Con lerodalcibep, inibitore di PCSK9 di terza generazione, oltre il 90% dei pazienti raggiunge il target di colesterolo-LDL
Lerodalcibep, un inibitore di PCSK9 di terza generazione, ha dimostrato di poter ridurre i livelli di colesterolo LDL del 56% in più rispetto al placebo nell’arco di un anno in pazienti con o ad alto rischio di malattie cardiovascolari (CVD), secondo nuovi dati randomizzati. I ricercatori non hanno riscontrato problemi di sicurezza, tollerabilità o immunogenicità rispetto al placebo. è quanto risulta dai dati dello studio LIBerate-HR presentati alla sessione scientifica 2024 dell’American College of Cardiology (ACC) e ora pubblicati in forma completa su “JAMA Cardiology”.
«Lerodalcibep offre un’alternativa nuova ed efficace agli inibitori PCSK9 esistenti» ha affermato Eric Klug, della University of the Witwatersrand di Johannesburg (Sud Africa). «C’è una sostanziale riduzione del colesterolo LDL in aggiunta agli agenti orali esistenti con una capacità per oltre il 90% dei pazienti di raggiungere i nuovi obiettivi delle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) con robuste riduzioni di tutti i lipidi e le lipoproteine aterogeniche».
I risultati precedenti con l’agente sperimentale hanno mostrato una riduzione del 9,26% dei livelli di colesterolo LDL nei pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote nell’arco di 24 settimane, ma i risultati sono stati in linea con quanto già osservato con evolocumab in questa popolazione.
Molecola più piccola e solubile rispetto agli anticorpi monoclonali disponibili
Lerodalcibep, costituito da adnectina, una proteina legante il bersaglio anti-PCSK9 e albumina sierica umana, impedisce a PCSK9 di legarsi al colesterolo LDL, prevenendo così la degradazione dei recettori LDL e migliorando la clearance del colesterolo. Si differenzia dagli anticorpi monoclonali attualmente disponibili per il fatto che è più piccolo e altamente solubile, il che consente un volume di iniezione sostanzialmente inferiore (1,2 ml per via sottocutanea). Negli studi di fase II, una dose mensile di 300 mg ha ridotto il colesterolo LDL fino al 70%.
Lo studio attuale indica che lerodalcibep potrebbe essere «un’opzione per chiunque abbia bisogno di un inibitore PCSK9» ha detto Christie Ballantyne, del Baylor College of Medicine di Houston. Il fatto che richieda solo una piccola iniezione una volta al mese è «un po’ un vantaggio rispetto ai monoclonali» che generalmente richiedono iniezioni ogni 2 settimane, ha detto.
Per l’approvazione commerciale, ha continuato Ballantyne, la domanda è se ci sono abbastanza dati di sicurezza. «Sembra che finora non abbiano visto segnali di sicurezza e che potrebbero avere un’approvazione del loro programma di fase III per un’indicazione ipolipemizzante» ha detto. «Non hanno uno studio sugli esiti clinici, ma non abbiamo nemmeno tali risultati su inclisiran e anche i monoclonali sono stati approvati prima che avessero risultati clinici».
Ma con tutti questi farmaci, il problema principale è stato l’accesso e l’ostacolo del difficile processo di autorizzazione preventiva. «Sarebbe meraviglioso se fossimo in grado in qualche modo di poter prescrivere facilmente questi farmaci ai pazienti che ne hanno bisogno e che i pazienti potessero ottenere i farmaci senza così tanti passaggi e problemi» ha detto Ballantyne. «Spero che il futuro ci permetta di utilizzare questi farmaci molto più facilmente».
Iniezioni sottocutanee mensili
Nel contesto dello studio di fase 3 LIBerate-HR, Klug e colleghi hanno incluso 922 pazienti (età media 64,5 anni; 46% donne) con o ad altissimo rischio di CVD provenienti da 11 paesi. Sono stati randomizzati in modo 2:1 a ricevere iniezioni mensili di lerodalcibep sottocute 300 mg o placebo per 52 settimane. Al basale, oltre l’80% dei pazienti assumeva statine, di cui più di due terzi statine ad alta intensità mentre il 16,6% assumeva ezetimibe. Il colesterolo LDL al basale era di 116 mg/dl.
Alla settimana 52, i pazienti nel gruppo lerodalcibep hanno avuto una riduzione maggiore, del 56,19%, del colesterolo LDL rispetto al placebo (-56,33 vs -0,14%; P < 0,001). Complessivamente, il 94% dei pazienti trattati con lerodalcibep ha ottenuto una riduzione di almeno il 50% del colesterolo LDL dopo un anno, rispetto a solo il 19% dei pazienti trattati con placebo.
Inoltre, lerodalcibep è stato associato a cali del colesterolo non-HDL (-47,3%), dell’apolipoproteina B (-43%), Lp(a) (-33,4%) e dei trigliceridi (-16,5%), nonché a un aumento del 6,5% del colesterolo HDL. La variazione media e mediana di PCSK9 libera tra i pazienti nel braccio di studio a 52 settimane è stata rispettivamente -75% e -96%.
La sicurezza è stata buona, con un numero simile di pazienti nei gruppi lerodalcibep e placebo che hanno riportato un evento che ha portato alla sospensione del farmaco (4,2% vs 4,6%), un evento avverso grave (12,4% vs 13,4%), morte cardiovascolare (5,7% vs 7,8%), infarto miocardico (0,8% vs 2,6%) e ictus (0,2% vs 1,0%). Le reazioni al sito di iniezione sono state più comuni con lerodalcibep (6,9% vs 0,3%), ma sono state considerate «da lievi a moderate» ha detto Klug. Non ci sono stati problemi con l’immunogenicità, ha aggiunto.
Bibliografia
Klug EQ, Llerena S, Burgess LJ, et al. Efficacy and Safety of Lerodalcibep in Patients With or at High Risk of Cardiovascular Disease: A Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2024 Jul 3:e241659. doi: 10.1001/jamacardio.2024.1659. Epub ahead of print. leggi