I risultati del trial clinico di fase III NOTUS promuovono l’aggiunta di dupilumab alla terapia tripla inalatoria alla massima dose consentita
I risultati del trial clinico di fase III NOTUS, presentati nel corso del congresso annuale ATS24 e contemporaneamente pubblicati sulla rivista NEJM, hanno dimostrato che l’aggiunta di dupilumab alla terapia tripla inalatoria alla massima dose consentita è stata in grado di ridurre le esacerbazioni e di migliorare la funzione polmonare dei pazienti affetti da BPCO con evidenza di infiammazione di tipo 2 dovuta alla presenza di conte elevate di eosinofili ematici.
I risultati di questo studio sono stati pubblicati ad un anno di distanza dalla pubblicazione dei risultati del trial di fase III BOREAS che avevano dimostrato come l’aggiunta di dupilumab al top della terapia tripla inalatoria standard fosse stata in grado di: 1) ridurre del 30% le esacerbazioni acute moderate o gravi di BPCO nell’arco di 52 settimane; 2) incrementare la funzionalità polmonare di 160 mL dopo 12 settimane; 3) migliorare la qualità della vita legata allo stato di salute di questi pazienti e 4) ridurre la gravità dei sintomi respiratori.
Sulla base dei risultati di questi 2 trial, Sanofi e Regeneron, le due aziende coinvolte nel programma di studi clinici sull’impiego di dupilumab nelle patologie respiratorie caratterizzate da infiammazione di tipo 2, hanno chiesto e ottenuto, da parte dell’ente regolatorio statunitense (Fda), la concessione della Priority Review alla richiesta di estensione dell’impiego dell’inibitore di IL-4 e IL-13 al trattamento della BPCO.
Qualora la procedura portasse all’approvazione (attesa per la fine di giugno), dupilumab diventerebbe, pertanto, il primo farmaco biologico indicato per il trattamento della BPCO.
Razionale e disegno dello studio
Circa la metà dei pazienti affetti da BPCO continua a manifestare esacerbazioni, nonostante il ricorso alla terapia tripla inalatoria – una combinazione di un agente glucocorticoide, un antagonista muscarinico a lunga durata d’azione (LAMA) e un beta-agonista a lunga durata d’azione (LABA). Inoltre, quasi il 20% dei pazienti con BPCO presenta un’infiammazione di tipo 2, indicata dalla conta degli eosinofili nel sangue.
Dupilumab, un anticorpo monoclonale completamente umano che blocca la componente condivisa del recettore per l’interleuchina-4 e l’interleuchina-13, fattori chiave e centrali dell’infiammazione di tipo 2, si era dimostrato efficase e sicuro nello studio di fase 3 BOREAS che aveva coinvolto pazienti BPCO e infiammazione di tipo 2 a rischio elevato di esacerbazione di malattia.
Di qui la necessità di confermare tali risultati con un nuovo trial clinico di fase III, lo studio NOTUS.
Il trial della durata di 52 settimane, è stato condotto in 329 siti in 29 Paesi, per un totale di 935 pazienti affetti da BPCO con infiammazione di tipo 2; questi sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, a trattamento con dupilumab sottocute (300 mg) o con un placebo ogni 2 settimane in aggiunta alla loro attuale terapia inalatoria.
L’analisi primaria è stata eseguita dopo un’analisi intermedia positiva, con 721 partecipanti di cui era disponibile il set completo di dati previsto dal protocollo del trial.
Per l’inclusione nello studio, i partecipanti dovevano possedere le caratteristiche seguenti:
– presentare una conta minima di eosinofili nel sangue pari a 300 cellule/μl in almeno un’analisi durante lo screening
– avere un’età compresa tra 40 e 85 anni
– essere in trattamento con terapia tripla inalatorie o con LAMA-LABA (se i glucocorticoidi per via inalatoria erano controindicati)
– aver sperimentato due o più esacerbazioni moderate o una esacerbazione grave nell’anno precedente all’arruolamento nel trial
Tutti i pazienti erano fumatori o ex fumatori; tuttavia. gli sperimentatori hanno limitato l’arruolamento dei fumatori attuali al 30%. I pazienti dovevano inoltre presentare un rapporto FEV1 post-broncodilatazione/FVC inferiore a 0,70 e un FEV1 post-broncodilatatore superiore al 30% e fino al 70% del valore normale previsto.
