Alla Pallavicini Art Gallery ha aperto la mostra “ERRÓR VACUI”


A Ravenna la mostra ERRÓR VACUI– Dialogo della pittura e di un islandese, un omaggio monografico al maggior artista islandese vivente, Guðmundur Guðmundsson

ERRÓR VACUI

Sabato 13 luglio 2024 alle ore 21:00, presso lo spazio espositivo PALLAVICINI 22 Art Gallery in viale Giorgio Pallavicini 22 a Ravenna, si inaugurerà la mostra ERRO-R VACUI – Dialogo della pittura e di un islandese, un omaggio monografico al maggior artista islandese vivente, Guðmundur Guðmundsson, in arte Erró, che nel 1955 studiò alla Scuola del Mosaico di Ravenna. In mostra un piccolo nucleo di lavori storici inediti – di impronta sostanzialmente surrealista, anche se già assolutamente originali – realizzati tra il 1960 e il 1961, acquisiti in quegli anni dal grande collezionista ravennate Roberto Pagnani, e oggi facenti parte della Collezione-Archivio Ghigi-Pagnani, curata dal figlio Giorgio e dal nipote Roberto Pagnani Junior. La mostra, a cura di Roberto Pagnani e Silvia Pegoraro, resterà allestita fino al 4 agosto con apertura dal martedì al sabato feriali dalle ore 19 alle ore 22. Finissage domenica 4 agosto dalle 19 alle 21. Ingresso libero.

Documenta l’esposizione un catalogo con testi di R. Pagnani Junior e S. Pegoraro, con un’accurata bio-bibliografia dell’artista e con un contributo del Listasafn Reykjavíkur / Reykjavik Art Museum che conserva la più ampia collezione di opere di Errò.

L’evento, promosso e organizzato da CARP Associazione di Promozione Sociale in collaborazione con Spazio Espositivo PALLAVICINI 22 Art Gallery, Archivio Collezione Ghigi-Pagnani, Felsina Factory si avvale del Patrocinio di Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna, Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura, Accademia di Belle Arti di Ravenna, Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale, del sostegno di SAGEM SRL e del prezioso contributo di Listasafn Reykjavíkur / Reykjavik Art Museum.

Raramente capita, ai nostri giorni, di scoprire tesori ancora nascosti, sia nell’ambito dell’arte antica che di quella contemporanea. Tale è il piccolo nucleo di opere presentate per la prima volta al pubblico in questa mostra allo Spazio Pallavicini 22 di Ravenna: opere inedite di Erró, il maggior artista islandese vivente (nato nel 1932 a Ólafsvík, un piccolo villaggio di pescatori nella penisola di Snæfellsnes), che nel 1955 soggiornò a lungo a Ravenna per studiare presso la Scuola del Mosaico.

Si tratta di lavori acquisiti all’inizio degli anni ‘60 dal grande collezionista ravennate Roberto Pagnani (tragicamente scomparso nel 1965), e oggi presenti nell’Archivio Collezione Ghigi-Pagnani, curata dal figlio Giorgio e dal nipote Roberto Pagnani Junior: 5 grandi chine su carta intelata e uno smalto su tela, realizzati fra il 1960 e il 1961, che rispecchiano la matrice tardo surrealista della formazione di Erró, residente dal 1958 a Parigi, e in stretto contatto – grazie all’amico Jean-Jacques Lebel – a sua volta artista visivo, scrittore, collezionista e attivista politico – con gli artisti del movimento surrealista. Probabilmente lo stesso Lebel, amico anche di Roberto Pagnani Senior, è all’origine dell’interesse del collezionista ravennate per l’artista islandese e per il suo lavoro.

Il fascino del “surrealismo” di Erró, che traspare in questi lavori giovanili, sta nella sua passione per le scoperte, nel suo appello al meraviglioso e al misterioso, nel suo stile esatto e nello stesso tempo esuberante, nella sua passione per le immagini in quanto objects trouvés, lacerti della vita quotidiana contemporanea, frames rubati al flusso “pop” dell’ipertrofica e debordante Comunicazione di massa…

Sulle tracce del movimento surrealista, nel tentativo di sviluppare una forma di conoscenza superiore della realtà e dell’individuo, al tempo stesso intellettuale e spirituale, l’artista islandese ha cercato di risolvere le contraddizioni che investono la natura dell’essere umano all’interno di una dialettica apparentemente inconciliabile tra le necessità della propria coscienza raziocinante e il desiderio dell’appagamento senza limiti che coinvolge la sfera del sogno e dell’inconscio, una sorta di horror vacui dell’immaginazione. Questa linea di ricerca è confermata anche dalla sua collaborazione, nella seconda metà degli anni ‘60, con la galleria milanese di Arturo Schwarz, figura chiave per la diffusione del movimento surrealista in Europa e nel mondo.

Seguendo questa linea Erró, pur essendo un artista profondamente legato alla realtà, riesce a superare il mondo delle apparenze, penetrando fino al senso profondo delle azioni umane, dei desideri, delle intime crudeltà, incarnandolo nelle strutture precarie, dissolventi, deflagranti della sua pittura, nei tragici e lubrici connubi dei suoi esseri immaginari: contaminazioni tra la dimensione biomorfa e quella meccanomorfa, che sembrano rinviare talora all’universo espressivo di un Roberto Sebastián Matta.

Già in queste opere dei suoi primi anni creativi – anticipando gli sviluppi dei decenni più recenti, interamente consacrati al collage di immagini spersonalizzate, ricavate dai media, in particolare dai fumetti – Erró sembra spingere la tematica surrealista oltre i confini dell’inconscio individuale, attingendo all’inconscio collettivo e ai suoi prodotti culturali, integrando il linguaggio espressivo derivato dall’automatismo surrealista con forti componenti pop, dando vita a complesse germinazioni labirintiche, forme organiche indefinibili, che si contaminano continuamente con forme meccanomorfe. Affascinato dal mondo delle immagini delle culture più diverse, raccoglie immagini di ogni genere: fumetti, stampa alternativa, pubblicità, disegni illustrativi e altre pubblicazioni marginali. Sfrutterà questo serbatoio di immagini per creare un mondo di frammenti assemblati in una personale ottica visionaria e grottesca, minacciosa e divertente, ironica e militante, in un esplosivo tripudio formale e cromatico, dove personaggi di Walt Disney incontrano personaggi della storia e della politica come Adolf Hitler o Mao Tse-Tung, divinità greche e Madonne cristiane.

I suoi viaggi nelle vertigini dell’accumulazione passano così attraverso le più diverse esperienze della cultura arcaica e di quella contemporanea: antropologia, storia, mito, politica, scienza.
Il suo universo fatto di immagini stupefacenti, terribili e insieme divertenti e gioiose, sembra nascere dalla profonda convinzione di non poter creare immagini nuove senza attingere contemporaneamente a due fonti: quella dell’io più profondo e quella della società.