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Il tasso di progressione della mielofibrosi aumenta in 3 pazienti su 5

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La maggior parte dei pazienti con mielofibrosi a rischio basso o intermedio va incontro a progressione della malattia nell’arco di 4 anni con un tasso di progressione che aumenta

La maggior parte dei pazienti con mielofibrosi a rischio basso o intermedio va incontro a progressione della malattia nell’arco di 4 anni con un tasso di progressione che aumenta nel tempo, stando ai risultati dello studio osservazionale MOST, presentati in una sessione poster al congresso annuale della European Hematology Association (EHA) a Madrid.

Secondo i dati dello studio, il 58% dei pazienti con mielofibrosi a basso rischio è andato in progressione di malattia nell’arco di 4 anni.

Questi risultati forniscono importanti indicazioni sui tassi di progressione della malattia in pazienti come quelli con mielofibrosi a basso rischio, per i quali ad oggi è disponibile solo un numero limitato di dati prospettici su questo aspetto.

Lo studio MOST
MOST (NCT02953704) è uno studio multicentrico osservazionale prospettico, longitudinale, il cui scopo è quello di descrivere le caratteristiche cliniche, l’evoluzione del carico di malattia e i modelli di trattamento in pazienti con sottocategorie selezionate per pazienti con mielofibrosi o trombocitemia essenziale.

Nello studio i dati dei pazienti sono stati raccolti durante le visite pianificate (circa ogni 6 mesi), per un periodo di osservazione complessivo di 36 mesi.

Al congresso ASCO gli autori hanno riportato i risultati dei pazienti con mielofibrosi.

I criteri di progressione secondo un punto di vista laboratoristico nello studio MOST, oltre a un livello di emoglobina inferiore a 10 g/dl, includevano una conta piastrinica inferiore a 100 × 109/l, una percentuale di blasti inferiore all’1%, una conta dei globuli bianchi superiore a 25 × 109/l e una trasformazione leucemica con più del 20% di blasti. I criteri di progressione secondo la valutazione dello sperimentatore includevano sintomi sistemici (perdita di peso, febbre, sudorazione), splenomegalia di nuova insorgenza o in aggravamento, una trasfusione di globuli rossi durante lo studio, trasformazione leucemica riferita dal medico e decesso per la progressione della malattia. È stata considerata progressione della malattia la presenza di almeno un criterio.

Da novembre 2016 sono stati arruolati 232 pazienti adulti con diagnosi clinica di mielofibrosi primaria o secondaria classificata in base ai criteri del Dynamic International Prognostic Scoring System, DIPPS: 205 con mielofibrosi a basso rischio o intermedio 1 solo per l’età (superiore a 65 anni) sono stati assegnati alla coorte A e 27 con diagnosi di mielofibrosi a rischio intermedio-1 per fattori diversi dall’età sono stati assegnati alla coorte B.

Nella coorte A, dei 120 pazienti andati incontro a progressione della malattia durante lo studio (47,5% per emoglobina inferiore a 10 g/dl), 12 sono morti a causa della progressione e sei hanno avuto una trasformazione leucemica. Nella coorte B, quasi il 30% dei pazienti (8) è andato incontro a una progressione della malattia nel corso dello studio.

Altri criteri di progressione riscontrati nella coorte A includevano una conta piastrinica inferiore a 10 × 109/l, osservata nel 31,7% dei pazienti, sintomi sistemici nel 30,8% e splenomegalia nel 28,3%. Un valore di emoglobina inferiore a 10 g/dl era presente nel 72,4% dei pazienti che presentavano tre o più criteri di progressione.

Tasso di progressione aumentato durante lo studio
Il tasso di progressione è sembrato aumentare nel corso dello studio. Il tempo mediano alla prima e seconda progressione della malattia nella coorte A è stato di circa 2 anni per entrambe (24,9 mesi e 28,2 mesi), mentre è stato di circa un anno (11,6 mesi) per la terza progressione.

Considerando i pazienti andati in progressione rispetto a quelli in cui la malattia non è progredita durante lo studio, è stato osservato che nella coorte A un maggior numero di pazienti aveva più di 65 anni al momento della diagnosi (53,3% contro 35,3%, P=0,0384). Tuttavia, il tempo mediano dalla diagnosi all’arruolamento era simile tra i gruppi, con una mediana di 1,9 anni e 1,4 anni (P=0,9997). Anche la durata mediana dell’arruolamento dei pazienti della coorte A non ha mostrato differenze significative fra quelli non andati in progressione e quelli progrediti (4,5 contro 4,3 anni).

La maggior parte dei pazienti della coorte A era in terapia per la mielofibrosi al momento dell’arruolamento, indipendentemente dalla progressione della malattia: il 59,2% di quelli in progressione e il 61,2% di quelli non in progressione. Tuttavia, tra i pazienti che avevano sviluppato una progressione di malattia, una percentuale maggiore era in terapia con ruxolitinib (59,2% contro 14,1%, P = 0,0078), mentre una quota minore era in terapia con idrossiurea (22,5% contro 36,5%, P =0,0913). Nella coorte B, il tempo mediano dalla diagnosi all’arruolamento era di 1,9 anni (range: 0-31) e la durata mediana dell’arruolamento era di 4,3 anni (range: 3,6-5,4).

Valutato lo stato delle mutazioni all’arruolamento
Di tutti i pazienti arruolati in entrambe le coorti, 186 sono stati testati per almeno una mutazione driver nota.

Nella coorte A, tra i pazienti valutati per la mutazione di JAK2 (158) 108 erano portatori di una mutazione del gene, di cui 66 (su 93) erano andati incontro alla progressione della malattia, mentre 42 (su 65) non erano in progressione.

Sempre nella coorte A, dei pazienti in cui si è valutata la presenza di una mutazione di CALR (44), 33 sono risultati portatori di una mutazione, di cui 16 (su 21) in progressione e 17 (su 23) non in progressione.

Infine, tra i pazienti in cui si è valutato lo stato mutazionale di MPL (31), cinque erano portatori di una mutazione, di cui uno (su 10) con malattia progredita e quattro (su 21) no.

Bibliografia
M. Grunwald, et al. High rate of disease progression in patients with low-risk myelofibrosis (MF) enrolled in the prospective MOST study. EHA 2024; abstract P1053.

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