Artrite reumatoide: non necessario impiego sistematico dell’imaging a risonanza magnetica nei pazienti per raggiungere la remissione clinica a lungo termine
L’assenza di osteite e la remissione clinica come obiettivi congiunti di una strategia “treat-to-target” basata sul ricorso all’imaging a risonanza magnetica per 2 anni nei pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) non influisce sulla probabilità a lungo termine di raggiungere (e migliorare) la remissione clinica in base al punteggio DAS28-CRP. Queste le conclusioni di uno studio pubblicato su RMD Open.
Razionale e disegno dello studio
La gestione moderna dell’artrite reumatoide (AR) dovrebbe basarsi sul ricorso a strategie di trattamento mirate che puntino al raggiungimento della remissione o di una ridotta attività di malattia in ogni paziente, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Tuttavia non è infrequente osservare la progressione del danno strutturale articolare nonostante i pazienti soddisfino i criteri di remissione raccomandati, associata ad una compromissione funzionale e ad una ridotta qualità della vita.
L’infiammazione valutata alla risonanza magnetica, in particolare l’osteite, si è dimostrata un forte fattore predittivo della successiva progressione del danno osseo nei pazienti con AR attiva e in quelli in remissione.
Tuttavia, l’obiettivo della remissione della risonanza magnetica nei pazienti in remissione clinica, aggiungendo una strategia MRI treat-to-target ad una strategia clinica treat-to-target per 2 anni, non ha migliorato gli outcome clinici e radiografici a breve termine rispetto a una strategia di trattamento clinico mirata alla sola remissione clinica. Fino ad ora, però, non era stato ancora verificata l’esistenza di un effetto benefico dall’’adozione di questo approccio a lungo termine.
Lo scopo dello studio IMAGINE-more è stato quindi quello di verificare se una strategia di risonanza magnetica “treat-to-target” di 2 anni, mirata all’assenza di osteite e combinata con la remissione clinica, rispetto a una strategia convenzionale di trattamento clinico “treat-to-target” mirata alla sola remissione clinica, fosse in grado di migliorare l’attività di malattia e ridurre la progressione radiografica nell’arco di 5 anni in pazienti con AR in remissione clinica.
Disegno dello studio e risultati principali
IMAGINE-more è stato uno studio osservazionale di estensione dello studio randomizzato originale IMAGINE-RA della durata di 2 anni (NCT01656278). Lo studio prevedeva la conduzione degli esami clinici e delle radiografie (mani e piedi) a cadenza annuale.
Gli outcome primari principali a 5 anni di IMAGINE-more erano rappresentati dalla remissione, definita dal raggiungimento di un punteggio DAS28-CRP < 2,6, e l’assenza di progressione radiografica, indicata da un punteggio di van der Heide-modified Sharp ≤ 0 che dimostra che il danno articolare non è peggiorato o migliorato rispetto al basale.
Gli outcome principali secondari a 5 anni, invece, sono stati l’attività di malattia (DAS28-CRP), la variazione del punteggio totale di van der Heide-modified Sharp, la variazione del punteggio dell’osteite alla risonanza magnetica (OMERACT RAMIS) e la variazione del livello funzionale (Health Assessment Questionnaire) dal basale al follow-up di 5 anni. Gli sperimentatori hanno anche valutato i criteri ACR/EULAR 2011, la remissione SDAI (SDAI ≤ 3,3), la remissione CDAI (CDAI ≤ 2,8), la scala VAS (Visual Analogue Scale) globale del paziente, la VAS del dolore del paziente e la VAS della fatigue del paziente.
A 5 anni, 47 pazienti (80%) del gruppo trattato in base alla risonanza magnetica T2T vs 54 pazienti (75%) del gruppo trattato in base alla strategia convenzionale T2T erano in remissione DAS28-CRP (OR 2,00 (IC95%_ 0,76-5,28); p=0,16), mentre 14 pazienti (24%) vs 19 pazienti (26%) non sono andati incontro a progressione radiografica del danno (OR:0,70, (IC95%: 0,28-1,71); p=0,43).
I ricercatori, inoltre. non hanno rilevato differenze tra i due gruppi di trattamento relativamente ai 4 outcome secondari chiave. Nello specifico, hanno osservato che il dolore VAS dei pazienti è stato l’unico risultato a migliorare significativamente nel gruppo trattato con risonanza magnetica rispetto all’altro gruppo (differenza tra i gruppi: media quadratica= – 7,0; IC95%: da – 12,8 a -1,2; P = 0,018).
I pazienti del gruppo trattato con risonanza magnetica, inoltre, avevano spesso una VAS globale più bassa (-5,9; IC95%: da -11,9 a 0,0; P =0,051).
Riassumendo
In conclusione, lo studio IMAGINE-more è il primo ad aver analizzato l’impatto a lungo termine di una strategia sistematica di trattamento mirato guidata dalla risonanza magnetica per 2 anni sugli outcome clinici e radiografici.
Dai risultati non è emerso né un miglioramento dei tassi di remissione, né una riduzione della progressione radiografica nell’arco di 5 anni.
Pertanto, lo studio suffraga le attuali raccomandazioni cliniche per la gestione dell’AR e non suggerisce il ricorso sistematico alla risonanza magnetica per guidare il trattamento nei pazienti con AR in remissione clinica allo scopo di migliorare ulteriormente gli outcome clinici e radiografici.
Bibliografia
Møller-Bisgaard S et al. Long-term efficacy of a 2-year MRI treat-to-target strategy on disease activity and radiographic progression in patients with rheumatoid arthritis in clinical remission: 5-year follow-up of the IMAGINE-RA randomised trial. RMD Open. 2024;10(1):e003945. Published 2024 Mar 15. doi:10.1136/rmdopen-2023-003945
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