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Linfoma diffuso a grandi cellule B: aggiunta di glofitamab allunga la vita dei pazienti

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Acute myeloid leukemia (AML) cells in blood flow - closeup view 3d illustration

Linfoma diffuso a grandi cellule B recidivato/refrattario: rischio di morte ridotto del 38% con glofitamab aggiunto alla chemioterapia con GemOx

L’aggiunta di un trattamento di durata fissa con l’anticorpo bispecifico glofitamab alla chemioterapia con gemcitabina e oxaliplatino (regime GemOx) permette di ottenere un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante sia della sopravvivenza globale (OS, endpoint primario dello studio) sia libera da progressione (PFS, endpoint secondario chiave) rispetto alla combinazione rituximab e GemOX nei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante o refrattario, già trattati con almeno una precedente linea terapeutica e non candidabili al trapianto autologo di cellule staminali, o con due o più linee di terapia precedenti. Lo dimostrano i risultati aggiornati dello studio di fase 3 STARGLO, presentati in conferenza stampa e nella sessione plenaria del congresso annuale dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA), a Madrid.

«I risultati dello studio STARGLO dimostrano per la prima volta l’efficacia di un anticorpo bispecifico CD20xCD3 come glofitamab nel migliorare in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti con pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante o refrattario non eleggibili al trapianto, un setting con elevato unmet clinical need e con opzioni terapeutiche limitate», ha dichiarato Enrico Derenzini, Direttore della Divisione di Oncoematologia dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore Associato di Ematologia presso l’Università degli Studi di Milano.

L’aggiornamento dei dati, con un follow-up mediano di 20,7 mesi, ha confermato il raggiungimento dell’endpoint primario, mostrando un’OS significativamente più lunga nei pazienti trattati con glofitamab e GemOX rispetto a rituximab e GemOx, con una mediana di OS pari a 25,5 mesi nel braccio sperimentale, a fronte di 12,9 mesi nel braccio di confronto, nonché una riduzione del 38% del rischio di morte (HR 0,62; IC al 95% 0,43-0,88; P = 0,006).

La combinazione glofitamab-GemOX ha raggiunto anche gli endpoint secondari chiave dello studio STARGLO, con una mediana di PFS pari a 13,8 mesi, rispetto a 3,6 mesi con rituximab-Gemox, e una riduzione del 60% del rischio di progressione o morte a favore del trattamento con glofitmab (HR 0,40; IC al 95% 0,28-0,57; P < 0,000001).

In aggiunta più del doppio dei pazienti ha avuto una risposta completa (rispettivamente 58,5% per glofitamab-GemOX contro 25,3% per rituximab-GemOX).

La sicurezza della combinazione con glofitamab è risultata coerente con i profili di sicurezza noti dei singoli farmaci. Uno degli aventi avversi segnalato più comunemente è stato la sindrome da rilascio di citochine (CRS), generalmente di basso grado (qualsiasi grado: 44,2%, grado 3: 2,3%), verificatasi principalmente nel ciclo 1.

Lo studio STARGLO
Lo studio STARGLO (GO41944; NCT04408638) è uno studio di fase 3, multicentrico, randomizzato,in aperto, volto a valutare l’efficacia e la sicurezza di glofitamab in combinazione con il regime GemOx rispetto a rituximab in combinazione con GemOx, in pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B che hanno ricevuto almeno una linea di trattamento precedente e non sono candidabili al trapianto autologo di cellule staminali. Gli outcome valutati comprendono l’OS, la PFS, il tasso di risposta completa, il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta obiettiva, la sicurezza e la tollerabilità.

Lo studio STARGLO è destinato a essere uno studio confirmatorio per la conversione in approvazione completa dell’approvazione accelerata di glofitamab negli Stati Uniti e dell’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata nell’Unione europea per i pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule recidivante/refrattario che abbiano ricevuto due o più linee di terapia sistemica, ottenute sulla base dello studio registrativo di fase 1/2 NP30179.

Glofitamab
Glofitamab è un anticorpo bispecifico CD20xCD3 attivante i linfociti T progettato per legarsi in modo specifico al CD3 sulla superficie delle cellule T e al CD20 sulla superficie delle cellule B maligne. Il farmaco è stato ingegnerizzato con un nuovo formato strutturale 2:1 ed è stato progettato in modo da avere una regione che si lega al CD3, una proteina presente sulle cellule T, e due regioni che si legano al CD20, una proteina presente sulle cellule B. Questo duplice targeting porta il linfocita T in prossimità della cellula B maligna, attivando il rilascio dalla cellula T stessa di sostanze che uccidono le cellule B tumorali. Questo bispecifico è attualmente in corso di valutazione in un programma di sviluppo clinico che studia la molecola come monoterapia e in combinazione con altri medicinali per il trattamento di pazienti con linfomi non Hodgkin a cellule B.

