La febbre di Oropouche ora fa paura: primi due morti in Brasile, 4 casi in Italia


Febbre di Oropouche, primi due decessi in Brasile. In Italia 4 casi: il virus poco conosciuto è stato diagnosticato a Milano e Verona in pazienti provenienti da Sud America e Caraibi

dengue febbre di oropouche

Primi due decessi al mondo per febbre di Oropouche. In Brasile, il ministero della Salute ha confermato la morte di due persone nello stato di Bahia dovuta a questa malattia. La febbre di Oropouche è un’infezione virale tropicale trasmessa da moscerini e zanzare e prende il nome dalla regione in cui è stata scoperta e isolata per la prima volta nel 1955 in un laboratorio regionale di Trinidad, vicino al fiume Oropouche, a Trinidad e Tobago.

VIRUS DELLA FAMIGLIA DI DENGUE E WEST NILE

Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

CHI SONO LE VITTIME E QUALI SINTOMI HANNO AVUTO

Secondo la Segreteria della salute dello Stato di Bahia, il primo decesso è stato registrato il 17 giugno. Il paziente aveva 24 anni e viveva a Valença. Lunedì scorso è stato registrato il secondo decesso, quello di una donna. Il ministero della Salute sta inoltre ancora indagando su un’altra morte sospetta per febbre Oropouche o virus Orov (arbovirus) nello stato di Santa Catarina.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale (nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

LA DIFFUSIONE NEL MONDO

Nel 2023 sono stati confermati 832 casi della malattia e nel 2024 sono stati registrati 7.236 casi di febbre Oropouche in 16 Stati brasiliani, il che rappresenta un aumento del 770,19% nel numero di casi segnalati. I contagi si sono concentrati inizialmente nel Nord del Brasile, ma successivamente sono stati identificati anche in altre regioni del Paese. La Paho (Organizzazione panamericana della sanità) ha evidenziato l’aumento dei casi della malattia, soprattutto nei territori di Amazonas, Acre e Roraima. Questi tre Stati confinano con altri Paesi del bacino amazzonico: Bolivia, Colombia, Perù e Venezuela.

Per i medici e tecnici del laboratorio del Sacco di Milanoin Italia non ci rischi di epidemie nel nostro Paese, ma resta essenziale monitorare la diffusione del virus. Dello stesso avviso gli esperti dell’Ircss Sacro Cuore Don Calabria di Negrar: “Le arbovirosi come la febbre Oropouche, o come dengue, Zika, chikungunya– precisano- costituiscono una delle emergenze di salute pubblica con le quali dobbiamo abituarci a convivere. I cambiamenti climatici e l’aumento degli spostamenti delle popolazioni umane rischiano di rendere endemici anche alle nostre latitudini virus un tempo confinati nella fascia tropicale”. E ancora: “La diagnosi tempestiva e la sorveglianza costante, unite a interventi di salute pubblica come le disinfestazioni- concludono- rimangono lo strumento principale per contenere questi rischi”.