Le priorità nella gestione del diabete precoce sono state oggetto di un dibattito in occasione del congresso 2024 dell’American Diabetes Association (ADA)
Le priorità nella gestione del diabete precoce sono state oggetto di un dibattito in occasione del congresso 2024 dell’American Diabetes Association (ADA), nel corso del quale gli esperti hanno sostenuto quattro approcci differenti, ovvero concentrarsi sulla gestione del peso corporeo, trattare le complicanze, puntare alla remissione oppure assicurare il controllo glicemico.
Le diverse posizioni sostenute dagli esperti riflettono le scelte difficili che i medici che trattano i pazienti con diabete devono fare quotidianamente. «Nel processo decisionale clinico per il diabete precoce dobbiamo valutare ognuna di queste variabili per il singolo paziente e, anche se sono tutte buone opzioni, si possono avanzare forti argomentazioni per dare priorità a ciascuna di esse, con il potenziale di ciascuna scelta di influenzare o migliorare tutte le altre» ha affermato il moderatore della sessione Ravi Retnakaran, dell’Università di Toronto, in Ontario, Canada.
Priorità all’obesità?
Ania Jastreboff, professoressa associata e direttrice dello Yale Obesity Research Center presso la Yale School of Medicine, a New Haven, nel Connecticut, ha fatto riferimento alla statistica secondo la quale quasi il 90% delle persone con diabete di tipo 2 è in sovrappeso o obesa, per discutere i benefici dei nuovi farmaci non solo nella perdita di peso ma anche a livello renale, cardiovascolare e, dato molto recente, nel migliorare l’apnea notturna.
Ha confrontato le esperienze di due pazienti con obesità, uno trattato per l’eccesso di peso al momento della diagnosi di diabete di tipo 2 che ha ottenuto una rapida normalizzazione dei lipidi e dell’ipertensione subito dopo la terapia anti-obesità, e un secondo paziente con diabete da 10 anni e in trattamento per ipertensione e iperlipidemia ma non per l’obesità, le cui malattie a quel punto non erano curabili così facilmente.
«Per quale motivo ci si concentra sul trattamento degli effetti a valle e non della malattia che potenzialmente è la causa principale di tutte queste altre condizioni?» ha domandato.
Priorità alle complicanze?
La posizione di Roopa Mehta, del Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo dell’INCMNSZ di Città del Messico, ha sostenuto l’importanza di trattare le complicanze, una minaccia incombente che può avere esiti potenzialmente fatali.
L’infarto miocardico acuto, l’ictus, l’amputazione e la malattia renale allo stadio terminale sono possibili condizioni indesiderate e devono essere prese in considerazione anche nelle fasi iniziali della malattia metabolica, dal momento che i dati mostrano che il diabete di tipo 2 a esordio precoce è legato all’aspettativa di vita.
«L’obiettivo principale della gestione del diabete è sempre stato quello di prevenire le complicanze» ha ribadito, sottolineando i benefici della terapia di prima e seconda linea con metformina, SGLT2 inibitori e GLP-1 agonisti per la maggior parte dei pazienti.
Priorità alla remissione del diabete?
Roy Taylor, professore di medicina e metabolismo presso l’Università di Newcastle e il Newcastle Hospitals NHS di Newcastle upon Tyne, in Inghilterra, si è concentrato su un approccio alternativo basato sull’evidenza per raggiungere la remissione, ovvero un approccio non farmacologico che evita farmaci costosi e talvolta inaccessibili, anche se non adatto a tutti i pazienti.
Questo intervento, descritto nello studio randomizzato DiRECT e successivamente nel UK National Health Service Type 2 Diabetes Path to Remission Program, prevedeva di sottoporre i pazienti in sovrappeso o obesi a una dieta altamente restrittiva di sole 800-900 calorie al giorno per 12-20 settimane, seguita da un mantenimento per 12 mesi. I partecipanti non solo hanno perso peso ma hanno anche ottenuto la remissione del diabete, in alcuni casi a lungo termine.
Priorità al controllo glicemico?
David Nathan del Diabetes Center, Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, Boston, ha citato ampie evidenze che dimostrano che il controllo precoce e intensivo della glicemia con sulfoniluree, insulina o metformina ha ridotto significativamente il rischio di complicanze nel diabete di tipo 2 dopo 15 o più anni, tra cui insufficienza renale, cecità, amputazione e infarto miocardico, oltre a una riduzione del decesso correlato al diabete.
Ha inoltre sottolineato i risultati dello studio Look AHEAD, che è stato interrotto a causa della sua inutilità quando un intervento intensivo sullo stile di vita/perdita di peso non ha mostrato benefici significativi in termini di esiti cardiovascolari nelle persone con diabete di tipo 2 a un follow-up mediano fino a 9,6 anni.
«In definitiva il diabete di tipo 1 e di tipo 2 restano malattie gluco-centriche» ha rimarcato. «L’iperglicemia è l’unico legame universale tra tutte le forme di diabete e la mortalità, e le complicanze a lungo termine del diabete sono intimamente associate all’iperglicemia».
Confronto sulle questioni riguardanti i GLP-1 agonisti
Una tavola rotonda successiva ha approfondito le questioni emerse di recente con l’improvviso aumento del ricorso ai farmaci GLP-1 agonisti.
Riguardo alla mancanza di dati sui potenziali effetti a lungo termine di queste molecole è stato sottolineato il gran numero di studi condotti, anche se prevalentemente su brevi periodi di tempo. Considerato che per mantenerne gli effetti sul controllo del peso devono essere assunti per tutta la vita, è stata rimarcata la necessità di studi a lungo termine e di monitorare attentamente i pazienti.
In tema di effetti collaterali gastrointestinali è stato fatto presente che per la maggior parte possono essere mitigati con un lento aumento della titolazione, ha osservato Jastreboff.
Con la rapidissima crescita dell’utilizzo di GLP-1 agonisti per la perdita di peso è stata sottolineata l’importanza di regolare la posologia per evitare un calo ponderale troppo rapido. «Ricordiamoci che non trattiamo l’obesità solo per ridurre il peso o per ragioni estetiche, ma si tratta di ottimizzare la salute» ha commentato Mehta.
«Se il paziente perde più dell’1% a settimana del proprio peso, allora rallento il ritmo per assicurarmi che riceva i nutrienti di cui ha bisogno, che abbia abbastanza energia per fare esercizio e che dia priorità alle proteine e a frutta e verdura nella dieta» ha aggiunto Jastreboff. «Dobbiamo solo procedere lentamente e seguire i pazienti a lungo termine».
Julio Rosenstock, direttore del Velocity Clinical Research Center di Medical City e clinical professor of medicine allo University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas, è intervenuto descrivendo come non realistico il suggerimento di Taylor a favore di una dieta a bassissimo contenuto calorico e definendo “bloccata nel passato” l’argomentazione di Nathan di dare priorità alla glicemia.
«Sulla base delle evidenze più recenti non c’è motivo per iniziare il trattamento del diabete con la sola metformina» ha dichiarato. «Dobbiamo iniziare almeno con metformina e un SGLT2 inibitore dal primo giorno, ed eventualmente aggiungere in seguito un GLP-1 agonista. Al giorno d’oggi non c’è niente di meglio degli agenti che hanno costantemente dimostrato una riduzione degli eventi cardiovascolari e un rallentamento della progressione della malattia renale».