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Etna, ecco come il magma arriva in superficie

L’analisi della sismicità in area etnea consente di conoscere la struttura della crosta terrestre attraverso cui risale il magma e di indagare la migrazione dei fluidi magmatici

Team internazionale di ricerca svela dettagli cruciali sulla struttura interna del vulcano Etna: ecco come il magma arriva in superficie

Una tecnica avanzata di tomografia sismica anisotropa, ovvero che considera la variabilità della velocità delle onde sismiche in base alla direzione di propagazione, ha permesso di ottenere informazioni senza precedenti sulla struttura della crosta terrestre nella regione etnea e sull’interazione tra tettonica e vulcanismo, evidenziando le possibili vie attraverso le quali il magma si “fa strada” verso la superficie.

Questo è il risultato dello studio Crustal Structure of Etna Volcano (Italy) From P-Wave Anisotropic Tomography condotto da un team di ricercatori guidato dall’Università degli Studi di Padova, in collaborazione con l’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE) e con l’Università di Leeds (UK), recentemente pubblicato sulla rivista scientifica «Geophysical Research Letters».

«Rispetto ai precedenti studi tomografici condotti nell’area etnea, questa ricerca si distingue per l’utilizzo pionieristico, in ambiente vulcanico, di tecniche di tomografia anisotropa» spiega Rosalia Lo Bue, prima autrice dello studio, condotto nel ruolo di assegnista all’Università di Padova, e oggi assegnista di ricerca presso l’Osservatorio Etneo dell’INGV.

«La tomografia sismica funziona in maniera analoga alla tomografia medica ma utilizza onde sismiche per esplorare l’interno della Terra. Tradizionalmente, la tomografia sismica impiega un approccio isotropo, che non considera la variabilità della velocità delle onde sismiche in base alla direzione di propagazione» dichiara Elisabetta Giampiccolo, ricercatrice dell’INGV-OE.

 «La tomografia anisotropa fornisce una visione molto più dettagliata e precisa della struttura interna del vulcano» prosegue Brandon Vanderbeek, assegnista di ricerca all’Università di Padova.

«Nel caso della crosta superiore», spiega Manuele Faccenda, docente del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, «l’anisotropia è principalmente legata alla presenza di fratture e faglie riempite da fluidi, pertanto il suo studio permette di evidenziare la struttura della crosta e l’interazione tra tettonica e magmatismo nell’area etnea».

L’indagine comprende un periodo di 10 anni, dal 2006 al 2016, durante il quale sono stati registrati oltre 3.700 eventi sismici con magnitudo locale compresa tra 0.5 e 4.3.

«La ricerca ha rivelato dettagli totalmente nuovi sulla struttura interna del vulcano», aggiunge Francesco Rappisi, assegnista di ricerca presso l’Università di Leeds«in particolare, siamo riusciti a individuare una regione profonda a bassa velocità delle onde sismiche, assimilabile ad un volume crostale in cui risiedono i magmi etnei».

«Tale regione è limitata da un volume ad alta velocità che immerge verso nord-ovest e che è espressione del processo di subduzione. Una zona di discontinuità, di possibile origine tettonica, caratterizza il volume crostale sovrastante la zona di residenza dei magmi, e potrebbe rappresentare una via preferenziale per il trasferimento del magma verso la superficie. Questi risultati fanno luce sull’interazione tra tettonica e magmatismo all’Etna, fornendo una spiegazione plausibile per la sua attività persistente» continua Marco Firetto Carlino, ricercatore dell’Osservatorio Etneo dell’INGV.

«Sviluppi futuri si avvarranno della tomografia anisotropa 4D per il monitoraggio in “near real-time” delle variazioni di velocità delle onde sismiche, per migliorare la comprensione dei fenomeni vulcanici e sismici dell’Etna, con potenziali benefici per la previsione e la mitigazione dei rischi associati» conclude Ornella Cocina, ricercatrice dell’Osservatorio Etneo dell’INGV.

Questa tecnica avanzata di tomografia sismica anisotropa rappresenta un metodo innovativo per l’analisi della struttura crostale in aree vulcaniche attive e apre la strada a nuove linee di ricerca.

Link allo studio

https://doi.org/10.1029/2024GL108733

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