Proseguono ricerche su pazienti che hanno completato studi di fase 2 o 3 volti a valutare ALZ-801 (valiltramiprosato) come trattamento per l’Alzheimer precoce
Pazienti che hanno completato studi di fase 2 o 3 volti a valutare ALZ-801 (valiltramiprosato) come trattamento per la malattia di Alzheimer (AD) precoce, a seguito dei risultati promettenti, sono stati arruolati in studi di estensioni a lungo termine. È quanto riporta un comunicato stampa rilasciato dall’azienda sviluppatrice del farmaco, Alzheon Inc. ALZ-801 è una potenziale terapia orale modificante la malattia di prima classe che agisce bloccando la formazione di oligomeri neurotossici solubili di beta amiloide.
Studio APOLLOE4 per valutare l’impatto sulla cognizione
Lo studio di fase 3 randomizzato in doppio cieco APOLLOE4, in corso, è progettato per testare la sicurezza, l’efficacia, i biomarcatori e gli effetti di imaging di ALZ-801 in pazienti con AD precoce che hanno due copie dell’allele 4 del gene dell’apolipoproteina E (APOE4). L’obiettivo principale dello studio è misurare l’impatto di ALZ-801 sulla cognizione utilizzando l’Alzheimer’s Disease Assessment Scale-Cognitive Subscale.
Nell’arco di 78 settimane, i pazienti nella fase iniziale dello studio hanno ricevuto una dose orale di 265 mg di ALZ-801 due volte al giorno oppure placebo. I dati principali della fase iniziale sono attesi per la seconda metà del 2024, secondo il comunicato.
I partecipanti che hanno completato l’intero studio di fase 3 ed erano ancora idonei sono stati invitati ad arruolarsi nell’estensione dello studio e saranno trattati con ALZ-801 per ulteriori 52 settimane (130 settimane in totale). Il primo paziente è stato trattato nell’estensione dello studio il 30 aprile scorso.
«A seguito del completamento dello studio di fase 3 APOLLOE4, i partecipanti che scelgono di continuare nell’estensione a lungo termine – in cui tutti i soggetti ricevono un trattamento attivo- ci aiuteranno a valutare gli effetti a lungo termine di ALZ-801/valiltramiprosato sulla progressione dell’AD, oltre a generare ulteriori dati di sicurezza e tollerabilità» ha detto nel comunicato Aidan Power, Chief Development Officer di Alzheon.
Valutati i biomarcatori plasmatici e nel liquido cerebrospinale
Inoltre, Alzheon ha avviato una seconda estensione di 52 settimane dello studio di fase 2 sui biomarcatori, che ora si protrarrà per un totale di 208 settimane. Lo studio di fase 2 era stato inizialmente impostato come uno studio di 104 settimane per valutare gli effetti di ALZ-801 sul liquido cerebrospinale e sui biomarcatori plasmatici, che sono marcatori precoci sensibili della progressione dell’AD.
I ricercatori hanno arruolato pazienti con AD precoce che sono risultati positivi per i biomarcatori amiloidi e tau nel liquido cerebrospinale e che avevano il genotipo APOE4/4 o APOE3/4. Tutti i pazienti hanno ricevuto 265 mg di ALZ-801 per os due volte al giorno.
Lo studio iniziale ha raggiunto il suo endpoint primario, con una riduzione del 31% rispetto al basale della p-tau181 plasmatica a 104 settimane, riporta il comunicato. Dopo aver implementato una precedente estensione di 52 settimane l’anno scorso, i ricercatori stanno arruolando ora i pazienti che hanno completato lo studio e la precedente estensione dello studio in un’altra estensione di 52 settimane.
Le valutazioni della sicurezza, dei biomarcatori plasmatici, del volume dell’ippocampo, dello spessore corticale e degli effetti cognitivi saranno eseguite in momenti chiave durante lo studio di fase 2 esteso.
«Lo studio di fase 2 sui biomarcatori ha generato dati convincenti che dimostrano che il trattamento con ALZ-801 orale porta a una riduzione sostenuta della p-tau181, una misura chiave della neurodegenerazione cerebrale, così come al rallentamento dell’atrofia dell’ippocampo rispetto a un braccio di controllo esterno abbinato e alla stabilizzazione della cognizione per 2 anni» ha detto John Hey, chief scientific officer di Alzheon.
«Alla luce di questi risultati incoraggianti» ha aggiunto «siamo ‘costretti’ a estendere la sperimentazione per un altro anno, portando il periodo di trattamento a quattro anni per questi pazienti».