fa parte del sistema di riparazione dell’organismo e si ritiene che sia protettivo in diverse malattie legate all’invecchiamento e alla senescenza cellulare, tra cui la fibrosi polmonare idiopatica, la malattia renale cronica e l’insufficienza cardiaca.

La stimolazione del recettore AT2 si è dimostrata efficace nel combattere le malattie in numerosi modelli animali e la validazione clinica è in fase avanzata nelle malattie polmonari.

Con il buloxibutid, prima molecola agonista altamente selettiva del recettore AT2 (ATRAG) a entrare in fase di sperimentazione clinica, il beneficio terapeutico del bersaglio del recettore AT2 sta diventando sempre più evidente. La Vicore sta sviluppando il buloxibutid per le malattie polmonari rare e ha in sviluppo una serie di nuovi ATRAG per altre indicazioni.

Razionale e disegno dello studio
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia polmonare interstiziale cronica e fatale. Ad oggi, nessuna terapia ha dimostrato la capacità di invertire il declino della funzione polmonare, né di ridurre la mortalità, e le terapie disponibili non sono tollerate da tutti i pazienti.

Buloxibutid (C21) è un agonista orale e selettivo del recettore dell’angiotensina II di tipo 2 (AT2), che attiva una via a monte che migliora la funzione delle cellule epiteliali alveolari di tipo 2, innesca una cascata di attività antifibrotica e risolve il rimodellamento vascolare associato alla malattia.

Con lo studio AIR, un trial di fase 2 multicentrico, in aperto, a braccio singolo, della durata di 36 settimane, i ricercatori si sono proposti l’obiettivo di studiare la sicurezza e l’efficacia di questa molecola.
A tal scopo, sono stati arruolati nel trial pazienti con IPF e non in terapia antifibrotica.

Il buloxibutid orale 100 mg due volte al giorno è stato somministrato per 24 settimane, con un’estensione opzionale a 36 settimane.

L’endpoint primario di efficacia era la variazione della FVC rispetto al basale, normalizzata al tasso di declino a 24 settimane.   Inoltre, sono stati valutati I livelli plasmatici di TGF-β1 e della collagenasi MMP-13 come biomarcatori di fibrosi e attività fibrolitica, rispettivamente.

Risultati principali
Lo studio è risultato positivo per entrambi gli endpoint primari e secondari, dimostrando una sicurezza, una tollerabilità ed un profilo di efficacia eccellenti.

Nel corso di 36 settimane di trattamento, buloxibutid ha migliorato la funzione polmonare, misurata dalla capacità vitale forzata (FVC), con un effetto significativo rispetto al declino previsto nei pazienti non trattati.

Nei pazienti non trattati, è stato riportato un declino corrispondente a circa 180 mL in 36 settimane.

Nei pazienti arruolati nello studio AIR, invece, la FVC è aumentata in media di 216 mL dal basale alla settimana 36, quasi 400 mL in più rispetto ai pazienti non trattati (n=28, p<0,001).
Il miglioramento della FVC rispetto al basale dopo 36 settimane di trattamento è stato riscontrato in tutti i sottogruppi stratificati per area geografica di appartenenza, sesso e modello radiografico in uso.
Inoltre, la maggior parte dei pazienti che hanno completato il trattamento dall’ultima lettura intermedia del maggio 2023 ha visto un miglioramento della FVC rispetto al basale a 36 settimane.

Buloxibutid è stato anche sicuro e ben tollerato per 36 settimane di trattamento, senza eventi avversi gravi correlati al farmaco e con una buona tollerabilità gastrointestinale.
Alle settimane 12 e 24, i ricercatori hanno completato una valutazione medica per valutare il beneficio/rischio per il paziente di continuare lo studio senza ricorrere alla terapia standard per l’IPF.
In ciascuno dei due timepoint considerati, il 97% dei pazienti ha sperimentato un rapporto tra rischi e benefici positivo e ha continuato il trattamento.

I commenti allo studio
Grande soddisfazione è stata espressa dagli autori dello studio e dai vertici dell’azienda responsabile dello sviluppo di questo nuovo farmaco candidato al trattamento dell’IPF.

“Sono molto incoraggiato dai risultati finali dello studio AIR di Fase 2a e dall’impressionante miglioramento della FVC in 36 settimane di trattamento con buloxibutid”, ha dichiarato il professor Toby Maher, della Keck School of Medicine della University of Southern California.

“Sia i medici che i pazienti dovrebbero essere entusiasti delle potenzialità di questo farmaco nell’arrestare la progressione della malattia, ripristinare la funzione polmonare e migliorare gli esiti per i pazienti affetti da IPF in modo sicuro e ben tollerato”.

Coerentemente con il meccanismo d’azione a monte e con il miglioramento osservato della funzione polmonare, buloxibutid ha aumentato i livelli plasmatici della collagenasi MMP-13 e ha evidenziato una tendenza alla diminuzione dei livelli plasmatici della citochina profibrotica TGFβ1 nel corso delle 36 settimane di studio. Il TGFβ1 è noto per essere alla base di molteplici processi di patogenesi dell’IPF, mentre la collagenasi MMP-13 è nota per la sua attività fibrolitica e per il suo potenziale di degradazione della fibrosi conclamata.

Questi risultati supportano l’avanzamento del programma di studi clinici sull’impiego di buloxibutid con l’avvio dello studio ASPIRE di Fase 2b.

Vicore ha collaborato con esperti clinici di fama mondiale e con le organizzazioni dei pazienti per progettare questo studio di Fase 2b randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, a gruppi paralleli e multicentrico. ASPIRE arruolerà pazienti in trattamento standard con nintedanib e pazienti non in trattamento standard, e l’endpoint primario sarà la variazione della FVC rispetto al basale a 52 settimane.

Ha aggiunto, in conclusione, Ahmed Mousa, Chief Executive Officer di Vicore Pharma: “I risultati dello studio AIR hanno superato le nostre aspettative e supportano il proseguimento dello sviluppo di buloxibutid per l’IPF. Considerando i dati sui biomarcatori e l’interessante miglioramento della FVC in 36 settimane, riteniamo che buloxibutid abbia un potenziale nel modificare il decorso di malattia. Questo traguardo ci porta un passo più vicino alla realizzazione dell’ambizione di assistere, nel prossimo futuro, all’implementazione di un nuovo standard di cura per i pazienti affetti da IPF”.

Fonte: comunicato stampa