Abusi sessuali: due frati arrestati dai carabinieri della Stazione di Afragola


Una rapina per nascondere le violenze sessuali: il mandante è il parroco di Afragola. Abusi anche nella Basilica di S. Antonio: in sei in carcere, tra loro due frati

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Una irruzione in casa con spranghe e mazze, la sottrazione di un cellulare e l’ombra di violenze sessuali subite dalle vittime della rapina. Questi gli elementi alla base dell’arresto in carcere per sei persone gravemente indiziate dei delitti di rapina aggravata in concorso e di violenza sessuale. Ad eseguire la misura cautelare emessa dal Tribunale di Napoli Nord, su conforme richiesta della Procura della Repubblica guidata da Maria Antonietta Trocone, i carabinieri della Stazione di Afragola.

Il provvedimento cautelare costituisce l’epilogo di una articolata attività di indagine avviata lo scorso aprile a seguito della denuncia sporta da due uomini residenti ad Afragola, nel Napoletano, vittime di una rapina commessa da due soggetti, travisati e muniti di mazze e coltello, che dopo aver fatto irruzione nella loro abitazione, sfondando la porta di ingresso, si erano impossessati di un telefono cellulare e tentato invano di impossessarsi anche di un altro telefono dandosi poi alla fuga. Le indagini svolte nell’immediatezza dai militari dell’Arma della Stazione di Afragola, coordinati dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord hanno consentito di identificare in breve tempo gli autori materiali della rapina e di accertare sia i loro mandanti che il movente.

In particolare il grave fatto criminale “presentava alcune anomalie” e “veniva ricondotto dalle vittime a pregressi rapporti con alcuni frati del territorio campano ed ad abusi e violenze sessuali subite“. Sulla base delle dichiarazioni rese dalle vittime sono state attivate operazioni di intercettazione telefonica ed acquisite le immagini dai sistemi di video sorveglianza presenti lungo il percorso seguito dai rapinatori indicato dettagliatamente dalle vittime. Le indagini, giovatesi degli elementi forniti dalle vittime che nel frattempo avevano anche riconosciuto in foto i rapinatori, hanno permesso di accertare il contesto in cui era maturata la rapina e di acquisire, si legge nella nota della Procura di Napoli Nord, “granitici riscontri alle dichiarazioni rese dalle vittime anche sulle violenze sessuali subite all’interno di alcuni monasteri tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola (Na) nonché di svelare il motivo per il quale i rapinatori avevano asportato esclusivamente il telefono cellulare e non anche altri oggetti e denaro pur presenti nell’abitazione delle vittime”.

Dalle intercettazioni è emerso, infatti, che la rapina era stata commessa per sottrarre due vittime i telefoni in cui erano memorizzate immagini e chat “a dir poco imbarazzanti che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati dei monasteri in cui avevano lavorato le vittime”. In particolare dalle operazioni di intercettazione telematica e telefonica si è rilevato che a dare il mandato per compiere la rapina fosse stato il parroco di Afragola che, rivolgendosi ad altri soggetti che avrebbe dovuto assoldare gli esecutori materiali, poi individuati negli indagati arrestati oggi, avrebbero recuperato i telefoni cellulari in possesso delle vittime.

Nel corso delle indagini, inoltre, è stata acquisita una lettera redatta dagli avvocati delle vittime della rapina e diretta ai frati superiori con la quale, nel sollecitare il pagamento delle somme relative alle prestazioni lavorative eseguite nei monasteri fino a quel momento non corrisposte, si faceva riferimento anche a rapporti sessuali subiti dalle vittime in cambio di assistenza di carattere sociale (abiti, alimenti e quant’altro necessario alla loro sopravvivenza) e lavorativa (assicurando loro un impiego retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose). Le indagini svolte successivamente, anche attraverso l’interrogatorio di un altro frate a conoscenza delle violenze sessuali e del movente della rapina, hanno confermato “la riconducibilità del mandato a compiere il grave fatto criminale ad un frate, arrestato, che spinto dal forte timore di affrontare conseguenze di una denuncia sporta dalle vittime delle violenze supportata da chat, video e messaggi contenuti nella memoria dei telefoni cellulari in loro possesso, si era rivolto a suoi conoscenti per sottrarre i telefoni alle vittime e scongiurare il pericolo”.