Kamala Harris, la vice simbolo dell’America multietnica e multifaith è l’unica chance dei Dem per rimontare Trump. Ma ha perso consensi, e parte terribilmente indietro
Joe Biden si ritira dalla corsa presidenziale e appoggia Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti.
Gli Usa hanno già avuto una donna nera come Presidente. Per un’ora e 25 minuti, nel 2020. Un battito di ciglia nella storia americana, in cui Kamala Harris ha avuto tecnicamente il potere mentre Biden era sotto anestesia generale per una colonscopia di routine. Anche Donald Trump si sottopose a una colonscopia, nel 2019, ma non lo fece sapere proprio per non dover consegnare le chiavi dello Studio Ovale all’allora vicepresidente Mike Pence (e per non essere preso in giro in tv).
Il “trasferimento di poteri”, in ben altra veste, è diventato realtà: il Covid e le continue pressioni dei democratici sono state le ultime gocce che hanno fatto traboccare il vaso della candidatura di Biden. La pezza d’appoggio – lo stato di salute – ha regalato ai Dem la chance di accantonare il Presidente troppo anziano per vincere.
I Dem non hanno davvero altra scelta: Harris resta a dispetto degli ultimi anni di silenzioso secondo piano una figura unitaria, che il partito non può permettersi di snobbare. E per lasciare strada ad una terza figura dovrebbe accadere che non solo Biden, ma anche Harris si ritiri.
La discesa libera di Biden pare ormai inarrestabile, e laggiù, in fondo ai sondaggi elettorali si intravede una sola possibilità di salvezza, dunque: Harris contro Trump. I pochi test che hanno provato a sondare questa realtà parallela la danno indietro di 5 o 6 punti percentuali. Biden è sotto di 4 punti. Harris partirebbe comunque tremendamente svantaggiata, per il contesto avvilente in cui si sono cacciati i progressisti, e per i suoi stessi – scarsi – indici di popolarità.
La “versione femminile di Obama” negli anni ha visto sfiorire l’hype della sua ascesa. 56 anni, californiana figlia di una biologa indiana (arrivata negli Stati Uniti nel 1958 per dare un contributo alle ricerche genetiche sul cancro al seno), e dall’economista giamaicano Donald Harris. Il marito, Douglas Emhoff, è bianco, avvocato, ebreo. Harris è una cristiana appartenente alla chiesa battista nera, ma è stata educata dalla madre alla cultura induista e convive con l’ebraismo del marito. Insomma è un profilo multietnico e “multifaith”.
Da procuratore capo della città di San Francisco, e poi alla guida del sistema giudiziario della California, ha danzato sulla storia degli ultimi anni, finendo risucchiata dal “lavoro sporco” affidatole infine da Biden, in particolare sulla gestione della crisi migratoria al confine (tema trainante della campagna di Trump e dei Repubblicani). Ha risalito la china occupandosi in prima persona della battaglia in difesa del diritto all’aborto. I suoi consensi, però, languono.
Harris non sarebbe alla sua prima candidatura presidenziale, ma la prima volta aveva lasciato strada a Biden, che l’aveva poi scelta come vice. Era molto vicina a Beau Biden – il figlio del Presidente morto nel 2015 – “collega” procuratore generale in Delaware. Il piano originale prevedeva 4 anni da vice e poi il “trono”. Biden ha stropicciato tutto, prima candidandosi per un secondo mandato, e poi trascinandola in una rincorsa difficilissima che potrebbe comunque concludersi con un Trump bis. Harris rischia di restare, ancora, solo, un’ex Presidente degli Stati Uniti Per un’ora e 25 minuti. Con il testimone in mano.