Artrite psoriasica: upadacitinib alternativa efficace ai TNFi


Upadacitinib, nella real life, rappresenta un’alternativa efficace ai TNFi, in caso di fallimento terapeutico nei pazienti con artrite psoriasica

Artrite psoriasica: secondo un nuovo studio le articolazioni tumefatte sono l'indicatore migliore di sinovite rispetto a quelle che provocano dolore

Durante il congresso EULAR, sono stati presentati anche i risultati di due studi di real life sull’impiego di upadacitinib (UPA) in pazienti con PsA (1,2). Questi studi, indirettamente, suggeriscono che, in caso di insuccesso terapeutico con un TNFi, lo switch terapeutico a questo Jak inibitore reversibile orale potrebbe rivelarsi essere la soluzione vincente.

Studio UPJOINT: effetti sulle forme oligoarticolari e poliarticolari (1)
Obiettivi e disegno dello studio
UPJOINT  è uno studio multicentrico, prospettico, in aperto, osservazionale, condotto in Germania e Canada su adulti (≥18 anni) con PsA con almeno un’articolazione tumefatta (SJC ≥1) su 66.
L’obiettivo dello studio è stato quello di caratterizzare il raggiungimento della minima attività di malattia (MDA) alla settimana 24 (endpoint primario) e fino alla settimana 48 con UPA 15 mg una volta al giorno (QD) in pazienti con artrite psoriasica oligoarticolare (oPsA) o poliarticolare (pPsA) nella pratica clinica reale.

La oPsA colpisce tipicamente ≤4 articolazioni periferiche e può progredire in PsA poliarticolare (pPsA), causando potenzialmente più danni articolari. I pazienti con oPsA sono tipicamente sottorappresentati negli studi clinici di real life. mentre mancano dati di real life sull’impiego di UPA in questi pazienti.

Una proporzione di pazienti pari o superiore al 35% era affetta da oPsA.

In questo studio, il raggiungimento della MDA era definito dal soddisfacimento di almeno 5 dei risultati seguenti:
–  TJC68 ≤1
–  SJC66 ≤1;
– superficie corporea (BSA) ≤3%
– valutazione del dolore percepito dal paziente in base alla scala NRS ≤1,5 (range 0-10)
– valutazione globale fatta dal paziente dell’attività di malattia in base alla scala NRS (PtGA) ≤2,0 (range 0-10)
– indice di disabilità (HAQ-DI) ≤0,5;
– punti entesici dolenti ≤1

Tutti i pazienti hanno continuato il trattamento con UPA 15 mg QD fino alla 48a settimana, quando è stata rivalutata la MDA.

Tra gli endpoint aggiuntivi considerati nello studio vi erano:
– punteggio DAPSA
– livelli di CRP
– entesite in base all’indice LEI (Leeds Enthesitis Index)
– presenza di dattilite e psoriasi ungueale
– indice BASDAI
– Dermatology Life Quality Index (DLQI)

Risultati principali
Un totale di 364 pazienti con PsA è stato sottoposto a trattamento con UPA 15 mg QD, in base alle norme terapeutiche del paese di residenza. Di questi, alla visita iniziale, 141 (38,7%) erano affetti da oPsA e 223 (61,3%) da pPsA; l’età media al basale era pari a 53,9 anni (SD: 11,8), e la durata media della malattia era pari a 7 (SD: 7,0) anni per l’oPsA e a 9,1 (SD: 9,3) anni per la pPsA, rispettivamente.

La percentuale di soggetti con MDA al basale era del 7,1% (n=10) e dell’1,3% (n=3) per i soggetti con oPsA e pPsA, rispettivamente.  All’ingresso nello studio, le manifestazioni articolari erano leggermente più numerose tra i pazienti con pPsA rispetto a quelli con oPsA, mentre il carico di malattia era paragonabile.

La percentuale di pazienti che hanno raggiunto la MDA è aumentata al 55,8% e al 32,0% dopo 24 settimane e al 47,5% e al 35,1% dopo 48 settimane di trattamento con UPA 15 mg QD per gli individui affetti da oPsA e pPsA, rispettivamente.
Tra i pazienti che hanno raggiunto la MDA dopo 24 settimane di trattamento, il 70,4% di quelli affetti da oPsA e il 74% di quelli affetti da pPsA hanno mantenuto la MDA alla 48a settimana.
Alla settimana 48, il 22,2% dei pazienti con oPsA e il 14,3% di quelli con pPsA hanno raggiunto la VLDA.

La percentuale di pazienti con BSA ≤3% è aumentata dall’83,0% per l’oPsA e dal 79,4% per la pPsA, al 92,9% e al 94,8%, rispettivamente, alla settimana 48.

Sono stati documentati miglioramenti rispetto al basale anche per la proporzione di pazienti che hanno raggiunto un valore dell’indice HAQ-DI ≤0,5, dal 27,0% al 47,5% alla 48a settimana nei pazienti con oPsA e dal 16,6% al 30,5% nei pazienti con pPsA.

Al basale, la percentuale di pazienti con entesite e/o dattilite era maggiore tra i pazienti con pPsA (42,6% e 18,8%, rispettivamente) rispetto a quelli con oPsA (32,6% e 12,1%, rispettivamente).
Il trattamento con UPA ha ridotto la presenza di entesite e dattilite nei pazienti con pPsA (21,4% e 7,1%, rispettivamente) e nei pazienti con oPsA (9,1% e 1,0%, rispettivamente) alla 48a settimana, ma l’impatto complessivo di queste manifestazioni nei pazienti con pPsA era più elevato rispetto a quelli con oPsA.

