Tumore del polmone EGFR+: con osimertinib rischio di progressione o morte ridotto dell’84% nei pazienti in stadio III non resecabile
Passo avanti importante nel trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule con mutazioni del gene EGFR (EGFR-mutato, EGFRm o EGFR+). Il trattamento con l’inibitore tirosin chinasico (TKI) dell’EGFR osimertinib dopo la chemioradioterapia (CRT) standard produce un miglioramento statisticamente e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla CRT più un placebo nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule EGFR+ localmente avanzato, non resecabile, in stadio III.
Lo dimostrano i dati dello studio di fase 3 LAURA, presentati di recente in Sessione Plenaria al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago, da Suresh S. Ramalingam, direttore esecutivo del Winship Cancer Institute della Emory University di Atlanta.
PFS sette volte più lunga con osimertinib
I dati evidenziano che il trattamento con osimertinib ha ridotto il rischio di progressione o morte dell’84% rispetto al placebo (HR 0,16; IC al 95% 0,10-0,24; P < 0,001) e la PFS mediana è risultata pari a 39,1 mesi (IC al 95%, 31,5–non calcolabile [NC]) per i pazienti trattati con osimertinib (143) contro soli 5,6 mesi (IC al 95%, 3,7-7,4) per i pazienti che hanno ricevuto un placebo (73). Dunque, una mediana di PFS quasi sette volte superiore per il braccio trattato con il TKI.
Inoltre, dopo 2 anni di terapia la percentuale di pazienti ancora vivi e non in progressione, quindi con malattia sotto controllo, è risultata cinque volte superiore nel braccio osimertinib rispetto al braccio di controllo. Infatti, i tassi di PFS sono risultati rispettivamente del 74% contro 22% a 12 mesi e 65% contro 13% a 24 mesi.
È importante notare che il beneficio clinicamente significativo di PFS è stato osservato in tutti i sottogruppi predefiniti, suddivisi in base a sesso, etnia, tipo di mutazione di EGFR, età, storia di tabagismo e tipo di CRT precedente (sequenziale versus concomitante).
Coerentemente, i dati di sopravvivenza globale (OS), endpoint secondario chiave dello studio, hanno già mostrato un andamento favorevole con osimertinib, ma non erano ancora maturi al momento dell’analisi presentata a Chicago e continueranno a essere raccolti e analizzati
Nuovo standard di cura, risultati practice changing
«Gli straordinari risultati di sopravvivenza libera da progressione dello studio di fase 3 LAURA rappresentano un importante passo avanti per i pazienti con tumore del polmone di stadio III non resecabile con mutazioni di EGFR, per i quali non sono disponibili trattamenti mirati» ha dichiarato in conferenza stampa Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Toracica (AIOT). «Osimertinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell’84%, un risultato senza precedenti. Sulla base di questi dati, osimertinib dovrebbe diventare il nuovo standard di cura per questi pazienti».
«Inoltre, in questo modo potremo offrire ai pazienti in stadio localmente avanzato un trattamento mirato in un setting a intento curativo, cioè la terapia target anti-EGFR con osimertinib, in grado di ottimizzare l’efficacia della chemioradioterapia», ha rimarcato Sara Ramella, Direttore della Radioterapia oncologica e Professore Ordinario di Diagnostica per immagini e Radioterapia dell’Università Campus Bio-Medico di Roma/Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. «Lo stadio III del carcinoma polmonare non a piccole cellule è un setting complesso, che non può prescindere dal coinvolgimento di un team multidisciplinare che comprenda oncologo medico, chirurgo e oncologo radioterapista per l’adeguata identificazione e la corretta gestione dei pazienti».
«I risultati dello studio LAURA sono eclatanti e saranno indubbiamente practice changing e sicuramente impattanti per la qualità e quantità di vita dei nostri pazienti con malattia localmente avanzata e mutazioni comuni di EGFR», ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar Silvia Novello, Ordinario di Oncologia medica presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università degli Studi di Torino e Presidente di Women Against Lung Cancer (WALCE).
