Leggendo i vetrini di tessuto di tumore al polmone, un sistema di intelligenza artificiale potrebbe aiutare i medici a scegliere l’immunoterapia più adatta
Sarebbero diversi i vantaggi del riuscire a definire, dalla semplice lettura di un vetrino di tessuto, una sorta di carta d’identità della neoplasia che includa, oltre alle cellule neoplastiche, anche la componente fondamentale delle cellule circostanti del microambiente tumorale. “Oltre a una maggiore comprensione del tumore, ciò permetterebbe di identificare le cellule del sistema immunitario particolarmente rilevanti per il cancro”, spiega Paola Nisticò dell’Istituto nazionale dei tumori Regina Elena di Roma. Infatti, conoscere meglio la composizione e la disposizione di queste cellule aiuterebbe a delineare l’entità della risposta immunitaria contro il tumore e a definire strategie di immunoterapia di precisione.
I risultati di un recente studio, pubblicati sulla rivista Cancer Research, presentano un sistema di intelligenza artificiale in grado di realizzare tutto ciò analizzando campioni di tumore al polmone. “Abbiamo deciso di partire dallo studio di questa patologia, perché il suo trattamento è stato rivoluzionato dall’utilizzo dell’immunoterapia. Tuttavia, in molti pazienti queste cure innovative non sono efficaci, a causa di meccanismi di resistenza ancora da comprendere appieno” afferma Paola Nisticò. Lo studio, a cui Nisticò ha contribuito con la sua expertise, è stato condotto dal gruppo di ricerca di Federica Marchesi dell’IRCCS Humanitas Research Hospital e Università Statale di Milano, grazie anche al sostegno di AIRC.
L’idea iniziale del progetto è stata di combinare il “vecchio” con il “nuovo”, dove il vecchio corrisponde ai classici vetrini di cellule colorate di rosa con l’ematossilina eosina (H&E, da Haematoxylin and eosin), mentre il nuovo è un sistema di colorazione multidimensionale. “Nella sua semplicità, l’H&E è usato quotidianamente dai patologi ed è l’approccio di analisi dei campioni tissutali più diffuso al mondo” racconta Federica Marchesi. “Allo stesso tempo, però, per comprendere l’ambiente immunitario in modo completo è necessario usare sofisticate tecniche di analisi di immagini a più dimensioni, che non sono ancora molto diffuse e richiedono competenze computazionali.” I due scenari sono stati quindi uniti, addestrando e allenando un algoritmo su 158 vetrini contenenti campioni prelevati da pazienti con tumore al polmone.
I ricercatori si sono mossi gradualmente, allenando l’algoritmo a svolgere compiti sempre più complessi, dal distinguere le cellule tumorali da quelle sane all’individuare singoli elementi e popolazioni cellulari presenti nel microambiente tumorale. L’analisi accurata delle informazioni molto dettagliate del tessuto neoplastico è avvenuta anche grazie a Hyperion, un sistema di imaging avanzato con cui si è riusciti a identificare quasi 25 marcatori in uno stesso campione. I marcatori sono molecole che segnalano la presenza di specifiche cellule, molecole o strutture cellulari. “In seguito, abbiamo addestrato l’algoritmo a predire parte di queste informazioni su campioni colorati con la semplice H&E” spiega Federica Marchesi.
Tra tutte le popolazioni cellulari, quella dei linfociti T è stata individuata come la più utile per mettere alla prova lo strumento nella pratica clinica. I ricercatori hanno quindi allenato l’algoritmo innanzitutto a individuare e mappare la posizione di queste cellule. Quindi lo hanno istruito a fornire una risposta tra: “infiammato”, “deserto” o “escluso”, a seconda che i linfociti T fossero presenti nel tumore, non lo fossero o si trovassero alle sue estremità. “Comprendere questi sistemi di indagine può aiutare i medici a rendere i trattamenti più mirati” dice Federica Marchesi. “Per esempio, un tumore ‘deserto’ potrebbe aver bisogno di terapie in grado di attirare le cellule immunitarie. Uno ‘escluso’ potrebbe richiedere cure capaci di abbattere le barriere che tengono ai margini queste cellule. Uno ‘infiammato’ potrebbe invece già rispondere bene ai trattamenti che attivano le cellule immunitarie.”
L’algoritmo dovrà essere ora validato su un numero più ampio di campioni di tumore al polmone e anche di altre neoplasie. Se i risultati saranno confermati, potrebbe avere buone prospettive per applicazioni sia cliniche sia di ricerca. “Questo sistema di intelligenza artificiale ‘vede’ ciò che ogni patologo può vedere, ma in modo più automatizzato e standardizzato, comportando un risparmio di tempo e di risorse da poter dedicare ad altro” conclude Federica Marchesi. “Inoltre, può ‘notare’ caratteristiche, dette ‘subvisuali’, che cioè non sono immediatamente visibili all’occhio umano. Ed è proprio qui che si nasconde il potenziale, ancora inesplorato, di questi algoritmi.”