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Osservato per la prima volta disaccoppiamento tra materia oscura e materia ordinaria

Materia oscura: la collaborazione internazionale Belle II, cui partecipa anche l’INFN restringe il campo di ricerca della particella Z

Team di astronomi ha districato le componenti di una collisione tra due enormi ammassi di galassie in cui la materia oscura si è separata dalla materia ordinaria

Quante cose si imparano, dagli scontri. È così nelle relazioni fra noi umani, relazioni che proprio da un conflitto ben gestito possono maturare ed evolvere. È così nel microcosmo della fisica delle particelle, dove per sondare la natura della materia si usano acceleratori con lo scopo di generare collisioni ad altissima energia. Ed è così anche nel macrocosmo dell’astrofisica: l’esempio più recente arriva dalla coppia di ammassi di galassie Macs J0018.5+1626, immense strutture formate da migliaia di galassie a miliardi di anni luce di distanza da noi. Assistendo allo scontro frontale tra i due ammassi della coppia, un team di astronomi guidato da Emily Silich del Caltech e dall’astronoma italiana Elena Bellomi – originaria di Castelletto Stura, in provincia di Cuneo, ma oggi ricercatrice all’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, negli Stati Uniti – è riuscito in un’imopresa senza precedenti: “osservare” in modo diretto il disaccoppiamento delle velocità della materia oscura e di quella ordinaria. Scoprendo, come riportato in un articolo pubblicato a metà giugno su The Astrophysical Journal, che la materia oscura si lascia alle spalle la materia ordinaria.

Ciò che hanno visto, analizzando decenni di dati osservativi raccolti con i telescopi più disparati, è che durante la collisione fra i due ammassi le singole galassie, separate dalle immense distanze dello spazio intergalattico, s’incrociano senza entrare in collisione. Così non è per il grosso della materia normale, vale a dire il gas intergalattico: lo scontro qui avviene eccome, il gas diventa turbolento e si surriscalda. E se vi state chiedendo in tutto questo dove sia la materia oscura, è presto detto: non si è vista direttamente, altrimenti non sarebbe materia oscura, ma l’assunto degli autori dello studio è che durante la collisione si comporti in modo analogo alle galassie, che dunque possono essere considerate un cosiddetto proxy per la materia oscura. Riassumendo: il gas intergalattico è la materia ordinaria, le galassie – pur essendo anch’esse materia ordinaria – qui rappresentano la materia oscura, e quel che si è visto è che durante lo scontro quest’ultima sopravanza la prima.

E perché avviene? Entrambe le forme di materia interagiscono gravitazionalmente, ma solo la materia ordinaria interagisce anche elettromagneticamente, ed è proprio l’interazione elettromagnetica a rallentare il gas intergalattico durante la collisione. Così, mentre la materia ordinaria – il gas, appunto – rimane impantanata, la materia oscura presente abbondanza – ne costituisce l’85 per cento – in ciascuno dei due ammassi supera indenne la zona d’impatto. Provate a immaginare uno scontro frontale fra due camion che trasportano sabbia, suggerisce Silich, prima autrice dello studio. «La materia oscura è come la sabbia, e vola avanti». A differenza dei due camion accartocciati uno sull’altro, che rappresentano invece la materia ordinaria.

La scoperta, come dicevamo, è stata possibile grazie ai dati – alcuni risalenti a decine d’anni fa – di numerosi telescopi: il Caltech Submillimeter Observatory (recentemente rimosso dal suo sito di Maunakea, alle Hawaii, per essere trasferito in Cile), il Keck Observatory sempre di Maunakea, i telescopi spaziali Chandra (raggi X), Hubble (ottico e Uv), Herschel (infrarosso) e Planck (microonde) e, di nuovo da terra, Alma, in Cile.

«Lo studio che abbiamo condotto su Macs J0018.5 vogliamo ripeterlo in futuro su altri cinque o sei ammassi di galassie», dice Bellomi a Media Inaf, «ci stiamo già lavorando, e chissà cosa scopriremo, vista la sorpresa che ci ha regalato questo».

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