Un’importante implicazione di questo studio riguarda anche la diagnostica. Infatti, alla luce dei risultati di LAURA, «questi i pazienti andranno profilati e sottoposti ai test per identificare la presenza o meno di mutazioni di EFGR, per poter prescrivere un farmaco in grado di dare risultati così importanti, anche considerando i dati, seppure preliminari, che mostrano un numero di progressioni a livello cerebrale nettamente inferiore nel braccio osimertinib rispetto al braccio placebo».
I presupposti dello studio
Per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio III non resecabile, lo standard di cura è rappresentato dalla CRT seguita, per coloro che non presentano progressione della malattia, da un consolidamento con durvalumab.
Tuttavia, il beneficio del consolidamento con durvalumab non è chiaro per i pazienti che presentano mutazioni dell’EGFR. Infatti, un’analisi post-hoc dello studio di fase 3 PACIFIC (NCT02125461) non ha mostrato una differenza significativa di PFS tra durvalumab e placebo nel sottogruppo di pazienti con tumore EGFR+ (HR 0,91; IC al 95% 0,39-2,13).
Inoltre, al momento non vi sono terapie mirate approvate per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio III, non resecabile, EGFR+.
«Era necessario fare uno studio come LAURA dopo gli importanti risultati raggiunti con osimertinib nella malattia in stadio avanzato (EGFR+, ndr), nella quale i dati sono ormai consolidati, ma anche nella malattia in stadio precoce radicalmente operata, mentre c’era ancora un bisogno non soddisfatto per la malattia in stadio localmente avanzato, non operabile», ha sottolineato Novello.
Lo studio LAURA
Lo studio LAURA (NCT03521154) un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha arruolato 216 pazienti di almeno 18 anni di età (o almeno 20 anni in Giappone) con tumore del polmone non a piccole cellule localmente avanzato, non resecabile, in stadio III, portatori della delezione dell’esone 19 o della mutazione L858R del gene EGFR, che non mostravano progressione della malattia dopo la chemioradioterapia definitiva. I partecipanti dovevano avere un performance status OMS pari a 0 o 1 e l’intervallo massimo tra l’ultima dose della CRT e la randomizzazione non doveva superare le 6 settimane.
I pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto 2:1 al trattamento con osimertinib 80 mg per os o un placebo una volta al giorno, fino alla progressione della malattia valutata in cieco e in modo centralizzato da un comitato di revisori indipendenti (BICR) secondo i criteri RECIST 1.1, al manifestarsi di una tossicità inaccettabile o in presenza di altri criteri di interruzione.
Da sottolineare che ai pazienti di entrambi i bracci era consentito ricevere osimertinib in aperto se andavano incontro a una progressione della malattia confermata dal BICR. Le valutazioni del tumore sono state condotte tramite TC/MRI del torace e MRI dell’encefalo al basale, poi una volta ogni 8 settimane fino alla settimana 48 e successivamente una volta ogni 12 settimane fino alla progressione, confermata dal BICR.
La PFS valutata dal BICR secondo i criteri RECIST 1.1 era l’endpoint primario dello studio, mentre gli endpoint secondari includevano l’OS, la PFS a livello del sistema nervoso centrale e la sicurezza.
La popolazione studiata
Al basale l’età mediana dei partecipanti era di 62 anni (range: 36-84) nel braccio osimertinib e 64 anni (range: 37-83) nel braccio placebo. La maggior parte dei pazienti era di sesso maschile (63% e 58%, rispettivamente), non aveva mai fumato (71% e 67%), era asiatica (81% e 85%), aveva una malattia in stadio IIIB (47% e 52%), aveva un adenocarcinoma (97%; 95%), presentava delezioni dell’esone 19 dell’EGFR (52% e 59%) ed era stata sottoposta a una CRT concomitante (92% e 85%).
