Next Generation Mobility, in programma a Torino il 18 e 19 settembre, dedica al tema dell’innovazione nella combustione interna un’intera sessione di lavori
L’industria italiana dell’auto è ormai composta in gran parte di componentisti, di cui una forte percentuale legata alla propulsione tradizionale a combustione interna. Il futuro sembra segnato per loro. La narrazione dice che in Europa il fatidico 2035 sarà solo il suggello a un cambiamento che tra 11 anni sarà già abbondantemente avvenuto. Tuttavia le grandi case automobilistiche occidentali, giapponesi e coreane continuano ad includere nelle proprie strategie di investimento le propulsioni a combustione interna. Qual è dunque lo scenario futuro più plausibile per l’automotive?
Per esaminare le prospettive di questo comparto, Next Generation Mobility, in programma a Torino il 18 e 19 settembre, dedica al tema dell’innovazione nella combustione interna un’intera sessione nella seconda giornata di lavori.
Le motivazioni del cambio parziale di narrazione da parte dell’industria automobilistica sono diverse, e vanno ben oltre la frenata delle vendite dei veicoli a batteria che non decolla nonostante di politiche di incentivi adottate da diversi Paesi. Secondo il Global Automotive Outlook 2024 di AlixPartners lo sviluppo dell’elettrico procede a rilento, con tassi futuri di gran lunga inferiori al passato (19% CAGR 2024-2030 contro il 61% annuo degli ultimi 3 anni), pur non avendo ancora raggiunto volumi e penetrazione “di massa” (quota BEV globale quasi al 13% nel 2024). Inoltre, anche per l’International Energy Administration dell’ONU, a livello globale nel 2035 le stime sono che almeno il 50% delle auto vendute conterrà un motore a combustione interna (nelle ibride di tutti i tipi il propulsore termico c’è eccome).