Osteoporosi post-menopausale: è possibile sospendere il trattamento solo con bisfosfonati iniettivi, non con denosumab
I bisfosfonati (BSF), come è noto, rappresentano il trattamento di prima linea raccomandato per l’osteoporosi post-menopausale, mentre il denosumab è raccomandato in seconda linea.
In base alla durata degli studi clinici sui bisfosfonati, questi farmaci sono di solito prescritti per 3-5 anni, o più a lungo nelle pazienti che rimangono ad alto rischio, mentre le recenti raccomandazioni suggeriscono l’interruzione a lungo termine dopo questo periodo.
Tuttavia, i dati provenienti dagli Stati Uniti hanno sollevato dubbi a questo riguardo, suggerendo che l’interruzione a lungo termine dei bisfosfonati è associata ad un aumento del rischio di fratture.
Fino ad ora, mancavano dati analoghi in ambito europeo.
A colmare questo gap ci ha pensato uno studio francese, presentato al congresso 2024 EULAR che, a grandi linee, ricalca quanto emerso negli Usa.
Razionale e disegno dello studio
L’osteoporosi è caratterizzata da una bassa densità minerale ossea e da fragilità ossea. Durante la menopausa, il calo dei livelli di estrogeni compromette il normale turnover osseo, con una riduzione media della densità minerale ossea del 10%. A ciò si aggiunge la perdita ossea legata all’età che si verifica sia negli uomini che nelle donne. Con l’invecchiamento della popolazione, l’osteoporosi post-menopausale rappresenta un problema sanitario crescente.
Lo studio presentato al congresso è uno studio di coorte caso-controllo, condotto su oltre 128.000 donne incluse nel database nazionale francese dei sinistri. L’obiettivo principale dei ricercatori è stato quello di stimare l’incidenza dell’interruzione a lungo termine dei bisfosfonati – in formulazione orale o endovenosa – e del denosumab tra le donne affette da osteoporosi post-menopausale.
Un obiettivo secondario era quello di confrontare il rischio di fratture da fragilità nelle donne che avevano interrotto il trattamento a lungo termine con quello delle donne che lo avevano continuato.
Risultati principali
Nel complesso, il 55% delle donne trattate con BSF orali, il 68,9% di quelle trattate con BSF endovena e il 42,5% di quelle trattate con denosumab aveva sperimentato almeno un’interruzione del trattamento a lungo termine.
Queste interruzioni si sono verificate in genere verso la metà o la fine dei 70 anni e dopo una durata media del trattamento compresa tra i 3,7 e i 4,8 anni.
In particolare, analizzando i dati per anno solare, è stato documentato un trend all’aumento dell’incidenza di interruzioni a lungo termine del trattamento, passando dal range 1,6%-17,6% nel 2015 al 12,1%-29,5% nel 2020.
Dalla lettura dei risultati è emerso che, rispetto al trattamento continuativo, l’interruzione a lungo termine della terapia prescritta ha aumentato il rischio di frattura da fragilità del 12,4% tra le pazienti che avevano interrotto il trattamento con BSF e del 92,3% tra quelle che avevano sospeso il trattamento con denosumab, rispettivamente.
Questo aumento del rischio è stato osservato per quasi tutte le sedi di frattura, ad eccezione delle fratture dell’avambraccio distale nelle donne che assumevano BSF o denosumab.
L’incremento maggiore del rischio di frattura è stato osservato per quelle dell’anca, con un incremento del rischio del 19% nelle pazienti che avevano interrotto il trattamento con BSF e del 108,3% nelle pazienti che avevano sospeso denosumab.
Non sono state osservate differenze significative del rischio di fratture tra le pazienti che erano andate incontro ad interruzione a lungo termine del trattamento rispetto al trattamento continuo con BSF per via endovenosa.
Da ultimo, i trend di insorgenza delle fratture da fragilità non cambiavano se si è includeva il decesso come evento concorrente.
Riassumendo
Gli autori dello studio hanno sottolineato la rilevanza dei risultati ottenuti nello studio per diversi motivi. In primo luogo, sebbene l’interruzione di denosumab non sia raccomandata, il 42,5% delle pazienti della popolazione in studio ha interrotto denosumab per almeno 1 anno, con un conseguente raddoppio del rischio di frattura.
Inoltre, l’aumento del rischio di frattura osservato dopo interruzione del trattamento con BSF per via orale è risultato differente rispetto a quello osservato con BSF endovena.
A questo punto, si impone la necessità di approfondire il tema ed eventualmente aggiornare, se necessario, le linee guida di trattamento per garantire una gestione ottimale, nella pratica clinica di routine, della terapia nelle donne affette da osteoporosi postmenopausale.
Bibliografia
Laborey M, et al. Risk of fragility fracture after long-term discontinuation of osteoporosis treatment in post-menopausal osteoporosis women in France: a population-based study conducted on the nationwide claim database (SNDS). Presented at EULAR 2024; OP0035. Ann Rheum Dis 2024; DOI: 10.1136/annrheumdis-2024-eular.2841.