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Colangite biliare primitiva: con seladelpar efficacia mantenuta a lungo

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Colangite biliare: la terapia con seladelpar, agonista selettivo del PPAR-delta, presenta un profilo di efficacia e sicurezza sostenuto e costante nel lungo periodo

I risultati presentati al Congresso dell’EASL 2024 (European Association for the Study of the Liver) dimostrano che la terapia con seladelpar, agonista selettivo del PPAR-delta, presenta un profilo di efficacia e sicurezza sostenuto e costante nel lungo periodo, mostrando miglioramenti in particolare sul prurito e sul danno epatico. I dati presentati supportano ulteriormente il profilo del farmaco osservato in studi precedenti, compresa la capacità di normalizzare i valori di ALP in molte delle persone con PBC.

Seladelpar consente di ottenere miglioramenti biochimici rapidi e duraturi e clinicamente significativi del prurito e del danno epatico nei pazienti con colangite biliare primitiva (PBC), sia con che senza cirrosi epatica compensata. È quanto emerge da due analisi ad interim dello studio di estensione a lungo termine ASSURE che ha incluso persone affette da PBC che hanno partecipato a precedenti studi clinici su seladelpar (studi legacy) e partecipanti allo studio pivotal di Fase 3 RESPONSE.

Il farmaco
Seladelpar, un trattamento in fase di sperimentazione per le persone affette da PBC, è un agonista selettivo del recettore delta attivato dal proliferatore del perossisoma (PPAR-delta, o delpar), per via orale, primo nella sua categoria.
Si è dimostrato che PPAR-delta regola le vie principali del metabolismo e delle malattie epatiche. I dati preclinici e clinici supportano la sua capacità di regolare i geni coinvolti nella sintesi degli acidi biliari, dell’infiammazione, della fibrosi, del metabolismo, dell’immagazzinamento e del trasporto dei lipidi.

Dallo studio RESPONSE ad ASSURE
ASSURE è uno studio di fase 3 a lungo termine, in aperto, che valuta il profilo di sicurezza e di efficacia di seladelpar, in adulti con PBC che avevano già partecipato ad altri studi clinici sulla stessa patologia il medesimo farmaco. Lo studio sta attualmente arruolando fino a 500 persone affette da PBC in 160 siti in tutto il mondo.

I partecipanti hanno ricevuto 10 mg di seladelpar, una volta al giorno, per un massimo di 155 settimane nell’attuale analisi del gruppo ASSURE. L’analisi ad interim di due anni, con data di chiusura dei dati al 31 gennaio 2024, ha incluso 179 partecipanti agli studi precedenti e 158 partecipanti allo studio registrativo di Fase 3 RESPONSE.

La prima analisi, condotta su 337 pazienti affetti da PBC, con e senza cirrosi, ha dimostrato che il trattamento con seladelpar ha un effetto protratto fino a 2 anni sulla colestasi e sui marcatori di danno epatico, oltre a una riduzione duratura del prurito. Inoltre, questo farmaco è sicuro e ben tollerato in questa popolazione di pazienti.

Si tratta di risultati coerenti con lo studio pivoltal di fase 3 RESPONSE che aveva dimostrato che seladelpar migliora significativamente i biomarcatori epatici dell’attività della malattia e i sintomi del prurito a 12 mesi nei pazienti con PBC che avevano una risposta inadeguata o un’intolleranza all’acido ursodesossicolico (UDCA), lo standard di cura, e non avevano una storia di scompenso epatico. I pazienti con cirrosi sono stati ammessi all’arruolamento.

Un totale di 158 pazienti dello studio RESPONSE, sia del braccio con placebo che di quello con trattamento attivo, sono stati trasferiti nello studio ASSURE. Un altro sottogruppo di 179 pazienti è stato selezionato da precedenti studi controllati con seladelpar verso placebo (definiti “studi legacy”), tra cui lo studio ENHANCE. Tutti i partecipanti all’analisi attuale hanno ricevuto 10 mg di seladelpar, una volta al giorno, per un massimo di 155 settimane.
Dei partecipanti agli studi precedenti, 99 hanno completato 24 mesi di terapia con seladelpar e 164 hanno completato un anno.

Dei 99 partecipanti agli studi precedenti che hanno completato 24 mesi di trattamento con seladelpar, il 70% ha raggiunto l’endpoint composito di risposta, che comprende livelli di fosfatasi alcalina (ALP) inferiori a 1,67 volte il limite superiore della norma (ULN), una diminuzione dei livelli di ALP di almeno il 15% e livelli di bilirubina totale (TB) pari o inferiori all’ULN.

Il 42% di questi partecipanti ha, inoltre, raggiunto la normalizzazione dell’ALP a 24 mesi, un indicatore di progressione della malattia epatica. Per i 164 partecipanti agli studi precedenti che hanno completato 12 mesi di trattamento con seladelpar, il 73% ha raggiunto l’endpoint di risposta composita clinicamente significativo, e il 42% ha ottenuto la normalizzazione dell’ALP.

