Nei pazienti con psoriasi e un’infezione tubercolare latente, il rischio di riattivazione della tubercolosi non sembra aumentare con gli inibitori della IL-17 o IL-23
Nei pazienti con psoriasi e un’infezione tubercolare latente, il rischio di riattivazione della tubercolosi non sembra aumentare con gli inibitori della IL-17 o IL-23, che dovrebbero essere preferiti agli antagonisti del TNF quando sussistono dubbi sulla riattivazione della malattia infettiva. Sono le conclusioni di uno studio retrospettivo pubblicato sull’American Journal of Clinical Dermatology.
La tubercolosi ha un impatto globale significativo e si colloca tra le prime 10 cause di mortalità a livello mondiale, oltre a essere la principale causa di decesso attribuita a un singolo agente infettivo. Negli ospiti immunocompetenti l’infezione è inizialmente controllata dal sistema immunitario e porta a una condizione asintomatica nota come infezione tubercolare latente (LTBI). Si stima che circa un quarto della popolazione mondiale ne sia affetta, ma solo il 5-10% svilupperà un’infezione tubercolare attiva, se non trattata. Vi sono tuttavia alcune condizioni mediche o terapie che sopprimono o modulano il sistema immunitario che possono aumentare il rischio di riattivazione.
La psoriasi è una malattia cronica infiammatoria e immunomediata il cui trattamento è cambiato in modo significativo con lo sviluppo di agenti biologici molto efficaci che bloccano specifiche citochine del sistema immunitario, anche se questa inibizione ha sollevato preoccupazioni su potenziali problemi di sicurezza, come un aumento del rischio di infezioni opportunistiche.
Gli inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) sono stati i primi agenti biologici approvati per il trattamento della malattia psoriasica. È stato ampiamente riportato sia da studi clinici che da dati di pratica clinica reale che i pazienti trattati con queste molecole hanno un rischio più elevato di riattivazione di LTBI o di sviluppare una nuova infezione da tubercolosi, in particolare nei primi mesi di terapia.
Per il trattamento della psoriasi sono in seguito stati sviluppati nuovi agenti biologici mirati selettivamente all’asse dell’interleuchina (IL)-23/IL-17 e le evidenze da studi clinici e di real world suggeriscono che l’inibizione delle due citochine non influenza la progressione dell’infezione primaria, così come non porta alla sua riattivazione. Questo suggerisce, secondo gli autori, l’assenza di rischi elevati di riattivazione della tubercolosi, anche nei pazienti che non ricevono la chemioprofilassi. Tuttavia questa evidenza è ancora molto limitata, in particolare nei pazienti con LTBI non trattata.
Valutare con attenzione la chemioprofilassi della tubercolosi in caso di infezione latente
Le linee guida attuali e le informazioni sulla prescrizione degli agenti biologici approvati non differenziano l’approccio alla LTBI sulla base della specifica terapia biologica utilizzata. Si raccomanda di condurre uno screening per la tubercolosi prima di iniziare la terapia biologica, indipendentemente dagli agenti scelti. Se viene rilevata un’infezione latente, prima di iniziare la terapia biologica bisognerebbe effettuare la chemioprofilassi della tubercolosi.
Tuttavia i trattamenti antitubercolari possono avere effetti collaterali significativi e esistono numerose controindicazioni al loro utilizzo. Pertanto il rapporto rischio-beneficio di questo intervento dovrebbe essere valutato con attenzione, hanno premesso gli autori guidati da Tiago Torres, professore di dermatologia presso l’Istituto di scienze biomediche Abel Salazar dell’Università di Porto.
Il rischio di riattivazione della tubercolosi non sembra aumentare con gli inibitori della IL-17 o IL-23
Partendo da queste considerazioni, i ricercatori hanno condotto uno studio retrospettivo, multinazionale, multicentrico, nel mondo reale, con l’obiettivo di valutare i pazienti con psoriasi cronica a placche da moderata a grave con LTBI di nuova diagnosi che hanno ricevuto inibitori di IL-17 e IL-23 riguardo a chemioprofilassi, evoluzione della LTBI (riattivazione) e comorbilità. Gli endpoint secondari erano la tollerabilità e la sicurezza della chemioprofilassi per la tubercolosi.
Secondo i dati di 14 centri dermatologici in cinque paesi, i pazienti trattati con inibitori della IL-23 o IL-17 per una durata media di 32,87 mesi non hanno riscontrato un aumento del rischio di riattivazione della tubercolosi.
Su 405 soggetti analizzati solo un caso di tubercolosi si è riattivato dopo 14 mesi di trattamento con ixekizumab, un inibitore della IL-17A. Secondo lo studio, la percentuale di tubercolosi attiva associata a ixekizumab era dell’1,64%, mentre era pari allo 0% per tutti gli altri agenti (con una differenza non significativa).
Ciò significa che, nel complesso, l’associazione tra tubercolosi attiva e inibitori della IL-17 o IL-23 era rispettivamente dello 0,46% e dello 0% (con una differenza anche io questo caso non significativa). Gli autori hanno tuttavia fatto presente che la maggioranza dei pazienti aveva completato il ciclo di chemioprofilassi (62,2%), mentre alcuni non l’hanno completato (10,1%) o semplicemente non l’hanno ricevuta (27,7%).
«Il rischio di riattivazione della tubercolosi nei pazienti con psoriasi e LTBI non sembra aumentare con gli inibitori della IL-17 o IL-23, che dovrebbero essere preferiti rispetto agli antagonisti del TNF quando sussistono dubbi sulla riattivazione dell’infezione» hanno concluso. «Nei pazienti con LTBI considerati ad alto rischio di sviluppare complicanze legate alla chemioprofilassi, si può rinunciare a questa strategia preventiva prima di iniziare il trattamento con inibitori della IL-17 e soprattutto con inibitori della IL-23.
Referenze
Torres T et al. Treatment of Psoriasis Patients with Latent Tuberculosis Using IL-17 and IL-23 Inhibitors: A Retrospective, Multinational, Multicentre Study. Am J Clin Dermatol. 2024 Mar;25(2):333-342.