Passando alla safety, il numero di pazienti con almeno un evento avverso è stato pari a
91 su 149 (61,1%) per i pazienti con oPsA e a 120 su 232 (51,7%) per i pazienti con pPsA.

I risultati relativi alla safety sono risultati in linea con il profilo di sicurezza noto dell’UPA, senza emersione di nuovi segnali di sicurezza; non sono stati registrati casi di eventi avversi cardiovascolari maggiori o eventi tromboembolici venosi.

Studio GISEA: esperienza italiana d’impiego di upadacitinib nel trattamento nella real life di pazienti con PsA periferica e assiale (2)
Obiettivi e disegno dello studio
Questo studio multicentrico italiano, condotto dal gruppo GISEA (gruppo italoano di studio Early Athritis) si è proposto di valutare l’efficacia nel mondo reale di UPA in un’ampia coorte multicentrica di pazienti affetti da PsA, analizzando il suo impatto sui principali punteggi di attività della malattia, sia a livello assiale che periferico.

In questo studio, i ricercatori, afferenti a 28 centri reumatologici italiani disseminati sul territorio, hanno preso in considerazione i dati di pazienti che soddisfacevano i criteri CASPAR per la PsA periferica e/o i criteri ASAS per la PsA assiale.

Lo studio ha incluso sia pazienti naïve ai farmaci biologici, con una storia di fallimento o intolleranza ad almeno un DMARDcs, sia pazienti che avevano sperimentato il fallimento con almeno un DMARDb.

I ricercatori hanno valutato, sia al basale che a 12, 24, 36 e 52 settimane, diversi punteggi di attività di malattia (LEI, DAPSA, MDA, VLDA e ASDAS-CRP). Inoltre, hanno registrato gli eventi avversi riferiti in occasione di ciascuna delle visite di controllo.

Risultati principali
Un totale di 253 pazienti affetti da PsA, di cui 181 di sesso femminile (71,5%) e 72 di sesso maschile (28,5%), sono stati sottoposti a trattamento con UPA. L’età media era pari a 55,8±10,9 anni, con una durata media della malattia di 111,2±102,5 mesi.

E’ stato osservato il coinvolgimento delle articolazioni periferiche in 161 individui (63,6%), con 49 (33,6%) pazienti che presentavano un pattern oligoarticolare e 97 (66,4%) un pattern poliarticolare. Il coinvolgimento assiale, invece, è stato diagnosticato in 92 pazienti (36,4%). In particolare, 89 individui (94,5%) avevano precedentemente sperimentato un fallimento del trattamento con almeno un DMARD biologico.

La persistenza globale in terapia è stata del 77%, con una durata media del follow-up di 21,82 mesi. Non sono state osservate differenze tra i sottogruppi di malattia assiale e periferica o tra la prima linea di trattamento e le linee successive.

Rispetto al basale, è stata osservata una riduzione significativa del DAPSA (riduzione media di 11,68; p<0,001) e dell’ASDAS-CRP (riduzione media di 1,00; p<0,001) già al follow-up di 3 mesi e per tutto il periodo di osservazione fino a 52 settimane. Il punteggio medio LEI è sceso da 0,64 al basale a 0,36 a 12 settimane e a 0,46 a 52 settimane (p<0,001). Inoltre, a 52 settimane è stato registrato un notevole aumento delle percentuali di pazienti che hanno raggiunto la MDA (31,1%) e la malattia inattiva ASDAS (40,7%) rispetto al basale.

La dr.ssa Celletti ha aggiunto: “Oltre a confermare i benefici sostanziali del trattamento con UPA sul coinvolgimento della malattia sia periferica che assiale a lungo termine, in linea con i risultati positivi ottenuti nello studio UPJOINT, questo studio, a differenza dell’altro, ha anche evidenziato la rapida insorgenza dell’azione dell’UPA, evidente già a partire dal follow-up di 3 mesi”.

Da ultimo, per quanto riguarda la safety, 51 pazienti hanno interrotto UPA durante il follow up.

Take home message
Nel commentare I risultati dei due studi, la dr.ssa Celletti ha voluto sottolineare come, con la disponibilità di nuove opzioni terapeutiche, sia sempre più raggiungibile l’obiettivo di portare il maggior numero di pazienti alla MDA, in linea con i dettami della medicina personalizzata (o sartoriale) – che raccomanda la scelta del farmaco più adatto alle caratteristiche del singolo paziente.

“Il TNFi – conclude – rappresenta sicuramente la prima opzione biotecnologica disponibile per il paziente con PsA. Se, però, il paziente va incontro a fallimento terapeutico, come dimostrato dal recente studio che ha utilizzato i dati dei pazienti con PsA del registro CorEvitas, allora è necessario pensare ad alternative terapeutiche con diverso meccanismo d’azione (ad esempio i Jak inibitori come upadacitinib)”.

Bibliografia
1) Werner SG et al. Real-world use of upadacitinib and impact on minimal disease activity in patients with oligo- or poly-articular psoriatic arthritis: data from the UPJOINT study. Poster POS0967. EULAR 2024, Vienna
2) Lopalco G et al. Real-life experience of upadacitinib in psoriatic arthritis: results from a large, nationwide, multicentric cohort. Abs. AB0424, EULAR 2024, Vienna