Dato che quest’ultimo parametro è riconosciuto come un importante marcatore surrogato della progressione della malattia nella PBC, gli specialisti si stanno orientando verso la normalizzazione come obiettivo terapeutico, che potrebbe essere potenzialmente raggiunta grazie a questo farmaco, se approvato.

Per quanto riguarda i pazienti che sono stati trasferiti da RESPONSE, 102 sono stati sottoposti a 18 mesi di trattamento con seladelpar e 29 a due anni. Il 62% dei pazienti del gruppo a 18 mesi ha raggiunto l’endpoint composito e il 33% ha ottenuto la normalizzazione dell’ALP, mentre il 72% del gruppo a 24 mesi ha raggiunto l’endpoint composito e il 17% ha ottenuto la normalizzazione dell’ALP.

Tra i pazienti a cui, nello studio RESPONSE, era stato somministrato un placebo e che poi sono passati al trattamento con seladelpar, il 75% ha raggiunto l’endpoint composito, il 27% ha avuto una normalizzazione dell’ALP a 6 mesi, mentre il 94% ha raggiunto l’endpoint composito e il 50% la normalizzazione dell’ALP a 12 mesi.

Gli endpoint secondari chiave hanno incluso la normalizzazione dell’ALP e cambiamenti negli enzimi epatici (ALP, bilirubina totale, gamma-glutamil transferasi [GGT], alanina transaminasi [ALT] e aspartato aminotransferasi [AST]).

Il sollievo del prurito è importante per la qualità della vita
Tra i partecipanti allo studio che al basale avevano riportato un punteggio pari o superiore a quattro sulla scala di valutazione numerica (NRS) per il prurito, i pazienti legacy a 12 e 24 mesi di trattamento hanno riportato una riduzione media di 3,8 e 3,1, rispettivamente. Anche i partecipanti di RESPONSE hanno riportato una riduzione media di 3,8.

Questo livello di riduzione dell’NRS è considerato clinicamente significativo e consente ai pazienti di passare da un prurito moderato o grave a un prurito lieve, e questo è un enorme vantaggio per la qualità della vita di questi pazienti.

La PBC è una malattia complessa e l’UDCA, l’attuale trattamento di prima linea per la PBC, è inadeguato fino al 40% dei pazienti e che i trattamenti di seconda linea, in particolare l’acido obeticolico, possono causare prurito. È necessario sia il controllo della malattia che quello dei sintomi. A volte è possibile controllare la prima ma non i secondi, mentre il controllo sintomatico è molto importante, soprattutto nel caso del prurito.

Pazienti con PBC e cirrosi
Un’analisi separata di ASSURE ha riguardato un sottogruppo di 17 pazienti con PBC e cirrosi che hanno completato 24 mesi di trattamento. I risultati (abstract OS-019) sono stati presentati da Stuart Gordon, professore di medicina alla Wayne State University School of Medicine ed epatologo all’Henry Ford Hospital di Detroit.

In questa analisi, l’età media dei pazienti è stata di 60,8 anni, il 91,4% era di sesso femminile, l’88,6% era Child-Pugh A e il 22,9% presentava ipertensione portale, mentre la rigidità epatica media al basale mediante FibroScan era di 19,9 kPa.

Tra le misure biochimiche al basale vi sono: ALP media di 245,4 U/L, bilirubina totale media di 0,995 mg/dL, GGT media di 216,1 U/L e ALT media di 36,6 U/L.

Un totale di 11 partecipanti (65%) ha raggiunto l’endpoint composito a 24 mesi, con normalizzazione dell’ALP in quattro pazienti (24%). La variazione percentuale media complessiva rispetto al basale dell’ALP è stata di circa -30% e della bilirubina totale di circa -14%. Altri cambiamenti nei marcatori biochimici hanno incluso riduzioni rispetto al basale di GGT e ALT di circa -30% e -10%, rispettivamente. Non è stata osservata alcuna variazione dell’AST.

Mentre l’80% dei pazienti con cirrosi “ha avuto un evento avverso di qualche tipo”, non si sono verificati eventi avversi gravi correlati al trattamento.

Dunque, questo trattamento potrebbe stabilizzare la malattia o addirittura migliorarla anche in pazienti con malattia avanzata e cirrotici.

Trivedi PJ et al., Long-term efficacy and safety of open-label seladelpar treatment in patients with primary biliary cholangitis (PBC): interimresults for 2 years from the ASSURE study.
Poster Presentations. LBP-040. EASL, 5-8 giugno  2024 Milano

Gordon SC et al., Efficacy and safety of seladelpar in patients with primary biliary cholangitis and compensated liver cirrhosis in the open-label, long-term ASSURE safety study: interim results. Oral Presentations. OS-019. EASL, 5-8 giugno  2024 Milano

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