Retinopatia con uso di idrossiclorochina: chi sono i soggetti più a rischio


I fattori di rischio in grado di predire una maggiore suscettibilità ad andare incontro a retinopatia a seguito dell’impiego per più di 5 anni di idrossiclorochina

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Appartenenza al sesso femminile, impiego di tamoxifene, età avanzata, presenza di malattia renale cronica da moderata a grave. Questi alcuni fattori di rischio in grado di predire una maggiore suscettibilità ad andare incontro a retinopatia a seguito dell’impiego per più di 5 anni di idrossiclorochina (HCQ), oltre ovviamente alle dosi medie giornaliere e alle dosi cumulative di farmaci, identificati in uno studio su Jama Network Open. Lo studio, peraltro, sottolinea come il rischio assoluto di retinopatia derivato dall’impiego a lungo termine di HCQ sia davvero molto basso.

Razionale e obiettivo dello studio
L’idrossiclorochina (HCQ) rappresenta ancora oggi un pilastro nel trattamento dei pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES), con benefici che includono il miglioramento della sopravvivenza e la prevenzione delle manifestazioni e dei danni associati al LES. Il farmaco, inoltre, è anche comunemente prescritto nel trattamento dell’artrite reumatoide (AR) e di altre condizioni reumatologiche e malattie del tessuto connettivo.

Tuttavia, il principale evento avverso legato al suo impiego a lungo termine è rappresentato dalla retinopatia: nello specifico, gli effetti tossici retinici dell’idrossiclorochina sono caratterizzati dall’assottigliamento della retina esterna e da possibili danni dell’epitelio pigmentato della retina, che possono portare alla perdita della vista negli stadi avanzati.

Con i range posologici tipicamente impiegati nel trattamento delle patologie reumatologiche e dermatologiche, il rischio di retinopatia da idrossiclorochina è molto raro nei primi 5 anni di utilizzo, mentre il rischio complessivo di retinopatia aumenta all’8,6 %. dopo 15 anni di utilizzo.

Per questi motivi, le attuali linee guida raccomandano di limitare i dosaggi d’impiego di questo farmaco e di effettuare uno screening annuale per la retinopatia per tutti gli utilizzatori a lungo termine.
Se il danno alla retina dovuto all’uso prolungato di HCQ rappresenta un effetto collaterale riconosciuto da decenni, fino ad ora, al di là dei dosaggi utilizzati e della durata d’impiego del farmaco, non erano state ancora approfondite le possibili associazioni di altri fattori di rischio con la retinopatia da idrossiclorochina.

Di qui il nuovo studio che si è proposto di colmare questo gap, nel corso del quale i ricercatori si sono proposti l’obiettivo di identificare questi altri fattori di rischio in una coorte di 4.677 pazienti afferenti al Kaiser Permanente Northern California integrated health network che avevano iniziato e continuato un trattamento con HCQ e che erano stati sottoposti a screening per la presenza di retinopatia dopo 5 anni d’impiego del farmaco dal 1997 al 2020, successivamente seguiti in un follow-up durato almeno 15 anni.

Disegno dello studio
L’età media dei pazienti della coorte al momento dell’inizio del trattamento con HCQ era pari a 52 anni, con una netta prevalenza di donne (83%). Più della metà dei pazienti aveva come indicazione primaria l’artrite reumatoide (AR) o altre artriti infiammatorie; il lupus e altri disturbi del tessuto connettivo erano motivo di prescrizione del farmaco per circa il 34% dei pazienti della coorte, mentre “condizioni dermatologiche o altro” rappresentavano l’8%. Poco meno del 60% dei pazienti era di etnia Caucasica, mentre il resto era equamente diviso tra individui di etnia Afro-Americana, Asiatica e Ispanica.

All’inizio del trattamento con HCQ, la dose media era di 4,4 mg/kg, con il 61% di dosi superiori a 5 mg/kg. Al quinto anno, le dosi erano state ridotte in molti pazienti: la media era di 3,2 mg/kg e solo il 34% assumeva dosi superiori a 5 mg/kg. La dose cumulativa al quinto anno era in media di 455 g.

L’outcome principale dello studio era rappresentato dall’incidenza di retinopatia da idrossiclorochina. I ricercatori, inoltre, hanno utilizzato modelli di regressione multivariabili di Cox per valutare i potenziali fattori di rischio per la retinopatia da idrossiclorochina entro 15 anni dall’inizio della terapia.