Come risposte alla precedente CRT, il 3% dei pazienti nel braccio osimertinib e il 4% nel braccio placebo aveva ottenuto una risposta completa, rispettivamente il 47% e il 37% aveva ottenuto una risposta parziale, il 43% e 51% una stabilizzazione della malattia e l’8% dei pazienti in entrambi i bracci non aveva potuto essere valutato.
Trend a favore di osimertinib per la sopravvivenza globale
Al momento della chiusura dei dati, i risultati relativi all’OS erano immaturi; tuttavia, durante la sua presentazione Ramalingam ha fatto notare che si è già osservata una tendenza a favore di osimertinib, «nonostante un’elevata percentuale di pazienti, l’81%, sia passata dal braccio di controllo a quello sperimentale». L’OS mediana è risultata di 54 mesi (IC al 95% 46,5-NC) con osimertinib e non è stata raggiunta con il placebo (IC al 95% 42,1-NC) (HR 0,81; IC al 95% 0,42-1,56; P = 0,530).
Il trattamento con il TKI ha migliorato anche i tassi di risposta rispetto al placebo. Infatti, il tasso di risposta obiettiva è risultato del 57% (IC al 95% 49%-66%) nel braccio osimertinib contro 33% (IC al 95% 22%-45%) nel braccio di controllo, mentre il tasso di controllo della malattia è risultato rispettivamente dell’89% (IC al 95% 83%-94%) contro 79% (IC al 95% 68%-88%) e la durata mediana della risposta è stata rispettivamente di 36,9 mesi (IC al 95% 30,1-NC) contro 6,5 mesi (IC al 95% 3,6-8,3).
Nel braccio osimertinib, inoltre, i pazienti che hanno sviluppato nuove lesioni sono risultati oltre tre volte meno numerosi rispetto al braccio placebo: 22 contro 68 (8 contro 29 quelli che hanno sviluppato lesioni a livello cerebrale).
Profilo di sicurezza gestibile e senza sorprese
Per quanto riguarda la sicurezza, i risultati dopo la CRT sono stati coerenti con il profilo di sicurezza già noto di osimertinib.
Ramalingam ha sottolineato che la maggior parte degli effetti avversi è stata di grado 1/2, dunque non grave, e non ha richiesto l’interruzione del trattamento. «La stragrande maggioranza degli effetti collaterali è stata di grado 1/2, anche per quanto riguarda la polmonite interstiziale, evento avverso a cui si guarda con più attenzione. Complessivamente si è trattato di tossicità lievi e tutte gestibili», ha rimarcato Novello.
Gli eventi avversi di qualsiasi grado più comuni riportati in almeno il 10% dei pazienti sono stati polmonite da radiazioni (48% con osimertinib e 38% con il placebo), diarrea (rispettivamente 36% 14%), eruzione cutanea (24% e 14%), COVID-19 (20% e 8%), paronichia (17% e 1%), tosse (16% e 10%), calo dell’appetito (15% e 5%), secchezza cutanea (13% e 5%), prurito (13% e 7%), stomatite (12% e 3%), diminuzione della conta dei globuli bianchi (12% e 3%), polmonite (11% e 8%), anemia (10% e 4%) e dolore toracico muscoloscheletrico (3% e 12%).
Gli eventi avversi di grado 3 o superiore nel braccio osimertinib sono stati polmonite (3%), polmonite da radiazioni (2%), diarrea (2%), COVID-19 (1%), calo dell’appetito (1%), secchezza cutanea (1%), diminuzione della conta dei globuli bianchi (1%) e anemia (1%).
Bibliografia
S.S. Ramalingam, et al. Osimertinib (osi) after definitive chemoradiotherapy (CRT) in patients (pts) with unresectable stage (stg) III epidermal growth factor receptor-mutated (EGFRm) NSCLC: primary results of the phase 3 LAURA study. J Clin Oncol. 2024;42(suppl 17):LBA4. doi:10.1200/JCO.2024.42.17_suppl.LBA4.
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S. Lu, et al. Osimertinib after Chemoradiotherapy in Stage III EGFR-Mutated NSCLC. New Engl J Med. 2024. Published online June 2; doi:10.1056/NEJMoa2402614.
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