Gravidanza possibile dopo un tumore al seno in stadio da I a III


La possibilità di concepire e dare alla luce un figlio è una realtà per la maggior parte delle pazienti giovani con diagnosi di tumore al seno in stadio da I a III

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La possibilità di concepire e dare alla luce un figlio è una realtà per la maggior parte delle pazienti giovani con diagnosi di tumore al seno in stadio da I a III, stando ai risultati di uno studio di coorte presentato al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) a Boston.

«Gli studi attuali che ci consentono di comprendere l’impatto del trattamento del cancro al seno sulla gravidanza e sui tassi di natalità sono piuttosto limitate», ha dichiarato Kimia Sorouri del Dana-Farber Cancer Institute, di Boston. «Questo è il primo studio prospettico con più di 10 anni di follow-up a riportare gli esiti di fertilità nelle giovani sopravvissute al tumore al seno che hanno tentato una gravidanza».

«Molte giovani donne a cui viene diagnosticato un tumore al seno sono interessate a una maternità futura», ha aggiunto l’autrice. «Tuttavia, molti trattamenti contro i tumori possono compromettere la fertilità e la capacità delle pazienti di portare a termine una gravidanza».

Lo studio 
I ricercatori del trial multicentrico, a cui per l’Italia ha partecipato l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, hanno analizzato i dati dello studio prospettico Young Women’s Breast Cancer Study (NCT01468246). Le informazioni sulla gravidanza sono state raccolte mediante questionari nelle 1213 pazienti di età pari o inferiore a 40 anni che hanno ricevuto una diagnosi di tumore al seno di stadio da 0 a 3 tra il 2006 e il 2016. Sono state escluse dallo studio le pazienti con malattia metastatica o che avevano subito l’asportazione dell’utero o delle ovaie.

A un follow-up mediano di oltre 11 anni, tra tutte le partecipanti, 197 hanno riferito di aver cercato una gravidanza. In questo gruppo, quasi tre quarti (73%) sono rimaste incinte almeno una volta e il 90% di queste ha riferito di aver avuto almeno una gravidanza portata a termine, con il parto di un neonato vivo. Secondo i dati, tra le 197 donne che hanno avuto una gravidanza, l’età mediana alla diagnosi di tumore al seno era di 32 anni e 48 mesi era il tempo mediano trascorso fra la diagnosi e la prima gravidanza.

Delle pazienti che hanno tentato il concepimento dopo la diagnosi, poco più della metà (51%) ha dichiarato di avere una posizione economica agiata e il 72% ha riferito di non aver mai partorito un figlio vivo prima della malattia. Più di un quarto delle donne (28%) è stato sottoposto a misure per preservare la fertilità, tramite crioconservazione di embrioni e/o ovuli. Inoltre, il 15% presentava un’anamnesi di infertilità prima della diagnosi di tumore al seno. Per quanto riguarda la storia della malattia e del trattamento delle pazienti giunte al concepimento, il 76% aveva una malattia positiva per i recettori ormonali, il 25% una malattia HER2-positiva e il 17% un tumore al seno triplo negativo.

Il 68% delle pazienti è stato sottoposto alla chemioterapia, il 57% alla terapia endocrina e il 58% alla radioterapia. Inoltre, il 38% delle partecipanti ha subito una lumpectomia (rimozione solo della massa tumorale con margini adeguati, intervento ancora più conservativo rispetto alla quadrantectomia), il 22% una mastectomia unilaterale (asportazione chirurgica di una mammella) e il 41% una mastectomia bilaterale (asportazione chirurgica di entrambe le mammelle).

Fattori associati alla gravidanza
I dati hanno mostrato che i fattori associati a una maggiore probabilità di successo del concepimento includono: un’età inferiore al momento della diagnosi, condizioni economiche sufficientemente agiate (definite dall’avere ancora denaro sufficiente per ‘comprare cose speciali dopo aver pagato le bollette’), e l’adozione di misure di conservazione della fertilità. «Mentre il fatto di essersi sottoposte alla metodi di preservazione della fertilità al momento della diagnosi, prima di ricevere il trattamento del tumore, è risultato predittivo di portare a termine la gravidanza, dando alla luce un neonato vivo, gli altri fattori esaminati relativi al tumore e al trattamento non sono risultati associati a nessuno dei due risultati», ha detto la Sorouri.

I ricercatori hanno anche osservato che i fattori quali una storia di infertilità, precedenti nascite, caratteristiche del tumore al seno, tipo di trattamento ricevuto, presenza o meno dii mutazioni germinali dei geni di BRCA 1/2 e razza o etnia, non sembrano avere un impatto sulla possibilità di concepire o di partorire un neonato vivo.

«Ciò suggerisce che in questa coorte di pazienti, che ai nostri giorni hanno una maggiore consapevolezza della fertilità, l’accesso alla preservazione della fertilità può essere di aiuto nel mitigare una parte dei danni della chemioterapia e di altri agenti», ha dichiarato Sorouri.

«I nostri risultati possono essere utilizzati nel counseling per le giovani pazienti e le sopravvissute al tumore al seno, e sottolineano la necessità di rendere accessibili i servizi di conservazione della fertilità per questa popolazione», ha concluso l’autrice.

Bibliografia
K. Sorouri, et al. Fertility among young breast cancer survivors attempting pregnancy: A prospective, multicentre cohort study. ASCO 2024, abstract 1518.