Risultati principali
Almeno dal punto di vista numerico, il fattore di rischio più forte per la retinopatia non è risultato essere la dose giornaliera o cumulativa, ma l’età del paziente: dopo l’aggiustamento per le covariate, i pazienti di età pari o superiore a 65 anni hanno sperimentato un hazard ratio pari a 5,68 rispetto a quelli più giovani di 45 anni (IC95%:2,99-10,79).

Subito, dopo, però, il fattore di rischio di retinopatia più forte è risultato essere l’impiego di una dose giornaliera di HCQ superiore a 6 mg/kg (HR: 5,30; IC95%: 3,46-8,10).

La dose cumulativa di HCQ ha influenzato il rischio di retinopatia con un incremento del rischio di 1,64 volte per ciascun incremento pari a 100 grammi (IC95%: 1,44-1,87).

Altri fattori di rischio significativi (aggiustati per la presenza di alcune covariate, quali l’etnia e le dosi giornaliere e cumulative di HCQ) sono stati i seguenti :
– sesso femminile: HR=3,83 (IC95%: 1,86-7,89)
– uso di tamoxifene: HR=3,43 (IC95%: 1,08-10,89)
– CKD di grado 3 o superiore: HR=1,95 (IC95%: 1,25-3,04)

I ricercatori hanno notato chei pazienti con AR sembravano essere meno a rischio di danni alla retina rispetto a quelli con lupus o altri disturbi del tessuto connettivo, con un hazard ratio di 0,62 (IC95%:0,41-0,94).
Altri risultati hanno riguardato diversi tipi di retinopatia. Dei 125 pazienti che avevano sviluppato retinopatia, 102 hanno mostrato un pattern parafoveale, mentre i restanti 23 hanno sviluppato un pattern di tipo pericentrale.

I dati dello studio hanno indicato anche che, dopo aggiustamento per la dose di HCQ, i pazienti di etnia Afro-Americana avevano una probabilità nettamente maggiore rispetto a quelli di etnia Caucasica di presentare un danno retinico pericentrale (HR: 5,51; IC95%:1,22-24,97). Non solo: Probabilità di danno retinico pericentale ancora più elevate sono state documentate nei pazienti di etnia Asiatica (HR: 15,02; IC95%:4,82-46,87). I pazienti ispanici hanno mostrato un trend simile, ma non significativo dal punto di vista statistico.

Inoltre, nelle pazienti di sesso femminile, la probabilità di mostrare retinopatia parafoveale è risultata maggiore rispetto ai pazienti di sesso maschile (HR: 5,50; IC95%:2,23-13,59), e questo trend è risultato anche più frequente nei pazienti con CKD di grado ≥3 (HR: 1,92; IC95%:1,18-3,12) rispetto a quelli con CKD non grave o meno grave.

Riassumendo
Nel commentare i risultati del lavoro, i ricercatori hanno affermato che “…la comprensione di questi nuovi fattori di rischio per la retinopatia da HCQ dovrebbe influenzare il dosaggio dell’idrossiclorochina e il monitoraggio di questa complicanza”.

Inoltre, nel notare l’aumento dei tassi di retinopatia pericentrale tra i pazienti di etnia non Caucasica, i ricercatori hanno anche auspicato una maggior consapevolezza della necessità di riconoscere tempestivamente questo pattern tra gli specialisti che interpretano gli studi di screening della retinopatia da HCQ – riconoscimento che richiede un esame del fundus più ampio di quello che forniscono le registrazioni standard della tomografia a coerenza ottica o i campi visivi centrali 10-2.

Al contempo, però, i ricercatori hanno voluto dare anche un messaggio rassicurante sull’incidenza di retinopatia da HCQ: il rischio assoluto questa complicanza è davvero molto basso, dato che su una casistica di 4.677 pazienti seguiti dopo inizio del trattamento con HCQ, solo 125 hanno sviluppato una retinopatia dopo 5-15 anni di follow-up.

Bibliografia
Jorge AM et al. Risk Factors for Hydroxychloroquine Retinopathy and Its Subtypes. JAMA Netw Open. 2024;7(5):e2410677. doi:10.1001/jamanetworkopen.2024.10677
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