L’idrosadenite suppurativa (HS) è spesso misconosciuta con ritardi diagnostici che concorrono a deteriorare la qualità di vita dei pazienti
È stata definita una “terra di nessuno” poiché, fino a poco tempo fa, mancava un adeguato inquadramento clinico e a volte si confondeva l’idrosadenite con l’acne o la follicolite.
“L’idrosadenite suppurativa è una patologia infiammatoria cronica della pelle e, più precisamente, del follicolo pilifero terminale. Si manifesta tipicamente con noduli infiammatori, ascessi e fistole in maniera preferenziale a livello ascellare e inguinale, pur potendo, in alcuni casi, estendersi alla zona anogenitale, ai glutei, alla regione mammaria e altre sedi atipiche.
A essere colpiti sono quindi proprio i follicoli piliferi terminali, e in special modo quelli appartenenti ad aree della nostra pelle particolarmente ricche di ghiandole apocrine”, spiega Angelo Valerio Marzano, Direttore S.C. Dermatologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano“. E’ una malattia che tipicamente esordisce durante l’adolescenza, dopo la pubertà, e spesso per molti anni dopo l’esordio viene misconosciuta, talora come acne, talora come follicoliti, talora come cisti a cui non viene dato un nome. Si stima, infatti, che il ritardo nella diagnosi sia in media fra i 7 e i 10 anni”, conclude Marzano.
Per la sua complessità spesso nei pazienti viene a mancare anche la consapevolezza della malattia stessa, alle prese con limitazioni motorie e lavorative, dolore, vissuti di vergogna e imbarazzo, depressione, scarsa autostima e un drastico peggioramento della qualità di vita. La malattia richiede un approccio multidisciplinare e un concreto sostegno al paziente, prima di tutto attraverso il riconoscimento istituzionale della gravità, condizione di disabilità indotta e delle spese cui si può andare incontro (per visite, medicazioni, perdita di ore di lavoro).
Si richiedono a volte interventi chirurgici a causa di sovra-infezioni, l’asporto di cisti e l’apertura di ascessi cutanei. In realtà, il paziente HS si trova alle prese con molteplici condizioni, presenza di comorbidità, e una sintomatologia persistente, imprevedibile, caratterizzata da flares e remissioni, contestualmente al bisogno di ricevere in tempi rapidi risposte sanitarie multidisciplinari. Per questo motivo, in primis, è importante coltivare la consapevolezza di malati e operatori sanitari in relazione alle nozioni di base della patologia.
Unmet medical needs
E’ necessario implementare la ricerca di nuove soluzioni dal punto di vista medico. Le attuali terapie possono non rispondere completamente alle richieste di medici e pazienti. Serve supportare la ricerca sui nuovi farmaci in sviluppo e sull’ottimizzazione dell’impiego dei trattamenti già disponibili.
Inoltre, l’espressione di HS è spesso caratterizzata da flares, ovvero da riacutizzazioni improvvise e impreviste. In questi casi vanno messe a punto strategie condivise da dermatologi e chirurghi. Gli interventi devono essere combinati con farmaci specifici per controllare l’infiammazione, aumentando i benefici e riducendo i rischi di ricorrenza. Anche lo studio dei target genetici e dei fattori di rischio si considera un passaggio importante per arrivare infine a un miglior controllo della malattia.
Considerando la complessità delle manifestazioni cliniche e la presenza di comorbidità è fondamentale, inoltre, agire in un’ottica multidisciplinare. Tante le figure professionali coinvolte nella presa in carico dei pazienti. Occorre puntare su team multidisciplinari in cui siano presenti – oltre ai dermatologi – il nutrizionista, l’infermiere, lo psicologo, il terapista del dolore, e naturalmente il chirurgo. La formazione per tutte le figure professionali, compreso il medico di medicina generale, deve essere promossa affinché il paziente possa essere guidato quotidianamente anche per la gestione delle lesioni e medicazioni.
Resta per gli specialisti un bisogno insoddisfatto il fatto di poter giungere in tempi rapidi alla diagnosi.
Importante l’accesso rapido alle cure
Eppure l’idrosadenite suppurativa, una volta diagnosticata, può oggi essere affrontata con successo dettando terapie ad hoc e, al bisogno, con interventi chirurgici tempestivi e mirati. “Fondamentale per i pazienti è un accesso rapido al centro di riferimento o allo specialista. In Italia lavoriamo insieme a colleghi di diversi centri nazionali e l’associazione dei pazienti per migliorare il management della malattia”, spiega Cristina Magnoni (Responsabile dell’Unità di Chirurgia Dermatologica – AOU Modena).