Costituivano motivo di esclusione dallo studio la presenza di asma o di un’altra malattia polmonare degna di nota.
Su 935 pazienti randomizzati (due su tre di sesso maschile, età media 65 anni), quelli di etnia Caucasica costituivano la stragrande maggioranza (90%), seguiti da quella Indo-Americana o dei nativi dell’Alaska (5%), da quella asiatica (1%) e da quella Afro-Americana (1%). Quasi un terzo dei partecipanti era di etnia Ispanica o Latinoamericana. La maggior parte dei pazienti era rappresentata da ex fumatori (71%; media di 40 anni di fumo), mentre il 30% soffriva di enfisema.
Quasi tutti i pazienti (99%) avevano fatto ricorso alla terapia tripla inalatoria come parte integrante del loro regime di trattamento di base, mentre il 28% utilizzava un glucocorticoide inalatorio (ICS) ad alto dosaggio.
La conta media degli eosinofili nel sangue al momento della randomizzazione era pari a 407 cellule/μl, con il 40% dei pazienti al di sotto di 300 cellule/μl, mentre il FEV1 medio pre-broncodilatazione al basale era di 1,36 litri.
Risultati principali
Nei pazienti affetti da BPCO già al top delle terapia inalatoria, il farmaco biologico ha ridotto le esacerbazioni moderate o gravi del 34%, con tassi annualizzati che sono scesi da 1,30 per quelli randomizzati a trattamento con placebo a 0,86 per quelli randomizzati a trattamento con dupilumab (rate ratio: 0,66; IC95%: 0,54-0,82, P<0,001).
Inoltre, il trattamento con dupilumab ha determinato un miglioramento della funzionalità polmonare, come dimostrato dai miglioramenti dei valori di FEV1, mentre i tassi di eventi avversi (AE) sono risultati simili tra i due bracci di trattamento in studio.
Analizzando più nello specifico gli endpoint secondari, lo studio ha dimostrato che il trattamento con dupilumab ha portato a miglioramenti significativi dei valori di FEV1 pre-broncodilatazione rispetto al basale, con una variazione quadratica media di 139 ml rispetto a 57 ml con placebo a 12 settimane (P<0,001) e di 115 ml rispetto a 54 ml a 52 settimane (P=0,02).
Nel 42% dei pazienti che presentavano livelli di FeNO pari o superiori a 20 ppb, dupilumab ha portato a miglioramenti dei valori di FEV1 pre-broncodilatazione solo a 12 settimane (variazione quadratica media di 221 ml contro 81 ml, P=0,001).
Non ci sono state differenze significative tra i gruppi dal basale a 52 settimane relativamente ai punteggi del St. George’s Respiratory Questionnaire (qualità della vita) o dell’indice Evaluating Respiratory Symptoms in COPD (E-RS; severità dei sintomi respiratori).
Da ultimo, per quanto riguarda la safety, il profilo di sicurezza di dupilimab è risultato in linea con quello già noto in altri studi, con tassi di eventi avversi (AE) pari al 66,7% rispetto al 65,9% del gruppo plaebo.
Tra gli AE di più frequente riscontro vi sono stati la Covid-19, la cefalea, la Bpco e la nasofaringite.
Sono stati registrati AE gravi sono nel 13% dei pazienti del gruppo dupilumab e nel 15,9% di quelli del gruppo placebo, mentre gli AE che hanno portato alla sospensione del trattamento sono stati documentati, rispettivamente, nel 3,8% e nel 2,6% dei pazienti dei due gruppi in studio.
Bibliografia
Bhatt SP, et al “Dupilumab for COPD with blood eosinophil evidence of type 2 inflammation” N Engl J Med 2024; DOI: 10.1056/NEJMoa2401304.
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