Il fossile, scoperto in Val Nure, è stato catalogato con il numero di catalogo NHMP 365 (Natural History Museum of Piacenza)
Nel maggio scorso è stata eseguita un’importante analisi strumentale su un reperto paleoicnologico che per le sue condizioni di conservazione richiedeva un approccio particolarmente delicato. Il fossile, scoperto in Val Nure, è stato catalogato con il numero di catalogo NHMP 365 (Natural History Museum of Piacenza): fa parte di una preziosa ed inusuale collezione di oltre 400 fossili, tutti provenienti dal territorio piacentino.
“La collezione del Museo di Storia Naturale di Piacenza è peculiare perché comprende tane, piste, ed altri icnofossili, ovverosia, tracce lasciate da organismi estinti che scavavano il fondale marino” spiega Annarita Volpi, presidente della Società Piacentina di Scienze Naturali (SPSN APS), e direttrice delle attività museali. Tra gli icnofossili della collezione, c’è la tana della Val Nure, costruita – 130 milioni di anni fa, nell’era dei dinosauri – da un animale marino sconosciuto. Che organismo era, e come faceva a sopravvivere sul fondo dell’oceano? “Per rispondere a queste domande, è necessario capire la forma tridimensionale della tana fossile” spiega Girolamo Lo Russo, responsabile del laboratorio icnologico del Museo di Storia Naturale.
Lo Russo spiega la complessità dello studio: “Gran parte del fossile si trova all’interno di un blocco di roccia che pesa quasi 100 kg! Per rivelare la tana fossile bisognerebbe segare il blocco che la contiene, ma questo rovinerebbe in maniera irrimediabile lo stesso fossile”. Per questa ragione si è resa necessaria un’analisi strumentale consistente in una Tomografia Computerizzata (TAC). I ricercatori piacentini hanno contattato Andrea Barucci ricercatore presso l’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Firenze esperto di intelligenza artificiale ed imaging, e Simone Casati Presidente del Museo di Mineralogia e Paleontologia (GAMPS) di Scandicci (Fi), una piccola gemma incastonata nei dintorni di Firenze.
Il reperto è stato quindi trasportato a Firenze, dopo la necessaria autorizzazione della Soprintendenza ABAP, ed è stato analizzato grazie al supporto ed alla competenza dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze. “Il campione piacentino è così denso che i raggi X sono penetrati con difficoltà nella roccia” dice Barucci. “Il risultato è stato però sorprendente, siamo riusciti a visualizzare i singoli tunnel che costituiscono questa enigmatica tana” continua Casati. I dati della TAC eseguita sono attualmente in fase di studio presso il laboratorio del Museo di Storia Naturale di Piacenza al fine di poter estrarne il maggior numero di informazioni possibili con l’intento di pubblicare nei prossimi mesi le conclusioni. “Il laboratorio di paleoicnologia di Piacenza è una realtà unica in Italia. Anche a livello europeo, è uno dei pochi laboratori dedicati specificatamente allo studio delle tracce fossili di invertebrati” spiega il Dr. Andrea Baucon, paleontologo presso l’Università degli studi di Genova e collaboratore del Geoparco Naturtejo (UNESCO) in Portogallo. Il laboratorio icnologico è stato istituito per volontà della Dr. Volpi; è stato concesso ed allestito in un locale del Museo di Storia Naturale, gestito dal responsabile Girolamo Lo Russo che si avvale della preziosa collaborazione alla ricerca di Filippo Guerrini, Matteo Magnani e Francesco Savi (SPSN APS). Le attività di ricerca di superficie sul territorio e di conservazione dei reperti sono state autorizzate dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Parma e Piacenza del Ministero della Cultura
. L’attività di laboratorio, attrezzato per l’analisi microscopica, macrofotografica e fotogrammetrica 3D dei reperti, è dedicata allo studio e alla condivisione dei dati con istituzioni di ricerca nazionali ed internazionali, tra cui le università di Pisa, di Barcellona (Spagna), di Aberdeen (Regno Unito) e dell’Australia Occidentale. “Questa attività sottolinea ancora una volta l’estrema importanza delle attività di ricerca svolte all’interno del Museo di Storia Naturale, dove è presente una strumentazione all’avanguardia per l’analisi paleoicnologica, che ormai da anni riesce a valorizzare dal punto di vista scientifico aspetti del territorio piacentino che altrimenti sarebbero ignorati” sottolinea Volpi. I risultati delle ricerche condotte dal laboratorio icnologico sono apparsi su alcune delle più prestigiose riviste scientifiche e di divulgazione (PNAS, National Geographic), venendo anche discussi in importanti congressi scientifici (EANA, supportato dall’Agenzia Spaziale Europea). Il Museo di Storia Naturale di Piacenza rappresenta una realtà di eccellenza che deve essere supportata e valorizzata.