Un’assunzione elevata di microbi vivi nella dieta è associata ad una prevalenza ridotta di Bpco, in particolare tra i fumatori e le donne
Un’assunzione elevata di microbi vivi nella dieta è associata ad una prevalenza ridotta di Bpco, in particolare tra i fumatori, le donne, i pazienti di età compresa tra 40 e 59 anni e quelli senza obesità. Queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato su BMC Pulmonary Medicine.
Lo studio, in breve
Disegno
I ricercatori hanno valutato l’associazione tra i microbi vivi della dieta e la prevalenza della Bpco, utilizzando i dati di sorveglianza del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES). I partecipanti di almeno 20 anni di età sono stati arruolati dalle coorti NHANES dal 2013 al 2014, dal 2015 al 2016 e dal 2017 al 2018.
L’assunzione di microbi vivi nella dieta è stata stimata utilizzando i dati della dieta seguita nelle 24 ore, riferita al telefono. I livelli microbici sono stati classificati come bassi (<104 CFU/g), medi (da 104 a 107 CFU/g) o elevati (>107 CFU/g) in base alla quantità di microrganismi vivi per grammo di cibo assunto.
Sono state eseguite analisi di regressione logistica univariata e multivariata per valutare la relazione tra l’assunzione di microbi vivi nella dieta e la prevalenza di Bpco. L’analisi ha incluso 9030 partecipanti (età media, 46 anni; 48% donne) senza Bpco e 761 (età media, 59 anni; 59% donne) con Bpco. La prevalenza della BPCO era del 9,39%, 6,80% e 6,95% rispettivamente nei gruppi a basso, medio e alto contenuto di microbi vivi nella dieta.
Risultati principali
Dall’analisi di regressione logistica univariata, è emerso che gli individui del gruppo ad alto contenuto di microbi vivi nella dieta presentavano una prevalenza ridotta di Bpco (odds ratio [OR]: 0,637; IC95%: 0,445-0,912; P =0,016) rispetto a quelli del gruppo a basso contenuto di microbi vivi nella dieta. Non è stata trovata alcuna associazione significativa tra il gruppo a contenuto medio di microbi vivi e la prevalenza di Bpco rispetto al gruppo a contenuto ridotto di microbi vivi nell’alimentazione.
Nell’analisi di regressione logistica multivariata per il modello 1 (aggiustato per età e sesso), la prevalenza di Bpco è risultata significativamente ridotta per i gruppi a contenuto elevato e medio di microbi vivi nell’alimentazione rispetto al gruppo a contenuto ridotto di microbi vivi nell’alimentazione (P <0,01).
Con un ulteriore aggiustamento nel modello 2, gli individui del gruppo a contenuto elevato di microbi vivi nella dieta hanno mostrato una prevalenza di Bpco inferiore rispetto al gruppo a basso contenuto di microbi vivi nella dieta (OR: 0,614; IC95%: 0,474-0,795; P <0m001), per quanto non sia stata osservata alcuna associazione significativa con la Bpco nei gruppi a medio e basso contenuto di microbi vivi nella dieta.
Dall’analisi per sottogruppi è emerso che un livello elevato di microbi vivi nella dieta era associato, in modo significativo, ad una minore prevalenza di Bpco rispetto ad un livello ridotto e medio di microbi vivi (sia in un modello grezzo che nei modelli aggiustati); l’associazione ha raggiunto la significatività statistica solo nei fumatori o negli ex-fumatori.
E’ stata documentata l’esistenza di un’associazione inversa significativa tra microbi vivi e prevalenza di Bpco nelle persone di sesso femminile in 3 modelli e nei partecipanti di sesso maschile in un modello grezzo e nel modello 1. Il livello di microbi vivi era inversamente proporzionale alla prevalenza di Bpco.
Il livello di microbi vivi è risultato inversamente correlato alla prevalenza della Bpco in 3 modelli per gli individui di età compresa tra 40 e 59 anni. Questa relazione è stata riscontrata anche nei soggetti di età compresa tra 20 e 39 anni e tra 60 e 80 anni, ma solo nel modello grezzo e nel modello 1 aggiustato. E’ stata verificata l’esistenza di una solida associazione negativa tra il livello di microbi vivi e la prevalenza di Bpco nei partecipanti con BMI inferiore a 30 kg/m2.
Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici dello studio. Tra questi, segnaliamo: il disegno trasversale dello studio; la presenza di bias nel riportare i dati della dieta nelle 24 ore; la possibilità di bias relativi al contenuto di microbi vivi nella dieta legati al trasporto di alimenti, alla loro conservazione e alla cottura; la possibilità di bias relativi all’impiego di informazioni autoriferite sui regimi alimentari seguiti dai partecipanti allo studio e sulla diagnosi di Bpco.
Ciò detto, nel complesso lo studio fornisce la prova che un’elevata assunzione di microbi vivi nella dieta riduce la prevalenza della Bpco.
“La manipolazione dei batteri intestinali con i probiotici potrebbe rappresentare una strategia terapeutica interessante per rafforzare la barriera intestinale e migliorare lo stato infiammatorio sistemico in diverse malattie”, hanno aggiunto i ricercatori.
Bibliografia
Zhou D et al. Relationship between dietary live microbe intake and the prevalence of COPD in adults: a cross-sectional study of NHANES 2013–2018. BMC Pulm Med. 2024;24(1):225. doi:10.1186/s12890-024-03045-2
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