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L’infettivologo Massimo Galli condannato per falso: “Ricorrerò in appello”

massimo galli

MASSIMO GALLI VIROLOGO

Parla all’agenzia Dire l’infettivologo Massimo Galli, condannato a Milano a 1 anno e 4 mesi, con pena sospesa e non menzione, per falso

Direi che non sono nello stato d’animo di chi deve festeggiare. A volte ti vengono anche dei pensieri del tipo che dopo più di quarant’anni di onorato servizio, l’unica ricompensa che lo Stato mi sta dando è questa. Dopodiché, non mi sembra proprio il caso di fare la vittima, c’è chi si è trovato ben peggio di me“. Risponde con queste parole all’agenzia Dire l’infettivologo Massimo Gallicondannato a Milano a 1 anno e 4 mesi, con pena sospesa e non menzione, per falso. L’ex primario dell’ospedale Sacco, ora in pensione, è stato invece assolto per la turbativa d’asta per, questa l’accusa, presunto condizionamento di un concorso universitario per favorire l’assegnazione di un posto da professore associato al suo ex collaboratore Agostino Riva.

“Chiaramente farò appello- prosegue- ma che io ne uscissi completamente assolto mi sembrava di aver capito che sarebbe stata dura. Il teorema accusatorio è fondamentalmente crollato– sostiene Galli- perché era fondato sul fatto che il concorso fosse truccato e che questo potesse essere un elemento tale da consentire l’imputazione per turbativa d’asta o per abuso d’ufficio. Fatto sta- prosegue l’infettivologo- che la Cassazione ha da tempo definito che nei concorsi universitari non si configura la turbativa d’asta, per quanto riguarda l’abuso d’ufficio non sta a me entrare in merito sulla questione. D’altro canto non c’era stata nemmeno la definizione di quale aspetto del reato d’abuso d’ufficio fosse eventualmente implicabile in questa mia vicenda. Una cosa che giuridicamente proprio non stava in piedi, tanto da lasciarmi abbastanza esterrefatto. Io, di regola, sono uno che non si occupa di problematiche legate alla legge. Ma mi aspettavo di non uscirne del tutto, c’era stata troppa determinazione nel trovare comunque il modo di avere qualcosa da mantenermi addosso”.

“Quello che però mi stupisce un po’- le sue parole- è che siano stati i giudici a non rendersi conto: a meno che davvero il fatto che io non abbia corretto l’orario di chiusura delle operazioni di una seduta telematica sia quello che porterà nuovamente a questi 16 mesi di condanna. Il fatto che comunque vi sia ancora questa cosa è legata a una mancanza di collegialità da parte della commissione, credo che sia perché i giudici non hanno idea di come si fanno i concorso universitari in via telematica, seduti per ore davanti a Skype o a Google Meet o Teams: non si facevano così, ci si mandavano dei documenti, ci si sentiva al limite per telefono e poi, di regola, concordate le modalità generali, uno si assumeva il compito e il dovere di fare l’estensione del verbale. E i verbali non si fanno né a quattro né a sei mani, li ha sempre fatti uno solo, perché già prendono un tempo importante per farli. Se la mancanza di collegialità e il falso sta lì, forse qualcuno non ha capito. La realtà è che tutto questo è la prassi di tutti i concorsi almeno tutti i concorsi fino a quella data e oltre”.

Massimo Galli tiene poi a precisare: “non voglio assolutamente fare la vittima ma forse se fossi stato una persona qualsiasi non so se le cose sarebbero andate alla stessa maniera. Una cosa, però, che mi ha abbastanza sconcertato e anche un po’ indignato è che il pubblico ministero ha dichiarato nel corso del dibattimento che io sono una potenza mediatica contro la quale è difficile andare. Ma abbia pazienza, le risulta che io abbia tre televisioni e quattro giornali? Sono un cittadino che, probabilmente, si è conquistato, anche un po’ suo malgrado, qualche credibilità, qualche attenzione per le cose che ha detto e ha affrontato da tecnico durante un periodo molto triste. Il pubblico ministero ha usato il termine ‘Maradona della comunicazione’. I suoi motivi sono i suoi, io rimango io e forse questo non mi avvantaggia sempre, ma non è il punto fondamentale della faccenda”. “Sono valutazioni difficili- ha inoltre detto l’infettivologo- perché riguardano motivazioni che non sono le mie, sono le motivazioni eventualmente di qualcun altro che dovrebbe fare un mestiere a favore del pubblico e dovrebbe avere una certa terzietà da questo punto di vista. Forse i nostri magistrati non ce l’hanno proprio sempre”.

L’ex primario dell’ospedale Sacco si toglie infine un sassolino dalla scarpa. “Le dico una cosa molto sgradevole da affermare per uno come me da sempre notoriamente di sinistra: sono stato tirato in questa faccenda a partire da un’intercettazione del settembre 2019 da due persone, una delle quali a me palesemente ostile, per quel che diceva e per quel che affermava e poi nei fatti, che mi accusava di un’intenzione eventuale di reato, cioè che non sapeva come avrei fatto ad aggiustare il concorso in questione, che poi si è attuato a febbraio, sei mesi dopo. Io, dunque, sulla base di queste ipotesi, di una mia negativa intenzione di reato, e poi un reato di questo tipo, non stiamo parlando né di un reato di sangue né di un reato di droga, vengo intercettato come cittadino, nella prima ipotesi c’è una richiesta di rinvio a giudizio per associazione a delinquere, tra l’altro individuando come la figura di riferimento in questa associazione a delinquere, cioè il capo bastone, proprio quella persona che parlando nell’intercettazione del settembre del 2019 mi accusa di una possibile intenzione di alterare un concorso: c’è qualcosa che non va noi in tutto questo. Il nome non lo faccio perché è tutto agli atti, non ho alcuna intenzione di fare polemiche dirette. E non parlo di tutto il resto perché tutto il resto è caduto, perché ci sarebbe una quantità di cose istruttive da dire su come sono state considerate le valutazioni in merito. Francamente a un pilota d’aereo non dico come si deve pilotare un aeroplano e c’è qualcuno che, invece, riteneva di poter sapere tutto su cosa significa impact factor, valore delle riviste e valore dei dati scientifici. Per avere titolo a fare il commissario ad una commissione di concorso in università- conclude Galli- ci ho messo 40 anni di studio, con tutta una serie di competenze di conseguenza”.

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