“La gestione terapeutica varia naturalmente in base allo stadio della malattia, alla severità del quadro e in base alle problematiche di salute concomitanti. L’approccio chirurgico è indicato quando la malattia è in fase avanzata, in altre parole quando, oltre a noduli e ascessi, compaiono le fistole.
La chirurgia spazia da quella più lieve a quella più radicale. La prima consiste nel drenaggio di ascessi e si limita ad asportazione di aree limitate, la seconda consiste nell’asportazione di intere parti di tessuto che comprendono follicoli piliferi e ghiandole apocrine colpite dall’infezione.
I dermatologi riconoscono quindi nella precocità della diagnosi la chiave di volta del trattamento dei pazienti HS ed è importante guidare gli healthcare providers nel porre la diagnosi precocemente e la cura ottimale, medica e chirurgica in declinazione multidisciplinare.
Il punto di vista dei pazienti
Per i pazienti rappresentati dall’associazione Passion People si confermano gli unmet needs denunciati anche dagli specialisti. Troppi ritardi diagnostici e pazienti nel frattempo lasciati soli, mentre occorre più formazione della classe medica e sensibilizzazione della popolazione.
Sono ancora eccessive le difficoltà nell’accesso ai centri di riferimento e allo specialista per la prescrizione delle terapie più evolute e per la chirurgia (anche dopo la diagnosi). Molti pazienti sono ancora costretti a medicarsi in autonomia.
La qualità di vita, inoltre, risulta spesso fortemente compromessa, considerando anche le spese per ottenere visite specialistiche, farmaci e medicazioni: è necessario un riconoscimento istituzionale della malattia. Il patient journey è ancora troppo difficile da affrontare.
Così come vanno creati adeguati Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) a livello regionale e locale, e anche aggiornare i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) favorendo un accesso tempestivo a diagnosi e terapia, con la presa in carico di casi specifici, ad esempio in età pediatrica.
Da coltivare la creazione di un Registro nazionale di malattia sull’HS, integrato con i sistemi informativi esistenti e le banche dati di enti pubblici e privati sull’HS, per una conoscenza più approfondita e articolata della patologia.
Verso una maggiore personalizzazione della terapia
A fronte dei riscontri risulta evidente la necessità di favorire una maggiore consapevolezza della malattia: dai pazienti, ai medici, alle istituzioni che si devono muovere per consentire un più facile accesso alle cure specialistiche e un sostegno nella quotidianità. Giusi Pintori, paziente colpita da HS, è anche la direttrice dell’Associazione Passion People (https://www.passionpeople.info/). “Per i pazienti – spiega – l’accesso a trattamenti efficaci è fondamentale.
L’industria farmaceutica sta compiendo passi avanti nella ricerca di farmaci innovativi, per offrire sollievo duraturo e migliorare la qualità di vita”, spiega. “Ma tengo a sottolineare l’importanza di soluzioni pratiche per la gestione quotidiana dell’HS. Le medicazioni specializzate sono un elemento cruciale nel processo di guarigione delle lesioni anche per ridurre il rischio di infezioni e per alleviare il dolore, migliorando così la qualità di vita dei pazienti.
Dobbiamo andare nella direzione della personalizzazione della terapia, in sinergia tra l’industria farmaceutica, i produttori di dispositivi medici, la comunità scientifica, Passion People e le istituzioni”.
L’impatto psicologico
“Il vissuto del paziente HS è particolarmente gravoso, fin dalle prime fasi della malattia quando si sperimenta spesso la mancanza di referenti medici adeguatamente preparati, a fronte di un elevato impatto sul piano funzionale, dolore, limitazioni del movimento. Ciò comporta ricadute negative nella vita di tutti i giorni, a livello famigliare, sessuale, sociale e lavorativo” ha spiegato Paolo Brambilla – Direttore S.C. Psichiatria, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e Professore Ordinario di Psichiatria presso la Statale di Milano.
“Il disagio psicologico che ne deriva comporta vissuti di imbarazzo, vergogna, scarsa autostima, una crescente sensazione di vulnerabilità e incertezza e un progressivo isolamento personale o rifiuto di partecipare a incontri con amici e parenti. Infine, il disagio può sfociare in franchi disagi di competenza psichiatrica, come ansia e forme depressive”, ha concluso.