Glofitamab è il primo anticorpo bispecifico CD20xCD3 ad aver dimostrato un beneficio di sopravvivenza globale nel linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario, all’interno di uno studio randomizzato di fase 3. Questi risultati mostrano il potenziale di questa combinazione terapeutica sul miglioramento degli outcome di sopravvivenza nella prima recidiva di malattia e oltre. A differenza di altre opzioni terapeutiche che necessitano lunghi tempi di preparazione e manipolazione cellulare prima di iniziare il trattamento, glofitamab rappresenta una soluzione pronta all’uso senza ritardi per i pazienti nell’avvio della terapia. Grazie alla durata fissa del trattamento con glofitamab, i pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario sapranno quando terminare la terapia e avranno periodi di tempo liberi dal trattamento.

Glofitamab è in fase di studio anche nell’ambito di altri linfomi aggressivi, e di recente ha ottenuto la Breakthrough Therapy Designation (designazione di terapia fortemente innovativa) dalla Food and drug administration per il trattamento di pazienti adulti con linfoma mantellare recidivante o refrattario e almeno due terapie precedenti, sulla base dei risultati dello studio di fase 1/2 NP30179.

Dati positivi anche per mosunetuzumab nel linfoma follicolare recidivato/refrattario
Al congresso dell’EHA sono emersi parallelamente importanti aggiornamenti per un setting a elevato unmet clinical need come il linfoma follicolare recidivato orefrattario dopo due linee di trattamento precedenti, nel quale il trattamento con l’anticorpo bispecifico mosunetuzumab ha già dimostrato di fornire un beneficio clinico duraturo.

Nello studio GO29781, in pazienti pesantemente pretrattati con linfoma follicolare che hanno ricevuto almeno due linee di trattamento precedenti, mosunetuzumab ha confermato la sua efficacia anche nei pazienti ad alto rischio POD24, con un’età uguale o superiore a 65 anni, migliorativa se somministrato in linee precoci di trattamento.

Nella sottoanalisi dello studio sono state valutate l’efficacia e la sicurezza di mosunetuzumab in monoterapia in pazienti ad alto rischio con linfoma follicolare recidivato/refrattario pesantemente pretrattato dopo almeno 3 anni di follow-up. I sottogruppi valutati per l’efficacia e la sicurezza includevano pazienti con una storia di progressione della malattia entro 24 mesi (POD24) dall’inizio della terapia di prima linea, pazienti trattati con mosunetuzumab nella terza vs quarta o successiva linea e pazienti di età ≥65 anni.

I tassi di risposta completa osservati nei pazienti con POD24 (60%) e nei pazienti di età ≥65 anni (67%) sono risultati coerenti con quelli ottenuti nella popolazione generale dello studio (60%). I dati presentati, inoltre, suggeriscono migliori risultati in termini di durata della risposta completa e PFS di mosunetuzumab nelle prime linee di trattamento (terza linea) rispetto a quelle successive (dalla quarta linea in poi). Il profilo di sicurezza gestibile è risultato coerente in tutti i sottogruppi, compresi i pazienti di età ≥65 anni, e le infezioni nella maggior parte dei casi si sono verificate precocemente. In aggiunta, dopo il completamento del trattamento è stato osservato un recupero delle cellule B e delle immunoglobuline.

«La necessità di identificare terapie efficaci, soprattutto in un setting di pazienti recidivati/refrattari pluritrattati, con caratteristiche ad alto rischio, rimane una priorità. Grazie alla sottoanalisi dello studio GO29781 abbiamo oggi ancora più elementi che ci confortano nell’affermare che il trattamento a durata fissa con mosunetuzumab sia efficace anche nei sottogruppi più ad alto rischio come i pazienti anziani e quelli con POD24, con una durata di risposta migliore se somministrato in linee più precoci di terapia», ha dichiarato Stefano Luminari, Professore Ordinario dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

Bibliografia

  1. Abramson, et al. Glofitamab plus gemcitabine and oxaliplatin (Glofit-GemOx) for relapsed/refractory (R/R) diffuse large B-cell lymphoma (DLBCL): results of a global randomized phase III trial (STARGLO). EHA 2024; abstract LB3438. https://library.ehaweb.org/eha/2024/eha2024-congress/4136516/jeremy.abramson.glofitamab.plus.gemcitabine.and.oxaliplatin.28glofit-gemox29.for.html?f=listing%3D0%2Abrowseby%3D8%2Asortby%3D1%2Asearch%3Dlb3438
  2. Assouline; et al. Mosunetuzumab demonstrates clinically meaningful outcomes in high-risk patients with heavily pre-treated R/R FL after ≥3 years of follow-up: subgroup analysis of a pivotal phase II study. EHA 2024; abstract S233. https://library.ehaweb.org/eha/2024/eha2024-congress/422337/sarit.assouline.mosunetuzumab.demonstrates.clinically.meaningful.outcomes.in.html?f=listing%3D0%2Abrowseby%3D8%2Asortby%3D1%2Asearch%3Ds233
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