Omicidio Pierina Paganelli: dai primi risultati dei test dell’istituto di Genetica di Tor Vergata è stato rinvenuto il codice genetico di un uomo
Dna maschile sulla gonna, sugli occhiali, sul tablet e persino sul muro del garage dove Pierina Paganelli è stata massacrata con 29 coltellate, a Rimini, lo scorso 23 ottobre. Si tratterebbe di molecole in scarse quantità, ma riconducibili a un uomo: è quanto emerge al momento sui test di laboratorio, iniziati lo scorso 11 luglio, nei laboratori dell’istituto di Genetica di Tor Vergata, per estrarre il Dna dai vestiti e dalla borsa della 78enne riminese.
Il codice genetico rivenuto non è stato ancora sequenziato e non sono al momento a disposizione tutte le informazioni che potrebbe rivelare, né tantomeno è stato ancora comparato con quello dell’unico indagato, Louis Dassilva, il 34 enne senegalese vicino di casa, nonché- come emerso poi dalle indagini- amico ‘intimo’ della nuora della vittima, Manuela Bianchi.
In particolare, le tracce su cui si stanno concentrando le attenzioni delle indagini provengono da un lembo della gonna indossata da Pierina, da frammenti di impronte digitali trovati sulla parete del garage della scena del crimine di via dei Ciclamini. Non solo: le aspettative principali degli inquirenti sarebbero indirizzate sulle gocce di sangue rinvenute sul tablet. Tracce di Dna maschile inoltre sarebbero state rinvenute anche su un bisturi, sequestrato in casa dell’indagato e della moglie Valeria Bartolucci.
Attraverso la procedura dell’amplificazione si produrranno quindi frammenti di Dna che potranno essere comparati con quello di Dassilva. I risultati dei test entreranno poi a fare parte della relazione che sarà ammessa agli atti del processo nell’attesa udienza conclusiva di incidente probatorio davanti al gip Cantarini il prossimo 11 ottobre. Non si può escludere che i test alla fine possano anche rivelare un terzo profilo genetico, cosa che avvalorerebbe la versione della difesa di Dassilva, che si è sempre dichiarato innocente: ovvero non sarebbe lui l’uomo ‘incastrato’ dalla telecamere di sorveglianza nelle ore precedenti l’omicidio. E riprenderebbe quota l’alibi fornito della moglie. La donna infatti ha dichiarato agli inquirenti che il marito è stato sempre con lei in casa, la notte e la mattina in cui è avvenuto il delitto.